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SAGGEZZA | L`Opa dei clan sulle logge massoniche della Locride

REGGIO CALABRIA «La `ndrangheta e la massoneria hanno da decenni dei punti di contatto». Il dato, emerso in diverse indagini dell`antimafia reggina, trova una conferma esplicita anche nell`inchiest…

Pubblicato il: 14/11/2012 – 10:56
SAGGEZZA | L`Opa dei clan sulle logge massoniche della Locride

REGGIO CALABRIA «La `ndrangheta e la massoneria hanno da decenni dei punti di contatto». Il dato, emerso in diverse indagini dell`antimafia reggina, trova una conferma esplicita anche nell`inchiesta chiamata “Saggezza”. Il punto di partenza di questo filone d`indagine sono le intercettazioni nei confronti degli affiliati alla “Corona” aspromontana e al “locale” di Ardore. Conversazioni che «permettevano di appurare la presenza, nell`area della Locride, di una loggia massonica con sede in via Mazzini di Siderno, facente capo alla più grande loggia madre denominata Camea (Centro attività massoniche esoteriche accettate) il cui Gran Maestro risultava essere all`epoca dei fatti “OMISSIS” (persona estranea all`indagine e non indagata), identificato dai fratelli massoni con l`appellativo di “Ripa 33”». Tutto normale, almeno fino a un certo punto, dato che gli appartenenti alla loggia erano «politici, medici, avvocati e liberi professionisti». Nulla di troppo segreto. Se non fosse che «le conversazioni permettevano l`identificazione di diversi associati facenti parte sia della loggia massonica di Siderno che di altre logge ricadenti sul territorio nazionale».
L`elenco che, secondo quanto spiegano gli inquirenti nell`ordinanza di custodia cautelare, metterebbe in relazione la mafia e i grembiulini è formato da sei nomi. Che fanno dire al giudice per le indagini preliminari che «diversi degli indagati del presente provvedimento, appartenenti al “locale” di Ardore, erano anche tra gli iscritti alla loggia massonica». C`era, tanto per chiarire, il capo del clan della cittadina aspromontana, Giuseppe Varacalli. E c`era anche Nicola Nesci (tra gli arrestati dell`operazione di martedì 13 novembre), destinatario di una perquisizione ritenuta molto interessante dagli uomini dell`antimafia. In quell`occasione sbucano «i paramenti tipici utilizzati nel corso della celebrazione di rituali massonici e alcuni documenti che attestavano la “carriera” di Nesci nell`associazione», iniziata nel 1999. L`uomo è “Maestro segreto di 31° grado”, nonché “Presidente della camera di 4° grado” ed è «legato a tre soggetti, che erano gli unici in grado di riferire sulla sua persona». Sono tre “fratelli” massoni, uno dei quali, Giuseppe Siciliano, finito agli arresti perché ritenuto un uomo del clan di Ardore.  
Per la Dda è la conferma di una tesi più generale: «Il contatto con gli ambienti massonici costituisce un vero e proprio trampolino di lancio per gli affiliati al sodalizio mafioso, poiché li avvicina a quelle componenti della società italiana che costituiscono i veri centri decisionali in campo economico, politico e sociale».
Dalle intercettazioni emerge l`iscrizione di Giuseppe Varacalli alla “Zaleuco”, la «casa massonica inaugurata all`istituto professionale alberghiero di Locri il 4 febbraio, guidata per il primo anno da Tommaso Lentini e facente parte della Gran Loggia Regolare d`Italia». Da un colloquio tra il presunto boss e Lentini emerge che l`investitura massonica di Varacalli è avvenuta nel 2001 a Malta, «si presume quale “Cavaliere” dell`ordine massonico nato in quell`isola». Seguendo il percorso del capoclan, gli investigatori si imbattono in altre investiture e in altri dialoghi tra gli indagati, «conversazioni dalle quali era desumibile la loro appartenenza alla massoneria». Arriva anche il giorno delle congratulazioni per «l`attribuzione di cariche elevate ai componenti della loggia provenienti da Ardore». Un passaggio favorevole, che avrebbe garantito «appoggi e conoscenze che sarebbero stati utili anche per i fini dell`associazione per delinquere di cui facevano contemporaneamente parte».

IL CONCORSO A COSENZA
Interessante, per i magistrati, è un`altra vicenda che lega gli affiliati al clan alla massoneria. Si tratta dell`aiuto offerto da due «indagati», Giuseppe Siciliano e Domenico Morabito, a un amico, Marco Sguassero, «sfruttando le loro amicizie date dall`appartenenza alla massoneria». Lo scopo era quello di dargli una mano a superare «delle prove relative a un concorso pubblico tenutosi a Cosenza, presumibilmente nei locali dell`università». Sguassero, originario della provincia di Udine, si rivolge agli amici per chiedere informazioni sul superamento della prova scritta. È il 14 febbraio 2007, e il giorno dopo arriva la telefonata di Morabito, «il quale lo informava che era andato tutto bene e si congratulava per il superamento della prova scritto, ma soprattutto lo invitava a comunicare il buon esito della prova a un “fratello”». C`è di più: Sguassero vuole sapere anche su cosa deve prepararsi per la prova successiva. E i dialoghi successivi «lasciavano presupporre che Morabito avesse “conoscenze” negli ambienti giusti, tali da consentire l`agevole superamento delle prove concorsuali». Un passaggio reso ancora più inquietante dal prosieguo delle intercettazioni: il l`amico supera il concorso e ringrazia i suoi fratelli che se ne compiacciono. Così vanno le cose.

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