SAN LUCA Sono circa le 8.00 di un 22 luglio caldo e afoso, siamo all’incrocio della ss Jonica 106 che va a San Luca. L’appuntamento è qui e la gente non si fa attendere. Nonostante il clima ci sono più di un centinaio di persone pronte a mettersi in cammino in direzione Pietra Cappa, nella “Lunga Marcia della Memoria”, giunta ormai al nono anno, per ripercorrere tutti insieme i sentieri impervi dell’Aspromonte, montagna stupenda e imponente, ma teatro di sequestri e omicidi di persone innocenti.
C’è gente di tutte le età, giovani, giovanissimi, ma anche adulti e qualche anziano. Ci sono le associazioni che si battono quotidianamente nella lotta alle mafie, come Libera di Gioiosa Jonica, Libera Locride, l’associazione “Don Milani” e l’associazione daSud. Tutti schierati al fianco dei familiari delle vittime della ‘ndrangheta, per camminare insieme a loro e condividere il loro dolore, ma anche la loro determinazione nella battaglia quotidiana per la verità e la giustizia.
Si inizia a salire e si passa da San Luca, cuore pulsante della ‘ndrangheta, luogo dimenticato da Dio e dal mondo, dove la sporcizia, la non curanza per il territorio, l’abusivismo edilizio e una mentalità ormai assuefatta a certe logiche di convivenza incivile regnano incontrastati.
Una volta arrivati quasi in cima, sono passate da poco le 9.30 e la Lunga Marcia può avere inizio, con i saluti istituzionali dei sindaci di San Luca e di Bovalino e il ringraziamento da parte degli stessi familiari delle vittime, a tutti coloro che sono accorsi all’appuntamento.
La prima tappa è dedicata a Gianluca Congiusta, giovane commerciante di Gioiosa Jonica, che gestiva due centri Tim e sponsorizzava le attività sportive dei ragazzi. A ricordarlo è il padre Mario: «Mio figlio è stato ucciso, perché si è opposto a una richiesta di estorsione nei confronti del suocero». Si arrabbia con la politica «che non fa il proprio dovere e non colma certi vuoti legislativi» e anche con chi all’interno della Chiesa, difende i boss: «Come quel parroco di Rosarno che ha affermato che il boss Pesce è un suo amico!». Non risparmia nulla neanche agli uomini delle istituzioni Mario Congiusta: «Il gip Morosini di Palermo ha detto che il 41 bis è disumano, perché invece uccidere è umano?!».
Si prosegue il cammino, il sole ancora non picchia forte. Dopo qualche altro centinaio di metri, si fa la seconda tappa, dedicata a Rocco Gatto, che viene ricordato così da Danilo Chirico, giornalista e scrittore: «Rocco era un mugnaio di Gioiosa iscritto al Pci, che allora era una precisa scelta di campo contro la mafia. Si oppose a ogni tentativo di estorsione e denunciò i mafiosi di Gioiosa perché non volevano che si tenesse il mercato nella piazza principale del paese. Ci fu una sparatoria dove morì un boss e Rocco riferì tutto ai carabinieri, ma questa cosa diede molto fastidio, infatti i mafiosi lo uccisero il 12 Marzo del 1977. Esattamente un anno dopo gli artisti del paese si unirono e realizzarono un murale nella piazza principale, dove raffiguravano una manifestazione e in prima linea proprio Rocco Gatto». L’associazione daSud, di cui Danilo fa parte, l’ha ribattezzato il Quarto Stato dell’Anti-ndrangheta e da qualche tempo quel luogo è stato anche inserito negli itinerari turistici della zona.
La terza tappa della marcia è dedicata al ricordo di Giuseppe Tizian, bancario di Bovalino ucciso il 23 Ottobre 1989. La moglie Mara e il figlio Giovanni Tizian, giornalista minacciato dalla ‘ndrangheta per le sue inchieste sulle mafie in Emilia Romagna, non sono alla marcia proprio perché in pericolo, ma hanno mandato una lettera: «Saremmo voluti essere li con voi in questo momento a ripercorrere ancora una volta tutti insieme quei sentieri, ma cause esterne alla nostra volontà ce lo hanno impedito. Lungo il sentiero che state percorrendo viene data dignità a Peppe Tizian così come a tutte le altre vittime innocenti. Quel percorso comune a tutti noi è diventato ormai un simbolo di giustizia e verità».
E poi si ricorda Demetrio Quattrone, ingegnere di Reggio Calabria e ispettore del lavoro, ucciso il 28 Settembre del 1991. «In un suo scritto – ricorda la figlia presente alla marcia – mio padre analizzava gli evidenti guasti del mercato edilizio di Reggio Calabria, dominato dal ‘partito dei palazzinari’ come lo chiamava lui».
La penultima tappa è dedicata a Celestino Fava: «Un ragazzo per bene – raccontano il padre Totò e la madre Anna – aveva solo ventidue anni quando l’anno ucciso. A distanza di anni non sappiamo ancora nulla su come sono andati realmente i fatti. Sappiamo solo che un giorno un ragazzo è venuto a prenderlo e li hanno uccisi entrambi. Ci hanno detto che probabilmente Celestino si trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato, ma a noi questa spiegazione non basta, vogliamo la verità!».
Sono quasi le 14, finalmente si arriva a Pietra Cappa, dove si fa l’ultima tappa e si ricorda Adolfo Cartisano, detto Lollò. Deborah, la figlia, fra gli organizzatori della marcia ne racconta la storia: «Mio padre era un fotografo, unico a Bovalino che allora decise di non pagare il pizzo. Rapirono lui e mia madre, ma papà non tornò mai più a casa. Così insieme a tanti altri ragazzi di Bovalino ci mobilitammo e mandammo lettere alla stampa e ai sequestratori. Papà ogni domenica portava proprio qui i suoi amici per mostrargli le bellezze di questi luoghi. Dopo qualche anno dal sequestro ci arrivò una lettera di uno dei rapitori che si era pentito e ci comunicava che il corpo di mio padre era qui e che ci aveva lasciato dei segnali lungo il percorso per farcelo trovare. E’ da allora che abbiamo deciso di far diventare questo percorso un sentiero da condividere insieme a tutti voi per ricordare insieme mio padre e tutti coloro che hanno difeso questa terra quotidianamente».
Alla fine della marcia, la celebrazione dell’eucarestia da parte di ton Tonio Dell’Olio, responsabile di Libera International che ha esortato tutti a portare avanti questa importante battaglia mettendo però in guardia: «E’ giusto riconoscere le specificità dei propri percorsi e delle proprie esperienze, è giusto moltiplicarsi, ma l’importante è camminare tutti nella stessa direzione avendo davanti gli stessi obiettivi di verità e giustizia».
x
x