Se fai parte di quei calabresi che condividono la Calabria di oggi oppure, viceversa, di quelli che non si arrabbiano a sentirla descrivere come essa è divenuta, faresti bene a girare pagina.
Se non è così, faresti bene a telefonare a Mario. Giusto per arrabbiarti con qualcuno che ti stia a sentire, a prescindere. Ma chi è Mario? Per alcuni è solo un amico ipotetico. Per altri molto di meno di un amico. Per altri ancora potrebbe essere il Premier ovvero il bomber Balotelli.
Per me è semplicemente il mio amico-portinaio di sempre. Quel tizio che mi ha sopportato sin da quando ero bambino. Mario è, comunque, colui al quale ciascuno di noi si rivolge per evitare di azzuffarsi con se stesso allo specchio e di mettersi a piangere di disperazione.
Mario è un po’ quel tipo che Cocciante definisce come l’amico che ti bussa di notte, disposto a prendersi anche le botte senza sapere neppure il perché.
Tutto questo rappresenta l’alternativa a volere approfondire la conoscenza della Calabria. Ad arrabbiarsi perché essa è stata privata di ogni ricchezza, persino dei suoi giovani, che scelgono di vivere ovunque, tranne che nella loro terra. Una terra predata anche dell’onore della sua storia, perché ivi si vilipende ogni diritto elementare. In un momento come questo, tutto ciò rappresenterebbe un palliativo ai grandi mali. Tutti insieme dovremmo darci da fare per migliorare le cose, in proporzione alla nostra “capacità contributiva” (intendendo non solo quella dell’articolo 53 della Costituzione). Anche quelle degli altri, di quelli che non hanno!
Quindi, mettiamo da parte Mario e proviamo a dirci le cose in faccia, perché i figli di oggi e di domani non commettano gli errori dei loro padri e dei loro nonni. Prima di ogni altra cosa, bisogna dissacrare la frequente considerazione di molti giovani calabresi che «sarebbe stato meglio non nascere», o meglio non farlo in questa regione, bensì in un’altra qualsiasi. Occorre dire basta a siffatto frequente acconto del loro necrologio. Io non ci sto. Così come moltissimi miei corregionali e tanti che vivono anche nelle altre regioni del Sud, afflitte dagli stessi problemi, apparentemente senza soluzioni. Proprio per questo, siccome fino ad oggi non mi andava di mettere da parte i miei diritti, ho sempre chiamato Mario. Ho fatto pure altro, ma è servito a poco, se non a mettermi d’accordo con la mia coscienza. Oggi è il momento del riscatto, cui i giovani calabresi devono fare esclusivo riferimento, forti di avere dietro le spalle i padri richiamati alle “armi”, pieni zeppi della voglia di riscattarsi (finalmente) nell’interesse della Calabria e dei calabresi. Ciò a valere come stimolo per cambiare e non già a sopportare la vita così com’è. Oppressi dall’ingiustizia in senso lato. Dal malaffare tanto dilagante da risiedere abitualmente nelle nostre case. Dal doversi mettere in vendita perché c’è sempre qualcuno disposto a comprare, magari promettendo il lavoro a chi non ce l’ha. Da una politica divenuta ignobile, perché esercitata per lo più da affaristi, divenuti i “protagonisti” della vergogna degli onesti.
Insomma, è arrivato il tempo di tradurre l’urlo silenzioso che cova nei nostri animi in una protesta diffusa, ma soprattutto in una proposta democratica. Da qui, la necessità di sforzarsi per individuare gli itinerari, i modi e le modalità del cambiamento. Principalmente gli uomini, i giovani cui affidare la mission di gestire il presente e il futuro dei loro coetanei, altrimenti ridotti alla fame.
Senza di loro saremmo costretti a importare tanti Mario da renderli, inutilmente, destinatari dei nostri sfoghi e della nostra disperazione. Del resto, è l’ultima occasione per farlo. Una legislatura che finisce e, con essa, potrebbe terminare l’esperienza del super Mario (che non è il mio amico-portinaio). Un consiglio regionale che, forse, è in procinto di essere rieletto per ko tecnico del governatore, interessato a guadagnare il Parlamento, unitamente a qualche fedelissimo dirigente. Un piano di rientro che mette in pericolo la sopravvivenza al vertice del commissario ad acta, in procinto di essere cambiato. Una spending review che farà il resto, che obbligherà il sistema regionale ad incisioni radicali alla propria organizzazione, tagli di organico non esclusi.
In sintesi, saranno inevitabili ridimensionamenti che faranno tanto male, specie aggiunti ai sacrifici, cui i cittadini sono chiamati dal recente provvedimento voluto dal governo.
Una scelta, quella dei giovani, che dovrà essere attenta, preferibilmente al di fuori dei vivai che i partiti sogliono allevare. Potremmo correre il rischio (il passato docet) di incappare in allievi peggiori dei maestri, anche perché gli esempi vissuti non sono affatto edificanti.
Ciò in quanto i futuri rappresentanti dovranno essere davvero tali. Degni difensori degli interessi collettivi e dei diritti soppressi. I protagonisti della rivendicazione generalizzata protesa a rendere vivibile lo stato di protezione sociale, della quale i calabresi lamentano da sempre l’inesistenza, perché vissuta per bonaria concessione del caporale/mediatore di turno, cui dovere corrispondere, poi, il voto (e non solo). Un deficit, quello dello stato di diritto, che ha fatto sì che fossero negoziati dall’assegno di accompagnamento, al posto letto in ospedale, per finire alle dieci giornate di lavoro del bracciante agricolo. Tutto ciò dovrà trasformarsi nella Tavola dei diritti, (ri)scritta sulla base della Costituzione, codificata dalle nuove regole e difesa dai nostri rappresentanti che si sperano siano i più giovani con la R più maiuscola possibile.
*Docente Unical
x
x