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Test, iscrizioni e riforme: all`Unical basta polemiche

Credo che negli ultimi tempi non abbiamo fatto un buon servizio né alla comunità accademica, né alla società nel suo complesso e a quella calabrese in particolare. Sono, questi, i giorni dei test d…

Pubblicato il: 13/09/2012 – 15:20
Test, iscrizioni e riforme: all`Unical basta polemiche

Credo che negli ultimi tempi non abbiamo fatto un buon servizio né alla comunità accademica, né alla società nel suo complesso e a quella calabrese in particolare.
Sono, questi, i giorni dei test di ammissione e di iscrizione di migliaia di ragazzi e ragazze che vedono nell’istituzione universitaria il luogo del sapere e delle conoscenze e vorrebbero ricevere segnali positivi, forti e rassicuranti circa un mondo migliore possibile. Siamo ancora in grado di essere e di apparire educatori nel senso più ampio? Cioè formatori di cittadini prima ancora che di uomini e donne di cultura?
La crisi che sta attraversando l’intero pianeta è da noi ancora più devastante, perché la società civile è fragile, tutto sembra sottomesso alla politica e sembrano sfuocate  le speranze di riscatto attraverso l’elevazione che viene dalla conoscenza e dalle competenze, che non sono penetranti e convincenti come negli anni d’oro dell’istituzione del nostro Ateneo. È vero, tante cose sono cambiate, alcune in meglio altre in peggio, ma è sempre da noi che devono partire segnali forti, semplici, rassicuranti che indichino che ancora c’è, in Calabria, un luogo dove gli interessi sono quelli di tutti e tutto il resto è al  servizio di obiettivi alti.
Non abbiamo fatto questo negli ultimi tempi e le polemiche esasperate, tutte interne al sistema di governance universitario, hanno lasciato poco spazio ai problemi veri che invece siamo in grado di affrontare; ed è ciò che la società si attende da noi.
Stiamo, insomma, restando all’interno di un recinto fatto di repliche e controrepliche: in che cosa ciò è diverso dal gossip politico e scandalistico che ci rattrista quotidianamente? Siamo sicuri che ciò interessa alle persone e ai nostri studenti per primi?
Appare come se le innovazioni che la riforma universitaria ci ha imposto siano costituite soltanto di regole legate al cambiamento delle cabine di regia e stiamo sottacendo la parte che più dovremmo curare e dibattere, quella cioè di come possiamo e vogliamo venire incontro ai mutamenti che dobbiamo interpretare.
La riforma è stata da noi applicata in un modo che non ho affatto condiviso e avrei fatto ben altre innovazioni, ma se continuiamo a insistere solo su questo perdiamo il senso della realtà. La realtà per noi deve essere fatta di ricerca, che deve essere competitiva a livello internazionale, e di didattica per studenti che si iscrivono all’Università per conseguire una laurea e migliorarsi, nella speranza di un futuro professionale. Molti studenti, se ci fosse una società più dinamica e un mercato del lavoro meno asfittico, troverebbero una occupazione già dopo gli anni della scuola. La mancanza di prospettive e una preparazione scolastica al di sotto della media nazionale fanno si che i tempi di permanenza nelle aule di Arcavacata siano lunghissimi: a poco è servita la precedente riforma del 3+2 e i fuori corso abbondano. Gli studenti di Ingegneria, da oltre dieci anni, vengono ammessi dopo un test uguale per tutte le facoltà di ingegneria in Italia e risultano, all’ingresso, quasi sempre agli ultimi posti. Ho cercato inutilmente azioni sistematiche con i dirigenti scolastici regionali per intervenire in questa vera e propria piaga, negli ultimi due anni abbiamo contattato direttamente tutte le scuole superiori della Regione per concordare interventi mirati e rivolti agli studenti degli ultimi anni. Bisogna mettere in agenda azioni a livello di Ateneo in questa direzione.
L’Ateneo dovrà preoccuparsi del fatto che l’attrattività di lauree magistrali conseguite presso Atenei più prestigiosi ci fa perdere le migliori risorse umane, che il più delle volte resteranno a lavorare fuori. E questo non è cosa da poco, perché ne perdiamo tanti fra quelli più in grado di innovare la società.
La presenza della cultura universitaria è spesso fuori o ai margini del dibattito dei problemi della nostra terra: penso al mare e alle coste, al dissesto sismico e idrogeologico, alle scelte sull’innovazione tecnologica, alle deficienze delle infrastrutture regionali, alla  mancanza di una rete del sistema turistico, alla periferia in cui restiamo nel campo dei beni culturali, alle diatribe sulla formazione sanitaria, a tante altre necessità alle quali non sappiamo dare la nostra voce in maniera chiara. Eppure sono migliaia i laureati calabresi che avrebbero dovuto cambiare il volto della regione, se si pensa che non c’è un solo comune calabrese in cui non ci sia stato almeno un nostro laureato.
Il sistema di formazione universitario deve essere rivisto, per creare corsi di studio flessibili e che si adattino a esigenze che siano del mondo del lavoro e non nostre interne all’accademia. La struttura formativa universitaria calabrese deve essere ripensata per evitare corsi di studio ridondanti in alcune aree o ripetitivi fra una sede e l’altra. Altri hanno colto l’occasione della riforma per unire, costruire Politecnici dove non c’erano o per saldare aree vicine; noi siamo riusciti a dividere ciò che era unito.
Sul piano della ricerca e dell’innovazione sarà necessario investire in risorse umane meglio che nel passato, perché saremo giudicati e valutati – così come per la didattica – per i risultati e i finanziamenti saranno sempre più su base premiale.
Insomma, se sbaglieremo le scelte potremmo prendercela soltanto con noi stessi.
Parliamo di queste cose, il resto conta ma è strumentale agli obiettivi, non può sostituirsi a essi.

* preside della facoltà d`Ingegneria
Università degli studi della Calabria

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