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I mille interessi di Cosimo Alvaro in riva allo Stretto

REGGIO CALABRIA Un boss con le mani in pasta dappertutto. Così il colonnello Valerio Giardina descrive Cosimo Alvaro, il rampollo del potentissimo clan di Sinopoli che rappresenta uno dei personagg…

Pubblicato il: 23/03/2012 – 19:44
I mille interessi di Cosimo Alvaro in riva allo Stretto

REGGIO CALABRIA Un boss con le mani in pasta dappertutto. Così il colonnello Valerio Giardina descrive Cosimo Alvaro, il rampollo del potentissimo clan di Sinopoli che rappresenta uno dei personaggi chiave dell’inchiesta “Meta”, coordinata dal sostituto procuratore Giuseppe Lombardo. Nel corso della nuova udienza, celebrata davanti al Tribunale di Reggio, l’ufficiale dell’Arma ha riferito circa gli interessi economici di Cosimo Alvaro durante gli anni in cui era sottoposto al soggiorno obbligato nella città in riva allo Stretto. La cabina di regia – stando alla ricostruzione degli inquirenti – era la casa di cura “Villa Speranza”, da dove venivano condotti gli affari che hanno consentito ad Alvaro di infiltrarsi anche nella gestione del lido “Calajunco” e del pub “Old Gallery’s”. Non solo. Dalle varie intercettazioni ambientali emerge l’operatività del mammasantissima della Piana anche nell’aggiudicazione delle aste pubbliche. Un altro aspetto – ha detto l’ex colonnello del Ros – «conforme al controllo del territorio da parte delle strutture criminali, che non lasciano alcun tipo di spazio». In particolare, il personale del Raggruppamento operativo speciale ha potuto riscontrare le continue sollecitazioni dell’imprenditore reggino Antonino Crisalli, che in più occasioni ha richiesto l’aiuto di Alvaro per rientrare in possesso dei beni pignorati. Crisalli – ha riferito Giardina –  si rivolse anche ad altri esponenti di vertice della malavita locale, tra cui Santo Le Pera e Giovanni Rugolino, responsabili del locale di Catona, e Francesco Rodà, figura apicale dell’area di Gallico. «Ad Archi il cappello me lo sono tolto pure», dice Crisalli durante una conversazione con il boss.
L’obiettivo finale consisteva nell’allontanare qualsiasi concorrente all’asta pubblica, dove dovevano essere venduti all’incanto immobili derivanti dal fallimento della società che Crisalli deteneva con il cognato Franco Siracusa. L’imprenditore reggino temeva di non riuscire nell’operazione: «…Non so se partecipano con i miei e mi alzano assai, mi fanno a pezzi…». Alvaro lo tranquillizzava promettendo un proprio intervento: «…Compare Nino! Partecipate che ve li do io i soldi!…». Crisalli temeva, in particolare, il potere economico del re dei videopoker Giacchino Campolo, anche lui tra i partecipanti. Alvaro, ancora, lo rassicura che andrà lui a parlargli. Alla fine, le figlie dell’imprenditore riescono ad aggiudicarsi quattro dei lotti messi in vendita: un’abitazione (per un valore di più di 300mila euro), un ufficio (46mila) e un terreno (35mila) a Gallico e una villetta a Catona (71mila). Qualcosa, però, va male, perché l’abitazione di Franco Siracusa viene invece acquistata dalla società “Fabit”, per conto – riferisce Giardina – di Antonino Mordà, che a sua volta aveva ricevuto l’approvazione mafiosa di Domenico Cambareri, già noto alle forze dell’ordine. Dopo varie vicende giuridiche, nelle quali viene annullato il provvedimento di vendita, Alvaro avrebbe mandato un’ambasceria a Mordà perché non persistesse nell’intento di acquistare l’immobile.
Nel corso della sua deposizione, l’ex comandante del Ros ha riferito inoltre di come nel 2007 Cosimo Alvaro sia entrato in modo occulto nella proprietà di “Villa Speranza”, la casa di cura il cui valore è stimato dallo stesso boss in 400mila euro. Alvaro e il suo braccio destro Natale Bueti avrebbero avuto la qualifica formale di dipendenti. L’ex sindaco di San Procopio, Rocco Palermo, avrebbe dovuto invece svolgere il ruolo di prestanome. Stessa storia anche per quanto riguarda la gestione del lido “Calajunco”, intestato a Domenica Orlanda Grillo, madre del socio di Alvaro, Salvatore Mazzitelli. Nel corso delle indagini, i carabinieri della Sezione anticrimine notano Natale Bueti dietro la cassa dell’esercizio balneare, dove è stata riscontrata più volte la presenza dello stesso Alvaro. Il boss di Sinopoli – ha detto ancora Giardina – si serviva di diversi prestanome al fine di evitare probabili misure di sequestro dei beni, essendo già stato condannato in passato per traffico di stupefacenti. Tra le teste di legno, figura anche Maria Elena Cotroneo, sorella di Gianluca, uno dei due soci con cui Alvaro aveva deciso di aprire un pub nel centro di Reggio. Tramite queste collaborazioni, il capoclan avrebbe detenuto la proprietà del locale “Old Gallery’s, di cui figuravano soci Gianluca Cotroneo, la sorella e Giovanni Canale. Una prova dell’assunto investigativo è data dalle parole dello stesso Alvaro che prometteva ai sodali un pronto intervento in caso di richieste estorsive da parte di altri cartelli criminali della città.

LA RETE DI RICICLAGGIO DELLA ‘NDRANGHETA A MILANO
Secondo la ricostruzione di Giardina, inoltre, le cosche della ‘ndrangheta reggina avevano dato vita a una «imponente rete di riciclaggio, organizzata a Milano dai fratelli Giulio e Francesco Lampada» per “ripulire” i proventi «delle attività illecite della cosca capeggiata dal potente boss Pasquale Condello, detto “il Supremo”». Giardina ha sottolineato il ruolo del gruppo Lampada a Milano, ricordando che uno dei fratelli aveva acquisito con pagamenti contanti due bar in pochissimo tempo a Milano, uno in viale Ungheria per oltre 500 milioni di lire ed un altro in via Paolo Sarpi per 150 milioni. «Erano soldi – ha specificato l’ex comandante del Ros – che venivano anche dalla gestione truffaldina dei videopoker, macchinette che erano state taroccate e, come è stato poi riscontrato, non erano collegate con l`Agenzia delle entrate ai fini fiscali». Giardina, inoltre, ha riferito delle «concitazioni telefoniche tra gli affiliati alle cosche reggine subito dopo la cattura del boss Pasquale Condello, avvenuta nel febbraio 2008, per avere ordini su come comportarsi in futuro. La cattura del latitante aveva creato grandi e immediate difficoltà sull`asse Reggio-Milano». Il processo riprenderà il prossimo 30 marzo nell`aula bunker di Reggio Calabria.

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