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SCOPELLITI INDAGATO | La Sarlo e quella nomina diventata una grana gigantesca

CATANZARO Mentre l’Italia discuteva di tagli (anche se i tempi della spending review di Mario Monti erano lontani), la giunta regionale della Calabria si riuniva per aumentare i costi della burocra…

Pubblicato il: 03/08/2012 – 20:03
SCOPELLITI INDAGATO | La Sarlo e quella nomina diventata una grana gigantesca

CATANZARO Mentre l’Italia discuteva di tagli (anche se i tempi della spending review di Mario Monti erano lontani), la giunta regionale della Calabria si riuniva per aumentare i costi della burocrazia. Come? Inventando, il 12 luglio 2011, un nuovo dipartimento. L`idea era quella di riorganizzare i servizi di controllo interno (infatti la nuova struttura si chiama “Controlli”). Si poteva fare diversamente? Forse sì. Sarebbe bastato creare un’unità organizzativa autonoma per svolgere la stessa attività. Ma, ovviamente, le strategie organizzative e l’obiettivo di stimolare l’efficienza giustificano i maggiori oneri, anche se i tempi sono difficili. È lo stesso dipartimento “Personale” a scrivere una circolare nella quale rappresenta la necessità di ridurre il costo del lavoro per non sforare i limiti di spesa. Poi, però, propone di creare un altro dipartimento. Quando si dice la ragion di Stato.
Creata la nuova struttura, tocca scegliere il suo direttore generale. A quel punto, i dirigenti nell’organico della giunta regionale possono presentare le proprie candidature. Ne arrivano nove: tutte scartate. Viene scartato anche un burocrate che ha un’esperienza specifica e pluriennale in materia di controlli. Evidentemente serve una maggiore esperienza: la Regione vuole un superman dei controlli. Così, per coprire il buco in organico, il 16 agosto pubblica un avviso (ma solo sul Bollettino ufficiale, né sui giornali né sulla Gazzetta ufficiale) che scade dieci giorni dopo.
A distanza di cinque giorni (l’istruttoria è velocissima, perché in mezzo ci sono anche un sabato e una domenica), la giunta nomina il direttore generale esterno, Alessandra Sarlo. Una che non ha mai avuto esperienza in materia di controlli (lo certifica proprio la scheda che motiva la sua scelta), non ha mai fatto il dirigente generale, ma è stata solo per un breve periodo commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia (azienda, tra l`altro, sciolta per infiltrazioni mafiose), nominata, per quei compiti, con metodi illustrati nelle indagini che hanno portato all’arresto di Franco Morelli e di suo marito, il giudice Vincenzo Giglio, impegnato a rivelare segreti investigativi al consigliere regionale in cambio della promozione della consorte.
La Sarlo, infatti, è il fulcro (pur non essendo indagata) di un`inchiesta della Dda di Milano che ha scosso le fondamenta della politica regionale. Proprio attorno alla sua nomina, infatti, si muovevano interessi borderline, tra politica, magistratura deviata e (addirittura) ingerenze mafiose, visto che l`intreccio portava alla famiglia Lampada, terminale lombardo delle potenti cosche reggine. Un vero e proprio romanzo criminale i cui effetti traboccano nella burocrazia.
Finisce, infatti, nel mirino degli investigatori di Catanzaro (che indagano su tutte le nomine esterne firmate dalla giunta regionale) anche la procedura che porta all`assunzione di Alessandra Sarlo alla Regione Calabria. Gli esposti recapitati alla Procura del capoluogo sono addirittura due. E gli indagati sono eccellenti ancora prima che tra di loro compaia addirittura il governatore Scopelliti. In prima battuta, finiscono sul registro delle notizie di reato un assessore, Domenico Tallini, che si occupa del personale regionale, e la dirigente Rosalia Marasco.
Il secondo esposto, firmato dal Direr (il sindacato dei dirigenti della pubblica amministrazione), denuncia che il dipartimento Controlli è stato creato «ad hoc». E, per giungere alla nomina, «l`amministrazione regionale ha illegittimamente dichiarato privi di requisiti ben tre dirigenti interni (dei nove partecipanti alla selezione avviata prima che la Regione si rivolgesse all`esterno, ndr) che avevano già espletato funzioni dirigenziali di livello generale e i cui curricula, da un esame comparativo, risultano di gran lunga più adeguati rispetto a quello della persona in concreto nominata».
Una conclusione molto diversa da quella a cui erano giunti assessore e dirigente. Il fatto, che si traduce in un`accusa di concorso in abuso d`ufficio, viene riepilogato nelle due pagine dell`avviso di garanzia firmato dal pm Gerardo Dominijanni. Per il magistrato, i due indagati della prima ora avrebbero attestato che la Sarlo da curriculum «possedeva l`esperienza sufficiente in proporzione alla complessità dell`incarico». Così facendo avrebbero indotto in errore la giunta regionale.
Fin qui le (prime) accuse. Il seguito è rappresentato dall`interrogatorio dell`assessore Tallini. Che, uscendo dalla Procura ricostruisce l`interrogatorio e ribadisce la sua linea: «Al magistrato ho portato al documentazione relativa alla nomina e l`abbiamo guardata insieme affrontando le varie fasi che hanno portato alla nomina che è stata decisa collegialmente dalla giunta regionale. Ho anche sollecitato il pm a sentire le persone che erano presenti alla riunione». E poi ripete le ragioni che avevano portato l`esecutivo a scegliere un`esterna per quel delicato compito: «È stata una scelta di buon senso. Dovendo nominare un dirigente che si occupasse di controllare altri dirigenti, ci è sembrato più opportuno rivolgerci all`esterno».
Così è maturata la nomina di Alessandra Sarlo, moglie del giudice indagato per mafia. Un “semplice” atto che si è rischia di trasformarsi per la giunta regionale in una grana pazzesca.

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