ROMA Quando il 3 novembre dell`anno scorso il Csm ha promosso il gip di Palmi, Giancarlo Giusti, non era assolutamente «al corrente, direttamente o indirettamente, dei presunti risvolti penali della sua condotta, emersi in peoca successiva e assai recente». Lo puntualizza sulle mailing list dei magistrati, il consigliere di Palazzo dei marescialli Paolo Carfì, che votò a favore del provvedimento e che dunque giudica «del tutto improprio» il collegamento fatto da alcuni quotidiani tra l`inchiesta che ha portato all`arresto di Giusti e le decisioni dei consiglieri. Non solo Carfì fa presente che la vicenda dell`assegnazione di immobili, nell`ambito di una procedura esecutiva dello stesso Giusti, a una società partecipata da suo suocero, non è mai stata oggetto del procedimento disciplinare che nel 2007 si concluse con l`assoluzione del magistrato, come pure riportato sulla stampa; ma sottolinea anche che il parere «non positivo» sulla promozione di Giusti dato dal Consiglio giudiziario di Reggio Calabria riteneva «carente» la capacità del giudice nell`organizzazione del lavoro ed era legato alle stesse contestazioni disciplinari. E il fatto che il Csm sia giunto a una conclusione diversa rientra nella «normale dialettica». Carfì difende il «rigore» con cui il Csm affronta le valutazioni di professionalità, pur riconoscendo che tutte le decisioni sono «opinabili». «L`unica cosa che non può però essere rimproverata al Consiglio – conclude – è di non aver immaginato (altro non si sarebbe potuto fare) la sussistenza di risvolti penalmente rilevanti come quelli riportati nell`ordinanza di custodia cautelare».
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