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Almaviva assume a Rende. Ma il contratto è "low cost"

E venne il giorno delle assunzioni low cost. Nella regione maglia nera per occupazione giovanile (ma non solo: gli ultimi dati Istat dicono che quasi il 20% della popolazione attiva non ha un lavor…

Pubblicato il: 05/09/2012 – 14:13
Almaviva assume a Rende. Ma il contratto è "low cost"

E venne il giorno delle assunzioni low cost. Nella regione maglia nera per occupazione giovanile (ma non solo: gli ultimi dati Istat dicono che quasi il 20% della popolazione attiva non ha un lavoro), dopo precariato, delocalizzazione ed emigrazione dei cervelli è finalmente la volta del lavoro, sì, ma a basso costo. È davvero segno dei tempi la vicenda della cassa integrazione straordinaria per i 632 operatori di call center del gruppo Almaviva, ex Atesia, della sede romana di Via Lamaro, a Cinecittà. La novità, che rende inedita una delle tante vertenze dell`Italia dei precari, è la decisione altamente “strategica” del gruppo industriale: nuove assunzioni “low cost” al sud. Il 28 agosto è arrivata la comunicazione ufficiale dell’azienda ai lavoratori romani: un anno di cassa integrazione, poi tutti a casa. Eppure per Almaviva non arriverà la cessazione di attività. Tutt`altro: sono infatti previste nuove assunzioni nella sede di Rende. Qui, nel polo alle porte di Cosenza che sempre più si sta configurando come polo dedicato, entro dicembre saranno assunti circa 250 lavoratori selezionati per il servizio assistenza clienti del 119 Tim (lo stesso che veniva svolto dai 632 neo-cassintegrati romani). Una strategia aziendale semplice, nel suo cinismo: il personale di Roma ha la maggiore anzianità e quindi un costo del lavoro più elevato.
«Non c’è la fine di un appalto, né una riduzione delle commesse, ma una decisione calcolata dell’azienda. La strategia preoccupante è la scelta mirata di chiudere una sede che costa di più per spostare la stessa produzione in un un posto dove produrre costa meno, grazie agli incentivi delle leggi regionali di cui usufruiscono molte regioni del Sud», ha spiegato Barbara Cosimi (Slc-Cgil e Rsu di Almaviva Roma) al quotidiano web Pubblico, che oggi ha dato notizia della vertenza. «Siamo alla delocalizzazione non più all’estero, ma Italia-Italia, Nord-Sud. Non si chiude perché non ci sono le commesse. Si chiude perché conviene aprire da un’altra parte». Ai neo-assunti calabresi – ha aggiunto la sindacalista – «saranno fatti contratti di secondo e non di terzo livello e ovviamente senza nessuno scatto di anzianità. Questo significa a spanne quasi cento euro in meno in busta paga. Ma non è questo il punto. Il punto è il risparmio dell’azienda e le logiche con cui si licenzia e si assume».
Il gruppo Almaviva, in una nota, ha fatto sapere che la procedura di cassa integrazione straordinaria non è dettata dal costo del personale, ma principalmente dagli «standard produttivi e qualitativi» che secondo l`azienda sarebbero «inferiori rispetto a quelli di altre sedi italiane. Il costo del personale impegnato nella sede romana, rispetto a quello eventualmente conseguibile in altre unità produttive, non è la causa principale dell`insoddisfacente andamento economico del sito di via Lamaro».
E in quella che si prefigura come una guerra tra poveri, mentre a Roma si prepara la protesta a Rende la generazione call-center spera nel posto. Meglio low cost che niente…

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