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Raffaele D`Agostino «referente politico dei Bagalà»

Dalle oltre 370 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare relativa all’inchiesta “Ceralacca”, emergono i rapporti tra i promotori della presunta associazione a delinquere smantellata dagli inquir…

Pubblicato il: 09/03/2012 – 19:23
Raffaele D`Agostino «referente politico dei Bagalà»

Dalle oltre 370 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare relativa all’inchiesta “Ceralacca”, emergono i rapporti tra i promotori della presunta associazione a delinquere smantellata dagli inquirenti e alcuni esponenti del mondo politico. Relazioni di affinità familiare intercorrono, in particolare, tra i fratelli Bagalà e il consigliere provinciale di Reggio Calabria Raffaele D’Agostino. Quest’ultimo, eletto nella lista “Sud”, è da sempre sulle posizioni politiche dell’attuale sottosegretario alla Presidenza della Regione, Alberto Sarra, della cui struttura speciale ha fatto parte nella scorsa legislatura. D’Agostino, spiegano i magistrati, è cugino acquisito di Giuseppe Mazzaferro: il figlio di Francesco, considerato affiliato al clan Piromalli, e nipote di Teodoro, ritenuto il capo dell’omonima cosca. La sorella del consigliere D’Agostino, di nome Francesca, è inoltre moglie di Luigi Bagalà, a sua volta fratello di due degli arrestati.
Secondo la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, le relazioni tra Raffaele D’Agostino e Bagalà non si limitano all’aspetto familiare. I loro contatti telefonici «risultano essere frequenti e costanti. Il contenuto delle conversazioni captate – si legge nell’ordinanza – prova come l`ambito degli interessi comuni vada oltre l`alveo squisitamente familiare, dimostrando come il D’Agostino Raffaele si faccia sistematicamente latore degli interessi dei Bagalà (nel caso di specie, Bagalà Giuseppe) presso l`istituzione di cui è un componente (ossia il consiglio provinciale di Reggio Calabria), con particolare riferimento all`ambito imprenditoriale nel quale costoro operano (per il tramite delle numerose strutture societarie a loro riconducibili), ossia quello dei lavori pubblici banditi dalla locale Suap».
Ad avviso dei magistrati che hanno coordinato l’indagine, il presunto capo dell’organizzazione criminale non si limitava a perorare i propri interessi presso il consiglio provinciale per il tramite del suo lontano parente. Addirittura, poneva in atto «un preciso tentativo di ottenere una pronuncia a sé favorevole» del consesso di via Foti «attraverso il fattivo contributo del D’Agostino, il quale si prestava non solo a sostenere la causa del Bagalà presso altri esponenti politici, ma anche a cercare fattivamente di ottenere» l’emanazione di quel provvedimento amministrativo. Nelle telefonate, l’imprenditore s’informa, viene rassicurato da D’Agostino, ma s’infuria quando la dirigente della Suap, Mariagrazia Blefari, si appresta a escludere la Ediltech (cioè l’impresa controllata da Bagalà) dalla gara d’appalto indetta dal Comune di San Lorenzo.
Dalle risultanze investigative, dunque, argomenta l`accusa, «emerge con chiarezza che D`Agostino Raffaele rappresenta il referente politico dei Bagalà, quale latore delle loro esigenze e dei loro interessi in seno all`assemblea provinciale: egli stesso si dimostra sempre a loro disposizione, ad incontrarli per raccogliere le loro indicazioni, a promuovere iniziative politiche in assemblea, nonche? ad intercedere presso i vertici politico-istituzionale locali». Tra i protagonisti della vicenda vi sarebbe soprattutto una «comunanza di interessi economici, laddove la forza imprenditoriale dei Bagalà – tutta costruita sulla sopraffazione, sull`inganno, sulla corruzione – si sposa al ruolo del D`Agostino, politico ed amministratore, costituendo una sinergia che permette di rafforzare ulteriormente la capacita? dei Bagalà di imporsi come soggetto imprenditoriale dominante nel settore degli appalti pubblici per lavori nella Provincia di Reggio Calabria, capace di vincere e di far vincere le gare d`appalto al di fuori di un regolare e meritocratico regime di confronto tra le imprese. Dove essi non riescono ad imporsi» con «la forza e l`inganno, ecco che cercano di trovare “inconsapevoli” sponde politiche, magari manipolate dal D`Agostino, postosi a pieno servizio dei loro interessi».
D`altra parte, «la questione che preoccupa particolarmente i Bagalà e? la zelante presidente della Suap, Mariagrazia Blefari, la quale, interpretando con correttezza ed onesta? il proprio delicato ruolo, sta ostacolando i loro interessi economici, impendendogli di aggiudicarsi le gare di appalto di loro interesse, come quella indetta per conto del Comune di San Lorenzo».

DETERMINANTE LA DENUNCIA DI MARIAGRAZIA BLEFARI
Proprio il comportamento della dirigente della Suap, lodato dai magistrati, è stato fondamentale per lo sviluppo delle indagini. L’attività investigativa ha tratto impulso dalla denuncia-querela presentata il 23 settembre dello scorso anno da Mariagrazia Blefari. Nell’agosto scorso, quest’ultima aveva accertato delle irregolarità nelle buste presentate per due gare d’appalto e ne aveva messo a conoscenza il presidente dell’ente, Giuseppe Raffa. La dirigente aveva informato anche i finanzieri che fanno parte stessa Stazione unica appaltante, procedendo poi con l’esposto. Dal canto suo, Raffa dispose l`avvio di un`inchiesta interna facendo nominare un`apposita commissione, che indicò una serie di interventi per rendere più sicura la sede della Suap con l`installazione di telecamere e il cambio delle serrature. Misure adottate da Raffa nei mesi scorsi. La commissione, però, non poteva sapere che, secondo quanto accertato poi dagli investigatori, la manomissione delle buste avveniva grazie ad un dipendente infedele, l`usciere della sede, che consentiva l`accesso in orari notturni ai componenti della famiglia Bagalà. Questi ultimi, in un`occasione, probabilmente informati dal loro complice delle modifiche apportate al sistema di sicurezza, sono entrati nella sede della Suap indossando maschere di carnevale e hanno cercato eventuali telecamere, dopo avere disattivato i sistemi di sicurezza. I Bagalà, però, non sono sfuggiti alle microcamere delle Fiamme gialle, che li hanno immortalati mentre, ormai certi di essere al sicuro, si toglievano le maschere rivelando la loro identità.
La denuncia della Blefari, si legge nell`ordinanza, è arrivata in «un clima politico tutt`altro che favorevole all`azione» della Stazione unica appaltante della Provincia. Durante i lavori consiliari, infatti, secondo quanto riferito dalla dirigente nella sua denuncia, i consiglieri Giovanni Barone e Pietro Fuda (ex presidente dell`ente) avrebbero rivolto critiche all`organismo. Il primo, in particolare, si sarebbe «palesamente lamentato sulla tempistica necessaria per adempiere all`espletamento delle procedure di gara». Mentre Fuda avrebbe rimarcato che «la centralizzazione delle gare non garantisce la produttività, trasparenza e legalità, e la stessa va a discapito dei Comuni e degli altri enti sottoposti».

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