Ultimo aggiornamento alle 9:31
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

Magistratura e potere

La lettura dei giornali, da qualche settimana a questa parte, riserva ogni giorno sorprese, novità, analisi, che se aggiungono elementi su elementi alla conoscenza della Calabria (e in particolare …

Pubblicato il: 05/04/2012 – 18:34
Magistratura e potere

La lettura dei giornali, da qualche settimana a questa parte, riserva ogni giorno sorprese, novità, analisi, che se aggiungono elementi su elementi alla conoscenza della Calabria (e in particolare della città di Reggio), pongono nuovi interrogativi su ciò che hanno rappresentato gli anni che stanno immediatamente dietro le nostre spalle, sull’evoluzione, o meglio sull’involuzione, del quadro democratico, delle regole dello stato di diritto, della quale siamo stati spettatori. Si legge nell’editoriale di un quotidiano calabrese che: «Il problema è che da un anno la Calabria è “bloccata”. La politica è del tutto immobile e anche nel campo dell’economia vince l’idea dell’attesa. Perché? Perché tutti ritengono che la fine dell’era Pignatone comporterà diversi sommovimenti nel potere, in ogni campo. Si riassesterà il potere politico, i rapporti di forza nell’economia, e naturalmente si riorganizzerà la “geografia” della magistratura. Dunque, meglio aspettare per capire dove tira il vento».
Anche se l’analisi non fosse del tutto corretta, la semplice prospettazione di un tale scenario sarebbe da sola sufficiente ad autorizzare inquietanti interrogativi, soprattutto per la specificazione nominativa che egli fa (speriamo solo simbolica). La profonda anomalia della situazione non sfugge al commentatore se, subito dopo, si domanda: “è normale che un avvicendamento al vertice di una procura si presenti come un terremoto nel potere di una regione? È logico che la società calabrese avverta un procuratore come il vertice ultimo del potere reale?”.
La risposta è obbligata: no, non è normale e non sarebbe neppure accettabile. Per vari motivi. Il primo è che una situazione siffatta è del tutto inedita nel panorama istituzionale calabrese e direi anche nazionale. Forse solo ai tempi di Tangentopoli si avvertiva qualcosa di paragonabile. Ma in Calabria non si è aperta una nuova stagione di tangentopoli o qualcosa di simile. Il quadro che il giornalista ci espone è un altro: è quello di un blocco di potere forte, che ha governato la Calabria e non a caso accenna al mondo politico e a quello economico, non a quello della criminalità organizzata. Non si riferisce alla normale attività repressiva delle Procure, perché «il problema che si pone oggi è molto diverso. Riguarda i rapporti tra magistratura e potere e dunque riguarda gli assetti della nostra democrazia».
Adesso è più chiaro. Viene  chiamata in causa l’effettività del principio della separazione dei poteri, che è il motore profondo di una democrazia, di un qualunque stato di diritto. Già il contesto politico, quello del decennio scorso, ha visto la radicale modifica dei ruoli di governo e parlamento, con l’occupazione da parte del primo del potere legislativo, con conseguente sovraesposizione di organi di garanzia come Corte costituzionale e Presidenza della Repubblica, nel compito di esercitare quella funzione di controllo alla quale il parlamento aveva abdicato. Adesso si aggiungerebbe, secondo l’analisi riportata, un’ulteriore distorsione della separazione dei poteri, laddove il “potere giudiziario” verrebbe a far parte, ovvero sarebbe ritenuto  far parte, del sistema di potere politico ed economico di un’intera regione e con funzioni non subordinate alla politica, perché, si legge ancora, «la politica si è arresa al potere dei giudici».
Pur non condividendo del tutto quest’ultimo passaggio (anche se il silenzio sepolcrale che proviene dal mondo politico parrebbe accreditare una  resa tanto indecorosa), non si può non rimanere sgomenti.  Allo stato non si è in grado di comprendere cosa sia veramente avvenuto in questi anni e occorrerà tempo prima che si possa ricostruire il percorso attraverso il quale si sarebbe pervenuti a questa nuova era.  Qualche elemento in più proviene dalla cronaca di questi giorni. I giornali hanno pubblicato dichiarazioni provenienti da Giovanni Zumbo, dal carabiniere Roberto Roccella, da Luciano Lo Giudice, che si saldano a quelle, ben più autorevoli, rese dal colonnello Giardina (ufficiale di eccezionali capacità investigative oltre che di grandissima esperienza della realtà criminale reggina) nel corso del dibattimento Meta. Egli descrive  un quadro desolante, spietato, della realtà reggina e del sistema di potere mafioso e politico  che l’ha governata negli ultimi dieci anni.
Mettendo insieme i vari tasselli del puzzle, ognuno dei potentati, locali e non, riprende ordinatamente il suo posto: alcune delle logge massoniche, gli uomini delle istituzioni che manovrano Zumbo, le cosche che dominano la città, infine le menti raffinatissime, non tutte conosciute, che saldano i primi tre alla politica e alle istituzioni. Non era molto diverso ai tempi dell’omicidio Ligato, né ai tempi dell’operazione Olimpia, ma adesso c’è qualcosa di più e di diverso: un contesto più ampio, un collante che tiene tutto unito sino a formare un blocco, al momento granitico, anche se le prime crepe iniziano a intravedersi.
Intorno a questi temi sono in gioco principi fondamentali della nostra carta costituzionale, come
l’ effettiva autonomia e indipendenza della magistratura, la sua reale politicizzazione, la sostanziale applicazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, la possibilità di condurre a termine il contrasto ai vertici della `ndrangheta. Sono questi i temi su cui discutere, non l’eccessivo e scriteriato uso dei “pentiti” e delle intercettazioni. Gli uni e le altre sono fondamentali per condurre indagini mirate in tema di criminalità organizzata e corruzione, né si vede da quali altri strumenti di indagine dovrebbero essere sostituiti. Il punto semmai è un altro: la corretta gestione dei collaboratori di giustizia, l’uso mirato e non dispersivo delle intercettazioni. In ogni caso,  non sono questi i fattori che possono condurre o hanno condotto allo “strapotere dei giudici sulla politica”.

* Magistrato

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x