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Le verità taciute sull`Italia della Uno bianca

COSENZA Certe verità taciute qualche volta riemergono con l’ostinazione di chi non si arrende. Ci si parano d’avanti grazie alla voce di qualcuno che con pazienza e tenacia ha rimesso insieme i pez…

Pubblicato il: 01/05/2012 – 9:00
Le verità taciute sull`Italia della Uno bianca

COSENZA Certe verità taciute qualche volta riemergono con l’ostinazione di chi non si arrende. Ci si parano d’avanti grazie alla voce di qualcuno che con pazienza e tenacia ha rimesso insieme i pezzi del mosaico e ha il coraggio di raccontare una versione diversa da quella consolatoria e ufficiale. Dopo diciassette anni la torbida storia della Uno bianca torna d’attualità grazie al libro di Giovanni Spinosa, oggi presidente del tribunale di Teramo, ma in passato titolare delle indagini sui crimini commessi dai fratelli Favi. “L’Italia della Uno bianca”, edito da Chiarelettere, non racconta una storia semplicemente criminale, ma ne tratteggia i misteri, per molti versi politici. Ed è certamente per le suggestioni che il libro muove e per incontrare l’autore, ma pure per ascoltare quanto sull’argomento avevano da dire il giornalista Arcangelo Badolati e il magistrato antimafia Vincenzo Luberto, che il pubblico presente era numeroso, con alcune divise e diversi magistrati. Nella ricostruzione della “strage a rate”, l’opera criminale di cui i fratelli Favi sono stati considerati i soli responsabili e che si è protratta per sette anni e mezzo, facendo 23 morti e più di cento feriti, emergono lati oscuri, trascurati dalle molte indagini. Una verità «che ha accontentato, ma non avrebbe dovuto accontentare», ha detto Luberto, sostenendo con questo la tesi del libro, che parla chiaramente di una verità minimalista, che riconduce tutto alla furia criminale dei fratelli Favi, i poliziotti-rapinatori che alla fine furono condannati. Ma l’ipotesi di Luberto è perfino più agghiacciante, sempre in linea con la tesi dell’autore del libro. I due magistrati infatti credono che proprio l’aver sottovalutato e minimizzato la portata stragista dei crimini della Uno bianca, abbia poi condotto alle stragi successive, con cui Cosa nostra mirava a destabilizzare e ricattare lo Stato. Del resto anche Badolati non ha esitato a cucire tra loro alcuni dei fatti maggiormente drammatici della storia recente del nostro Paese. Per esempio la strage sul treno 904, del Natale dell’84, oppure l’uccisione di tre carabinieri, massacrati apparentemente senza ragione nel quartiere del Pilastro a Bologna. Ecco, il libro di Spinosa parte all’inizio dall’incongruenza tra gli esiti spietati delle rapine dei fratelli Savi e la loro motivazione. Tutti i morti lasciati per strada dai banditi della Uno bianca, sono stati uccisi senza una ragione riconducibile alla semplice rapina. Uccisi senza che ce ne fosse bisogno. Spinosa quando racconta i fatti lo fa con accuratezza e con la delicatezza necessaria. Non parla di persone, ma cita nomi delle vittime, del pensionato che muore per primo, dei senegalesi ammazzati per strada, dei rom uccisi per rivendicare una qualche natura razzista, e di tutti gli altri. E non scorda la famigerata Falange Armata, che rivendicò tutti gli omicidi, ma che comparve la prima volta appena dopo l’uccisione di Umberto Mormile, educatore carcerario, ammazzato su ordine della cosca calabrese dei Papalia. I Savi alla fine ne escono come pedine di un gioco assai più grande di loro. Dicono un numero impressionante di bugie che sembrano inquietantemente «concordate e convergenti», come dice l’autore. Ma soprattutto vengono arrestati in seguito a una «strabiliante sequenza di concomitanze fortuite e inspiegabili», come senza ironia alcuna scrisse la Corte d’appello di Rimini nella sentenza finale. Un modo per evidenziare che pure il loro arresto potrebbe essere stato la conclusione di un gioco stragista, guidato da ben altre intelligenze, con lo scopo di destabilizzare il Paese. Dopo diciassette anni, Spinosa che in passato conduceva insieme ad altri magistrati le prime indagini sulla Uno bianca, incarico che poi lasciò perché non condivideva la linea che l’inchiesta stava assumendo, ha deciso di raccontare le sue perplessità e le pagine del libro disvelano misteri che conducono a manovre stragiste. Allora piacque credere alla storia di tre rapinatori che diventarono terroristi. Oggi emerge forte il dubbio che fossero terroristi mascherati da rapinatori. E che fossero parte di un disegno rimasto misterioso.

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