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Clan in Piemonte, pentito: «Un onore far parte della `ndrangheta». Ma confonde il significato di "locali"

TORINO «Far parte della `ndrangheta è un onore. Si è rispettati. Io fui contento di venire battezzato». Sono dichiarazioni contenute nei verbali di Rocco M., uno dei due pentiti che, con le loro ri…

Pubblicato il: 23/02/2012 – 17:29
Clan in Piemonte, pentito: «Un onore far parte della `ndrangheta». Ma confonde il significato di "locali"

TORINO «Far parte della `ndrangheta è un onore. Si è rispettati. Io fui contento di venire battezzato». Sono dichiarazioni contenute nei verbali di Rocco M., uno dei due pentiti che, con le loro rivelazioni, hanno permesso alla Procura di Torino di portare a termine, lo scorso anno, operazioni importanti come “Minotauro”, sfociata nei giorni scorsi nell`avviso di chiusura indagini a 184 persone. Ma l`uomo non ha mai sentito parlare dei “locali”, un termine oggi di uso comune nelle cronache per chiamare la cellula che raggruppa le famiglie e le `ndrine di una città o di un territorio. Quando i pm gli chiedono di elencare quelle checonosce, Rocco – forse per un`incomprensione – dice che «l`associazione non dispone di locali in senso di strutture murarie» e preferisce riunire i componenti all`aperto o a casa di qualcuno. La sua definizione di “locali“ (che nel Torinese, secondo l`ultima relazione della Direzione nazionale antimafia, sono dieci) è, in realtà, “gruppo di base“ o “Società”:ne ha elencate cinque sparse fra Torino, Volpiano, Chivasso, Moncalieri e Bardonecchia («una delle prime del Piemonte»). Rocco M. è entrato a far parte della `ndrangheta fra il 1989 e il 1990 su proposta del fratello: «Pensavo fosse uno scherzo, invece era una cosa seria». «La `ndrangheta è una famiglia», dice Rocco, che si occupa di assistere i latitanti, di aiutare i congiunti degli arrestati pagando gli avvocati, evitare i conflitti tra i clan. La droga, secondo il pentito, non è l`interesse principale dell`organizzazione. «La `ndrangheta non ha come scopo il narcotraffico. Per noi è solo un “mestiere”, il “lavoro”». L`attenzione è concentrata sull`attività di «ripartire gli appalti» nell`edilizia. «Quando c`è un appalto di opere edilizie da realizzare nel territorio della “Società”, debbono mangiare le ditte gestite da esponenti della “Società” stessa. Se vince l`appalto una ditta estranea, la si convince ad andare a lavorare altrove, prima con le buone, poi con le cattive: si può arrivare anche a uccidere. Quando la ditta di una “Società” vuole lavorare in un altro territorio, deve chiedere l`autorizzazione alla “Società” del posto e dare in corrispettivo qualcosa». Nel verbale Rocco racconta i dettagli della cerimonia di affiliazione (il “battesimo“ o “il taglio della coda“) e spiega di non essere mai salito sopra il grado di “picciotto“, che è il più basso: «Mi bastava». Anche perché la sua “Società“, che ha sede in un paese della cintura di Torino, dopo la morte dei suoi fratelli e alcuni arresti venne «abbandonata, cioé sospesa, in attesa che escano di galera o tornino persone di grado superiore».

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