REGGIO CALABRIA «Un magistrato assolutamente valido e preparato». È stato questo il giudizio dato dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso sul suo vice, Alberto Cisterna, per il quale la prima commissione del Consiglio superiore della magistratura ha chiesto il trasferimento d`ufficio per incompatibilità funzionale a causa dell`indagine aperta nei suoi confronti dalla Procura di Reggio Calabria. In seguito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice, infatti, Cisterna è indagato per i suoi presunti rapporti con il fratello del pentito, Luciano. Rapporti che, secondo la prima commissione, sarebbero «avvenuti al di fuori del corretto adempimento dei doveri d`ufficio» e che avrebbero «irrimediabilmente appannato l`indipendenza e l`imparzialità» di Cisterna. Indipendenza e imparzialità che, però, non sono state rilevate dal procuratore della Dna che, pochi mesi prima dell`iscrizione di Cisterna nel registro degli indagati, lo aveva nominato procuratore aggiunto. Per Grasso, infatti, Cisterna ha solamente «messo in contatto» il colonnello Michele Ferlito, all`epoca in servizio al Sismi, con Luciano Lo Giudice che, nel 2004, aveva manifestato l`intenzione di collaborare con lo Stato per la cattura del boss Pasquale Condello, detto il “Supremo”, arrestato poi nel 2008. Il suo vice, in sostanza, «non si è fatto portatore di informazioni».
L`audizione di Grasso Il Corriere della Calabria è in grado di pubblicare il verbale dell`audizione di Grasso tenuta il 14 dicembre scorso a palazzo dei Marescialli. È stato proprio in quell`occasione che il procuratore nazionale antimafia ha sottolineato come, anche dopo aver saputo di essere sotto indagine, Cisterna abbia continuato a lavorare come ha sempre fatto: «Essendo procuratore aggiunto, coordina anche l`attività di altri colleghi. Quindi ci sono riunioni e devo dire (adesso non voglio prendere posizione), ma per quello che mi risulta da un punto di vista di magistrato è assolutamente valido, preparato. Da un punto di vista giuridico per me è affidabile. Tutte le attività che gli delego le porta diligentemente a compimento. Lo consulto per questioni anche giuridiche, di riforme legislative. Ha partecipato via via all`elaborazione di tutta la riforma in materia di misure di prevenzione personali e patrimoniali. Devo dire che non mi sono sentito di cambiare alcunché, per un fatto di delicatezza istituzionale perché significava dare credito eventualmente alle indagini ancora in corso oppure prendere una posizione che a me pareva prematura rispetto allo sviluppo delle indagini». Stando alle parole di Grasso, quindi, il suo vice è uno dei punti di riferimento dell`ufficio di via Giulia a Roma, dove ha sede la Direzione nazionale antimafia.
Al centro dell`audizione, in sostanza, c`è stata la scelta di Cisterna di mettere in contatto, nel 2004, il colonnello Michele Ferlito con l`imprenditore Luciano Lo Giudice «che poteva avere delle informazioni. Lui (Cisterna, ndr) crea solo il contatto perché aveva incontrato il colonnello Ferlito poco tempo prima e avendo saputo che si occupava di criminalità organizzata nell`ambito del Sismi, crea il contatto. Questo così viene riferito, a me non risulta altro».
Rispondendo alle domande dei consiglieri della prima commissione, Grasso ha spiegato qual è la prassi del suo ufficio: «Diciamo, che quasi sempre avviene così. Per questa attività comunque di ricerca dei latitanti, non è che si ricerca la notizia dai Servizi; piuttosto è qualcuno dei Servizi che fa arrivare la segnalazione, o qualcosa del genere. Devo dire che questo avveniva in passato. Da quando ci sono io in Procura questo non avviene, non è avvenuto e non ho mai dato la possibilità che avvenisse in ogni caso. Perché preferisco i canali della polizia giudiziaria, quelli soliti. Ma naturalmente una notizia, ne sono sicuro, non è assolutamente qualcosa di vietato; è una mia scelta di opportunità, sotto questo profilo».
