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Vigili del fuoco senza palazzina: accampati in auto per intervenire

«Mali conscius miseris succurrere disco». La frase latina domina il cortile del comando provinciale dei Vigili del fuoco di Reggio Calabria. Le cinque parole sono impresse a caratteri cubitali sull…

Pubblicato il: 05/04/2012 – 11:36
Vigili del fuoco senza palazzina:  accampati in auto per intervenire

«Mali conscius miseris succurrere disco». La frase latina domina il cortile del comando provinciale dei Vigili del fuoco di Reggio Calabria. Le cinque parole sono impresse a caratteri cubitali sulla facciata della palazzina logistica che ci si trova innanzi non appena si varca il grande cancello nero d’ingresso. «Conoscendo le sventure imparo a soccorrere gli infelici» è il suo significato. È il motto dei pompieri reggini, che, come tutti i vigili del fuoco, le sventure le conoscono bene. Quelle degli altri, dei tantissimi cittadini che soccorrono quotidianamente. Ma, da un po’, anche le proprie.
Partiamo dall’inizio, da quando, cioè, «sin dal 1996, un crescendo di problematiche legate a contenziosi tra dipartimento dei Vigili del fuoco e ditte appaltatrici ha causato un ritardo biblico nella realizzazione delle opere infrastrutturali» che dovrebbero adeguare la sede del comando, come scrivono le rappresentanze sindacali in un`accorata lettera alle autorità dello Stato. L’ultimo di questi contenziosi riguarda la cosiddetta “palazzina alloggio personale operativo”, cioè la palazzina logistica da cui fa mostra di sé la massima latina. Un contenzioso complicatissimo e che sembra non aver fine, tra i ritardati pagamenti da parte del ministero degli Interni e il fallimento di una delle due ditte appaltatrici.
La palazzina è deputata a ospitare, a livello del cortile, l’autorimessa e, ai due piani superiori, i bagni e le docce per i turnisti, i loro alloggi per il riposo tra un intervento e l’altro, la mensa e gli armadietti, due a testa: uno destinato alle attrezzature da lavoro, l’altro agli abiti civili e agli effetti personali (cellulari, portafogli, fedi, documenti, eventuali medicinali). Tutte cose assolutamente indispensabili perché i vigili del fuoco possano svolgere la loro attività in sicurezza e garantendo la rapidità dei soccorsi. Anche quelle che sembrano meno importanti. Le docce, per esempio, necessarie ogni qual volta si verifichino incidenti stradali con vittime: i vigili devono necessariamente potersi lavare al comando al loro rientro, per non portarsi dietro, a casa, il sangue di cui si trovano spesso intrisi, che potrebbe mettere a repentaglio la salute propria e dei propri familiari. Oppure, gli armadietti: per avere a portata di mano tutto l’occorrente prima di uscire su strada e, quindi, per velocizzare i tempi del loro intervento.
Nell’attesa che i lavori della palazzina venissero ultimati, era stato sistemato nel cortile, accanto alla palestra e come soluzione temporanea alternativa, un “map”, un modulo abitativo provvisorio, cioè un prefabbricato come quelli utilizzati per ospitare i terremotati. Al suo interno erano stati allestiti alloggi e mensa, comunicanti, tramite un corridoio nel quale erano posti gli armadietti, con le docce della palestra.
Come sempre avviene, tuttavia, il provvisorio è diventato definitivo. Il map doveva servire per un solo anno e invece era ormai usato da sei anni. Finchè il 29 marzo un incendio lo ha distrutto. Al di là delle considerazioni, anche ironiche, che in molti hanno fatto con riferimento a questo incidente – forse causato da un contatto elettrico da cui si sarebbero sprigionate le fiamme che i pompieri avrebbero tardato a domare perché le squadre in turno erano impegnate fuori e perché si è prima pensato a mettere in salvo chi quella sera lavorava alla mensa – il dato importante è che adesso il comando resta sprovvisto di quelle strutture, sia pure provvisorie, indispensabili per l’efficienza delle attività. E la soluzione del problema non sembra vicina.
Da qui la rabbia dei circa cento vigili del fuoco del Provinciale di Reggio, spinti dalla loro abnegazione a garantire comunque la presenza sul territorio al servizio della collettività, ma costretti a farlo in condizioni igieniche, di sicurezza e infrastrutturali assolutamente precarie. Lo ha affermato anche il capo del Corpo nazionale, Alfio Pini, in visita a Reggio il giorno dopo l’incendio: «All’interno della struttura non esistono le condizioni minime di sicurezza, salubrità e ambientali», ha detto. Gli stessi automezzi non hanno un’adeguata sistemazione: sono parcheggiati, alcuni in fila indiana lungo una delle pareti della caserma, altri al centro del cortile, in attesa che si concludano anche i lavori per la nuova autorimessa, ovvero il cosiddetto “corpo H”, costituito da un seminterrato e da un piano fuori terra che dovrà appunto servire per tenere i veicoli pronti alla partenza.
Il comandante provinciale per ora ha ricavato, come alloggi, due stanze e due bagni al terzo piano di un’altra palazzina, posta accanto all’ingresso, che, oltre a essere insufficiente per le esigenze dei venticinque vigili di volta in volta in turno, pare sia addirittura inclinata di ben dieci centimetri, a causa dell’erosione del terreno operata da tempo da un flusso d’acqua sotterraneo.
È per tutto questo che i sindacati, all’unanimità – fatto che molti giudicano «storico» –, si rivolgono ora alle istituzioni, dal Capo dello Stato al presidente del Senato, al presidente della Camera, al presidente del Consiglio, via via a scendere fino al sindaco di Reggio, per comunicare che, «non avendo riscontrato le necessarie e indifferibili risposte» da parte loro, «sin da subito metteranno in atto tutte le iniziative di lotta, anche le più clamorose, al fine di tutelare l’incolumità dei lavoratori e continuare a garantire il servizio di soccorso tecnico urgente alla popolazione».
Nel frattempo i vigili reggini si vestono a casa e usano le loro macchine come deposito per effetti personali e attrezzature individuali. Ma, soprattutto, sperano e pregano che il territorio, ad alto rischio idrogeologico e sismico, «non faccia brutti scherzi», cioè che non ci siano emergenze particolari, che richiedano un raddoppio turno o, ancora peggio, un rinforzo da parte di altre squadre d’intervento inviate da altri comandi. Perché, in quel caso, stando così le cose – dicono – «ai cittadini non resterebbe che rimettersi nelle mani del Signore».

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