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Attenti all`Ue

Il 30 gennaio scorso il Consiglio Europeo ha assunto due importanti decisioni, che saranno formalizzate, entro il prossimo mese di marzo, con l’approvazione di altrettanti trattati. Uno sulla stabi…

Pubblicato il: 26/03/2012 – 17:19
Attenti all`Ue

Il 30 gennaio scorso il Consiglio Europeo ha assunto due importanti decisioni, che saranno formalizzate, entro il prossimo mese di marzo, con l’approvazione di altrettanti trattati. Uno sulla stabilità, il coordinamento e la governance economica e monetaria. L’altro che andrà ad istituire il meccanismo europeo di stabilità, il c.d. ESM (che andrebbe a sostituire l’attuale ESFS). La lettura combinata dei testi mette in rilievo l’obiettivo dell’UE di pervenire al pareggio di bilancio in tutti gli Stati membri (il c.d. Fiscal compact), e di volere verificare periodicamente il rispetto degli obblighi assunti dai medesimi in relazione alle riforme strutturali promesse. Il primo dei trattati costituirà, pertanto, l’obbligo in capo a tutti i Paesi di inserire la detta regola nelle loro Costituzioni, ma anche di prevedere un rinnovato rapporto del deficit massimo dello 0,5% rispetto al Pil (anziché dell’attuale 3%) e di confermare quello del debito pubblico nella misura del 60%. Fatte queste premesse, occorre capire quale incidenza avranno i due Trattati nella politica interna e, quindi, in quella sanitaria, soprattutto sui numeri che essa produce. Considerata l’imminente revisione dell’art. 81 della Costituzione, ove sarà insediato l’obbligo di pareggio di bilancio, le norme dei suddetti Trattati non potranno essere disattese dagli Stati membri, in ossequio al principio del primato del diritto comunitario, una volta che siano entrati in vigore a seguito della ratifica da parte degli stessi. Conseguentemente, il legislatore dovrà approvare le leggi ordinarie attuative, in relazione al riparto delle competenze sancite dall’art. 117 della Costituzione. Qui viene a porsi la domanda di cosa si renderà necessario fare in tema di organizzazione e di finanziamento della salute. Per intanto, occorre distinguere cosa dovrà fare lo Stato e cosa dovranno fare le regioni, in relazione agli obblighi scaturenti dalla Costituzione di pareggiare il bilancio, prossima ad essere novellata in tal senso, ma anche al ripianamento del debito pubblico, preteso dall’Unione Europea. Lo Stato dovrà, nel caso di specie, riformare l’attuale sistema della salute determinando, quantomeno, i principi fondamentali, cui dovranno attenersi le regioni nell’esercizio della loro potestas legislativa di dettaglio. Ciò soprattutto in relazione ai due precisi obiettivi di pareggiare a loro volta i propri bilanci e di ripianare il loro debito pregresso. Insomma, ci vorrà un bell’impegno sia dello Stato che delle regioni, specie di quelle 10 impegnate nei piani di rientro, a conseguire il risultato preteso a livello comunitario che sarà sancito dalla Carta costituzionale. Le soluzioni frequentabili non sono numerosissime. Tutte comunque condizionate ad una sopravvenuta virtuosità delle regioni, ancorché difficile da realizzare, attesa la loro abitudine di governare improvvidamente la spesa sanitaria, tanto da avere prodotto diffusamente consistenti deficit, in alcuni casi persino miliardari. Un problema serio, questo, nei confronti del quale vanno individuate opzioni legislative tali da consentire alle regioni, ovunque e con assoluta certezza, il pareggio del bilancio corrente, a che possa essere garantito alla Repubblica di fare altrettanto e, con questo, di essere ossequiosa nei confronti delle prescrizioni comunitarie. Per fare tutto questo occorrerà non solo tenere sotto controllo il bilancio di esercizio regionale, ma anche il rientro del debito pregresso. Al riguardo, non sarebbe da escludere il ricorso alla istituzione di una agenzia nazionale competente a gestire lo stock del debito pregresso sanitario e il suo ripianamento, quest’ultimo da socializzare, pena la sua permanenza perenne. Un modo, questo, per pretendere la virtuosità delle regioni nella gestione dei loro bilanci correnti, scevri dagli oneri riferiti alle passività consolidate, ma anche per monitorarne l’andamento in modo costante, sì da correggere ogni “disattenzione” in corso d’opera. Questo è quanto dovrebbe realizzare lo Stato nella prospettiva d’essere rispettoso nei confronti dell’Unione Europea in relazione ai Trattati comunitari che diverranno tali nel prossimo mese di marzo e che diverranno efficaci dopo la ratifica dei Paesi aderenti. Nel frattempo, ma anche nel caso in cui il Parlamento non intendesse adottare gli atti legislativi ordinari intesi a modificare l’attuale assetto normativo che regola l’organizzazione della sanità nel Paese, le regioni potranno, nel corretto esercizio della loro competenza a legiferare in materia di tutela della salute, imporre il pareggio del proprio bilancio di esercizio. Un obiettivo delle regioni che sarebbe nobile e doveroso a traguardarsi, peraltro mai centrato da quando è iniziata la loro esistenza istituzionale. Ma non solo. Dovranno trovare il modo, quelle ovviamente impegnate nei piani di rientro (per il momento Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia), per scindere i problemi del vecchio da quelli del nuovo, che non sono affatto di poco conto, vista la stagione di magra cui andremo incontro. Solo così potranno garantire un costretto ritorno alla programmazione socio-sanitaria, quella vera. Ma anche quello di delegare, legislativamente, ad una apposita agenzia regionale che si possa rendere garante del rientro, meglio di quanto possano fare le improvvisate forme sub-commissariali di gestione del debito, a volte anche funzionali ad esercitare le solite clientele.

* Docente Unical

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