Solo chi non voleva vedere non vedeva e solo chi non voleva capire non capiva: il Partito democratico in Calabria non deve esistere. Qui la colonia deve restare tale ed i vicerè mandati da Roma hanno lavorato sodo in questa direzione.
Si tratta adesso di prenderne atto e, conseguentemente, creare spazi di resistenza civica e di cambiamento guardando in qualsiasi altra direzione. Intendiamoci il diktat arrivato da Roma poteva e, per alcuni versi, potrebbe essere ancora oggi respinto ma guardandoci intorno non ci pare di poter individuare un manipolo di cavalieri disposti a rompere clamorosamente il patto di sottomissione a Roma. Ci hanno provato, più o meno convintamente, i vari Mario Oliverio, Salvatore Scalzo, Demetrio Naccari Carlizzi, Massimo Canale e Demetrio Battaglia. A Mario Oliverio va anche dato atto che quando si tentò di usarlo come pietra d`inciampo non ebbe esitazioni e tirò via la sua candidatura a segretario regionale «purché il congresso si faccia subito».
Detto questo, però, sono subito caduti nel trappolone del cinico D`Attorre: un breve rinvio, una settimana giusto per tentare un accordo unitario. Che sarà mai una settimana davanti all`eternità. Ed infatti quella accordata settimana di differimento ha aperto la fessura che consente oggi alla diga di crollare: il congresso regionale e quelli provinciali sono rinviati a data da destinarsi.
Una vergogna. Una vergogna che altre vergogne segue ed altre si candida ad anticipare.
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