LAMEZIA TERME Lamezia Terme città piegata al volere della criminalità organizzata. E’ questa la drammatica immagine restituita dall`operazione Medusa. Dieci collaboratori di giustizia e neanche un cittadino disposto a denunciare i quotidiani soprusi della cosca Giampà. Trentaquattro persone sono state arrestate dalla squadra mobile di Catanzaro in un`operazione congiunta con i carabinieri e le fiamme gialle del capoluogo calabrese su disposizione della Procura Distrettuale antimafia catanzarese. Le indagini degli investigatori hanno permesso di fare luce su una serie di danneggiamenti ed intimidazioni nei confronti di commercianti e imprenditori del comprensorio lametino. Oltre settanta gli episodi ricostruiti dagli inquirenti. A tutti gli arrestati il gip contesta il reato di associazione a delinquere, danneggiamenti, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e altro. In manette anche un carabiniere, Roberto Gidari, in servizio proprio a Lamezia. Il militare è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l`accusa avrebbe passato agli affiliati della cosca notizie sulle indagini condotte dai suoi colleghi e che hanno portato agli arresti. Un altro militare è, invece, indagato. Dalle indagini è emerso che a capo dell`organizzazione ci sarebbe stato Francesco Giampà, detto il “professore”, attualmente detenuto. Al vertice, inoltre, c`era una “cupola” composta da cinque elementi, quattro dei quali già in carcere. Un ruolo centrale era svolto anche da tre donne, la moglie e le due figlie del boss, che secondo l`accusa rappresentavano il collante tra i capi detenuti e i gregari liberi, essendo coloro che portavano all`esterno i messaggi e le direttive dei boss. Al blitz di questa mattina hanno preso parte 120 agenti di polizia, 100 carabinieri e 60 finanzieri. Un successo su cui, però, pesa l’ombra del silenzio della comunità lametina. <
Ma Lamezia è anche città dove si alimenta una vasta zona grigia. Dove addirittura, racconta un inquirente, professionisti inseriti nei cosiddetti salotti buoni partecipano ad azioni di fuoco. I vertici della Dda di Catanzaro promettono che presto anche questi fiancheggiatori del clan verranno colpiti duramente. Il compito è, però, arduo, una battaglia impari. Di fronte al radicamento profondo della criminalità lo stato oppone pochi mezzi e risorse. L`ufficio gip del tribunale di Catanzaro che si occupa dell`intero distretto ha soltanto quattro magistrati. Impossibile, spiega Borrelli, in queste condizioni, <
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