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Un cellulare per il detenuto nel reparto di alta sicurezza

ROSSANO Il ritrovamento, per quanto non inedito, fa sempre impressione. Perché apre a ipotesi inquietanti sulla sicurezza e i controlli negli istituti di detenzione. Nel carcere di Rossano è stato …

Pubblicato il: 23/06/2012 – 10:50
Un cellulare per il detenuto nel reparto di alta sicurezza

ROSSANO Il ritrovamento, per quanto non inedito, fa sempre impressione. Perché apre a ipotesi inquietanti sulla sicurezza e i controlli negli istituti di detenzione. Nel carcere di Rossano è stato trovato un telefono cellulare che veniva utilizzato da un detenuto ristretto nel reparto di alta sicurezza. Il telefono era anche dotato di caricabatteria. La denuncia è del segretario nazionale del Sappe, Damiano Bellucci, e del segretario generale aggiunto, Giovanni Battista Durante. I sindacalisti chiedono che la polizia penitenziaria sia dotata di apparecchiature per ritrovare i telefoni oppure che le carceri siano schermate.

IL SAPPE: DA TRE ANNI SENZA UN PROVVEDITORE TITOLARE
«Nel carcere di Rossano – è scritto nella nota del Sappe – la situazione è sempre difficile non solo per il sovraffollamento e la carenza di organico, ma anche e soprattutto per i difficili e conflittuali rapporti tra l`amministrazione locale e  le organizzazioni sindacali nonché tra la stessa amministrazione e parte del personale». «Purtroppo – proseguono Bellucci e Durante – i vertici dell`amministrazione nazionale e soprattutto regionale hanno dimostrato di non essere in grado di dare delle risposte adeguate a Rossano ed a tutti gli istituti della Calabria; inoltre, a distanza di quasi tre anni dalla morte dell`ex provveditore Paolo Quattrone, non sono stati ancora in grado di nominare un nuovo provveditore titolare».

CELLE, ARAGOSTE E CHAMPAGNE
L`aneddotica, ormai, è piuttosto vasta. Si va dalle cene per commemorare i boss all`introduzione di champagne e aragoste nelle celle. Lo hanno raccontato, nel corso degli anni, diversi collaboratori di giustizia. Come Antonio Sestito di Crotone, che, nell`inchiesta “Nuova Alba”, ha ricordato al pm Marisa Manzini come nel carcere di Vibo – negli anni 80 – sarebbe stata la cosca Lo Bianco a “offrire” pranzi e cene dall`esterno per i detenuti di peso. ed era stato Francesco Fonti, il pentito delle “navi dei veleni”, a dire della vegli a funebre voluta, sempre nel carcere di Vibo, dal patriarca dei Mancuso, Francesco, in occasione dell`uccisione del boss di Reggio Paolo De Stefano. E non fa difetto neppure il carcere di Cosenza, finito al centro di un`inchiesta per la fornitura di aragoste, champagne e altri vini d`Oltralpe ad alcuni detenuti. Ottimi per il palato, ma un cellulare con un caricabatterie può essere molto più utile.

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