I disoccupati abbondano. I non occupati sono una marea. In special modo tra i diplomati e, soprattutto, i laureati delle tre Università calabresi. Se questo avviene – cioè la mancanza di un lavoro – una ragione (o anche più) ci sarà. Congiuntura sfavorevole, periodo di crisi internazionale, lontananza dai centri che offrono lavoro, al Nord o all’estero, indisponibilità a lasciare la Calabria. E questo ci potrebbe stare, ma solo fino ad un certo punto. La verità, probabilmente, è che siamo abituati a chiedere il”posto fisso”, una scrivania, insomma a fare, più o meno da passacarte e, più in generale, scomodiamo gli amici perché, a loro volta, si rivolgano alla gente che conta: politici innanzitutto, ma anche industriali, titolari di imprese. Oppure, nel migliore dei casi, facciamo una domanda agli ex provveditorati agli studi per una supplenza! Mai, o raramente, che si faccia uno sforzo per capire che il posto non c’è più e va sempre diminuendo – c’è voluto Monti a dirlo a chiare lettere con la “spending review” – e si metta a frutto,anche senza ricorrere allo strizzacervelli, quanto si è imparato a scuola e all’università. Essenzialmente se ci si è applicati per apprendere e non solamente per superare gli esami!
Discutendo all’Università della Calabria del rapporto 2012 della Banca d’Italia – una lucida analisi con molte ombre e poche luci – il convitato di pietra è stato il governo della Regione. Dai partecipanti, le critiche sono piovute sui bandi sull’innovazione finanziati coi Fondi por. Un esempio è venuto da Michele del Buono del gruppo Scai. «Abbiamo partecipato – ha detto – al gruppo meccatronico (un neologismo: meccanica più elettronica) di Torino che è stato attivato nel 2010 e i fondi sono arrivati dopo un anno o poco più. In Calabria il polo dell’innovazione Ict, è completamente fermo». Per Sergio De Julio, già parlamentare e oggi rappresentante di Exeura, lo spin off dell’Università di Arcavacata, «i bandi regionali per l’acquisizione di tecnologie informatiche dovrebbero puntare di più sulla ricerca e sulla qualità della ricerca ed evitare richieste che finiscono per escludere le piccole ma innovative aziende calabresi». E qui, critiche a iosa sui tempi di finanziamento. «Sapete – ha detto De Julio – quanto passa tra la pubblicazione di un bando e l’erogazione della prima tranche di finanziamento? Tre anni per il ministero dello sviluppo economico, quattro per il ministero dell’Università». E, questi, evidentemente sono tempi che mal si conciliano con i ritmi della ricerca e dell’innovazione, sui quali aveva puntato e, non poco, l’ex assessore regionale alla cultura, Sandro Principe.
Questo è il punto. Se ci sono i “laureati centodiecielode” li facciamo scappare, non siamo in grado di trattenerli. Un esempio eclatante lo ha raccontato il Corriere della Calabria, la scorsa settimana. Quello di Paola Cannavò che ha insegnato, nientedimeno che, ad Harvard, ma in Calabria è stata dichiarata inidonea. I casi, come si sa, sono molti. Ci sono, però, i cosiddetti laureati che vedono, nel loro futuro, un posto, pur che sia, con uno stipendio. Ed ecco che per questi, con adeguati suggerimenti, proposte e riconversioni di tutto rispetto viene in soccorso il Corriere della Sera che, in “trovo lavoro” ha ribadito, quanto più volte sostenuto, e non solo da noi, il profilo ideale per chi cerca un posto di lavoro ,oggi: la laurea in economia o in ingegneria, l’inglese fluente e l’orientamento al lavoro di squadra. Se non si vuole stare dietro alle raccomandazioni dei politici, se si vuole avere successo nella vita, se si ha rispetto di se stessi, la strada è indicata ed è interamente percorribile. Corsi di laurea a parte, bisogna concentrarsi sull’inglese, ma senza frequentare i corsi estivi a Londra. Nella capitale del Regno Unito, in luglio, agosto e settembre, tutto si parla tranne che l’inglese, specialmente se si va con la propria comitiva. Ecco perché la chiamano “vacanza di studio”, anche se è solamente vacanza, nei fatti. Di studio, c’è poco più di nulla. Occorre andare in Inghilterra o in America, ma non nei grossi centri. Bisogna trovare città sconosciute e, se non si ha la possibilità di mantenersi, si può fare il cameriere, il portiere di notte, il venditore di frutta per uno, meglio due anni ed è quasi fatta! Certo, costa sacrificio, ma chi desidera perle, deve immergersi nel fondo del mare, chi vuol salire in alto non deve dormire la notte, si sostiene in “Le mille e una notte”. E così, una volta padroni dell’inglese e fortificati nel carattere, si potrà star certi che il lavoro arriverà. Lo offrono da tempo, la Kpmg, la McKinsey, Value partners, Accenture, Capgemini, Altran Italia che selezionano neo laureati, a vari livelli, anche alla prima occupazione, purchè ci siano i c.d. “fondamentali internazionali”. La manna dal cielo, però, è caduta solo una volta! Non ci sarà una seconda. Altrimenti? Altrimenti non rimane che il lavoro manuale, dentro o sotto casa: il falegname, l’idraulico, il carpentiere. Con tutto il sacrosanto rispetto. È questione di volontà e di scelte di vita!
* Giornalista
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