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Sciolta nell`acido, il pm chiede sei ergastoli

MILANO Il pm di Milano, Marcello Tantangelo, nel processo sulla morte di Lea Garofalo, la testimone di giustizia crotonese uccisa e sciolta nell`acido, ha chiesto sei ergastoli. Per l`accusa devono…

Pubblicato il: 27/03/2012 – 15:07
Sciolta nell`acido, il pm chiede sei ergastoli

MILANO Il pm di Milano, Marcello Tantangelo, nel processo sulla morte di Lea Garofalo, la testimone di giustizia crotonese uccisa e sciolta nell`acido, ha chiesto sei ergastoli. Per l`accusa devono essere condannati al carcere a vita l`ex compagno della donna, Carlo Cosco, e gli altri cinque complici. Il pm, in particolare, ha chiesto l`ergastolo con isolamento diurno di 18 mesi per Carlo Cosco, l`ex compagno di Lea Garofalo, per i suoi due fratelli Giuseppe e Vito Sergio Cosco, per Carmine Venturino, per Rosario Curcio e per Massimo Sabatino. Tutti accusati, a vario titolo, del sequestro e dell`uccisione della donna calabrese, che venne sciolta in 50 litri di acido nell`hinterland milanese nel novembre del 2009, perché, secondo l`accusa, Carlo Cosco e il fratello Giuseppe temevano che lei sapesse e avesse rivelatoagli inquirenti dei particolari su un omicidio avvenuto nel1995.
Ad ascoltare la requisitoria del pm, in un corridoio nascosto tra l`aula e la camera di consiglio, c`era anche la figlia di Lea, Denise, 19 anni, parte civile contro il padre eu no dei testi fondamentali dell`accusa.
LA REQUISITORIA
Per la pubblica accusa «quella di andare a Milano dall`ex compagno è stata una decisione sbagliata, ma come tutte le decisioni prese da Lea nella sua vita è stata una scelta fatta per il bene e nell`interesse di sua figlia».
Il pm ha mostrato in aula le immagini delle telecamere in zona corso Sempione-Arco della Pace a Milano, che ripresero «gli ultimi istanti documentati dell`esistenza in vita di Lea». La donna, infatti, quella sera del 24 novembre 2009, salì in macchina dell`ex compagno con cui, dopo anni e anni, «aveva cercato un contatto pensando che se magari avesse “abbassato la testa”, forse lei avrebbe potuto continuare a vivere accanto a sua figlia». Da quella sera di Lea non si seppe più nulla. Era andata a Milano con la figlia perché Carlo Cosco aveva telefonato a Denise dicendole, come ha ricostruito il pm, «vieni a Milano, ti pago il biglietto e ti compro dei vestiti». Per il pm, Cosco aveva programmato il sequestro e l`omicidio con «diabolica lucidità», ci pensava sin «dal 2001» e ci aveva già provato «sei mesi prima a Campobasso». Carlo Cosco e il fratello Giuseppe, secondo il pm, volevano ammazzarla e farla sparire perché lei soprattutto sapeva e aveva parlato con gli inquirenti «di un omicidio avvenuto nel 1995». Certo, ha chiarito il pm, «che Lea ha sopravvalutato se stessa quando è andata a Milano con la figlia, ma immaginate voi una madre che non ha soldi per comprare un vestito alla figlia, che è terrorizzata, fragile e che sta cercando di salvarsi a suo modo dall`ex compagno. Ha agito ancora per il bene della figlia».
Per il pubblico ministero, però, non c`è associazione mafiosa.

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