Nel dettaglio, il procuratore nazionale aggiunge: «Questa attività è avvenuta nel 2004, quando io non facevo parte dell`ufficio. Il contatto Ferlito-Lo Giudice Luciano è stato provocato nel 2004. Il dottor Cisterna, incontrando il colonnello Ferlito ritrova un ufficiale dei carabinieri che era stato a Reggio Calabria (con cui quindi aveva delle conoscenze per avere lavorato insieme) e gli dice che ci poteva essere una fonte informativa che aveva notizie per la cattura di Pasquale Condello. Dopodiché facilita questo incontro iniziale nel 2004; Condello viene arrestato nel 2008. Quindi la diretta causalità fra questo fatto e l`arresto di Condello è tutta da chiarire. Certamente ha indicato delle persone che erano legate a quella cosca mafiosa e sono state fatte anche delle indagini; però da questo a dire, come afferma il collaboratore, che lui ha fatto catturare Condello… Tutto ciò è smentito dalle stesse indagini e dagli stessi carabinieri del Ros che hanno operato l`arresto di Condello nel 2008. L`attività si è sviluppata non certamente sulla base delle dichiarazioni di quel Lo Giudice. Sebbene il fratello, Lo Giudice Antonino, il collaboratore, afferma anche in udienza dibattimentale, a domanda dell`avvocato che è stato lui a far catturare Condello. Assumendo quindi un ruolo rilevante: quasi come se lui o il fratello si sentissero dalla parte dello Stato per avere contribuito a qualcosa del genere».
La sim filippina e la “smemoranda” in carcere L`informativa del 2 novembre 2011 redatta dalla squadra Mobile di Reggio e depositata sulla scrivania dell`ex procuratore Giuseppe Pignatone e del sostituto Beatrice Ronchi presenta due novità rilevanti: una scheda telefonica trovata il 28 gennaio 2011 all`interno di un borsello nella camera da letto di Luciano Lo Giudice, e una “Smemoranda” sequestrata sei mesi più tardi, a giugno, allo stesso imprenditore durante la perquisizione della cella del carcere di Lanciano dove era detenuto. Una perquisizione disposta dalla Procura «in concomitanza – scrive la squadra Mobile – con l`esecuzione della ordinanza applicativa di misura interdittiva emessa dal Gip di Reggio Calabria nei confronti dei legali di Lo Giudice Luciano, gli avvocati Gatto Lorenzo e Pellicanò Giovanni».
«Tra la varia documentazione cartacea rinvenuta nell`occasione – scrive ancora la Mobile –, veniva in particolare sequestrata un`agendina “Smemoranda”, compilata a mano in diverse pagine contenenti altresì diverse cancellature, attraverso la scrittura, nota all`Ufficio, di Lo Giudice Luciano». Un`agendina dove c`erano trascritti alcuni numeri di cellulare tra cui quelli del procuratore aggiunto della Dna Alberto Cisterna.
Al fianco al nome del magistrato c`era anche il numero di una sim “filippina”, disattivata nel 2005, contenuto anche nella rubrica della scheda telefonica trovata nel borsello a gennaio dello scorso anno. A questo punto sono necessarie alcune considerazioni: Luciano Lo Giudice è detenuto dal 19 ottobre 2009. È stato sottoposto per oltre un anno ad intercettazioni ambientali e videoriprese. Il 15 aprile 2011, tra l`altro, era stato raggiunto da un`ordinanza di custodia cautelare per gli attentati del 2010 alla Procura generale di Reggio. Perché non è mai stata trovata la sim nelle precedenti perquisizioni dell`abitazione di Lo Giudice? E poi, cosa ci fa nella rubrica della sim di Lo Giudice, disattivata nel 2008, un numero di un`altra scheda non funzionante dal 2005? E come fa lo stesso numero a comparire nella Smemoranda del 2010 al fianco degli altri numeri di Cisterna? Ed è normale, infine, che un detenuto abbia con sé in cella un`agenda dove appuntare i numeri di telefono che, finché ristretto in carcere, non potranno essergli utili?
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