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Unical, barcolla l`imperatore Latorre

RENDE Il clima che si respira nell’ateneo è quello di fine impero. Lo strappo istituzionale tra il rettore dell’Unical, Giovanni Latorre, e i presidi di facoltà, che hanno chiesto di discutere per …

Pubblicato il: 16/07/2012 – 15:22
Unical, barcolla l`imperatore Latorre

RENDE Il clima che si respira nell’ateneo è quello di fine impero. Lo strappo istituzionale tra il rettore dell’Unical, Giovanni Latorre, e i presidi di facoltà, che hanno chiesto di discutere per arrivare all’elezione di un nuovo Magnifico è solo il segnale che un processo sta per compiersi. Dopo quasi tredici anni di gestione, dopo tredici anni di (quasi) unanimismo è anche difficile ricominciare a parlare di futuro. Difficile trovarsi faccia a faccia: i pochi che hanno sempre contestato e i tantissimi che hanno appoggiato tutte le scelte.
La prima assemblea del personale dell’Unical da 25 anni a questa parte è il primo passo. Ed è un modo per ricominciare a parlare e dissentire. Anche a costo di cambiare idea. Il siparietto finale tra uno dei dirigenti “storici” del campus, Franco Santolla, e il professore Pasquale Versace (che nel 2007 fu sconfitto da Latorre dopo un’infuocata campagna elettorale) è la cifra dell’incontro. Versace ha ricordato dal palco, con un pizzico di sarcasmo, che lui certe cose le diceva cinque anni fa. E il burocrate, alla fine dell’assemblea gli si è avvicinato: «Ci lasci la possibilità di cambiare idea». E così l’ateneo cambia idea a pochi mesi dalla fine di un mandato durato tanto e prorogato (con la modifica di Statuto che ha permesso il terzo mandato) per scelta di tutti. Dei presidi, che sono sempre stati vicini a Latorre e venerdì scorso lo hanno virtualmente sfiduciato, degli impiegati e degli studenti (o, almeno, delle rappresentanze istituzionali di questi ultimi), molto spesso allineati alle volontà dell’amministrazione dell’ateneo.
IL GAP DEMOCRATICO
Perché sono avvenuti questi strappi? Da parte del personale i motivi sono almeno due. E li hanno ribaditi in molti, in maniera più o meno chiara. Lorella De Buono, ex rappresentante dei dipendenti in consiglio d’amministrazione, ha parlato esplicitamente di «inciviltà da parte dei vertici dell’ateneo e, in primis, del rettore». Un passaggio chiave: «Non si può tappare la bocca alla democrazia, ci si deve confrontare». Non sarà l’unico riferimento della giornata all’assenza di dialogo e al malcelato fastidio per il dissenso. Ci può stare, ma fa impressione sentire, in un ambiente accademico, espressioni come: «Noi ci siamo e abbiamo il coraggio di parlare». Parole più adatte alle riunioni di un’associazione antiracket. Il gap democratico, dunque, è all’origine dello scontro.
RESIDENZE AI PRIVATI: LA FRETTA DI LATORRE
L’altro nodo è l’esternalizzazione della gestione delle residenze universitarie. Un passaggio storico per l’università, maturato nelle scorse settimane in maniera molto veloce. E sulla base di un documento che le associazioni sindacali contestano. E’ stato questo il vero leitmotiv dell’assemblea. Marisa Fasanella, che lavora in amministrazione, ha spiegato che «dopo aver smontato un documento portato dal rettore in Senato accademico, e che assegnava al Centro residenziale un disavanzo di 4 milioni di euro in prospettiva, ci siamo accorti che quelle cifre non sono veritiere».
Riassumiamo. Il rettore ha premuto molto per l’approvazione di una linea di indirizzo rivoluzionaria: la predisposizione di un bando che affidi ai privati la gestione delle nuove residenze. La premessa è che la manutenzione costa troppo e l’Unical, accollandosi altre spese, non potrà più pagare gli stipendi dei dipendenti. Gabriele Grandinetti, membro del cda che si è opposto al provvedimento, ha parlato di un metodo che si potrebbe definire «terrorismo finanziario». Il rettore ha sbandierato rischi enormi per ottenere il consenso e «ha fatto arrivare il documento finanziario solo due giorni prima della votazione». Ha avuto una fretta enorme di approvare «un provvedimento che peserà sul futuro dell’ateneo. Ci saremmo aspettati la stessa premura per risollevare le sorti della didattica e della ricerca, i cui indici sono in costante calo», ha chiosato Salvatore Ricchio, che rappresenta il personale in Senato.
Un cambiamento di prospettiva troppo radicale per essere ispirato da un rettore in proroga. Tanto più se si pensa che buona parte delle residenze è vuota e servirebbero investimenti per risistemare i vecchi alloggi piuttosto che costruirne di nuovi. Di provvedimento apparentemente incomprensibile ha parlato anche Silvio Gambino, ex preside di Scienze politiche, chiarendo che «è giusto lamentarsi dell’autoritarismo, perché è insopportabile, ma serve una proposta, c’è bisogno di essere più radicali per disturbare l’autocrate (che sarebbe Latorre, ndr)». Ha fatto anche autocritica, Gambino, dicendo che «spesso, nella Commissione Statuto, abbiamo sbagliato a cercare di far funzionare le cose evitando lo scontro». Da quella commissione, tanto per intenderci, è uscita fuori una carta costituzionale dell’ateneo che non prevede la presenza di rappresentanti del personale nell’organo collegiale più importante, il consiglio d’amministrazione. Una scelta oggi criticata da tutti (e che si chiederà di rivedere) ma che, all’epoca, tutti hanno approvato.
E’ proprio vero che l’ateneo ha cambiato idea. Ci ha messo tredici anni.

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