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CASO RENDE | La srl gestita dai clan

RENDE Perché un Comune che già sente i morsi della crisi si imbarca in una fallimentare operazione economica da otto milioni di euro? La risposta a questa domanda è il filo conduttore dell’inchiest…

Pubblicato il: 15/11/2012 – 7:42
CASO RENDE | La srl gestita dai clan

RENDE Perché un Comune che già sente i morsi della crisi si imbarca in una fallimentare operazione economica da otto milioni di euro? La risposta a questa domanda è il filo conduttore dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato agli arresti domiciliari di Umberto Bernaudo, ex sindaco di Rende, e dell’ex assessore al Bilancio dello stesso Comune, Pietro Ruffolo.
La risposta, però, si tira dietro diverse circostanze inquietanti. La prima: gli otto milioni sono stati investiti per salvare una società in house, la Rende Servizi (prima del 2008 era una coop e si chiamava Rende 2000), nella quale erano stati assunti in blocco dei lavoratori legati alla cosca Lanzino. La seconda: questa cooperativa assorbita dall’amministrazione comunale funzionava come una macchina del consenso, diretta da Michele Di Puppo (arrestato anch’egli, ma era già in carcere) e indirizzata alle carriere politiche dei due esponenti del Pd rendese, candidati ed eletti alle provinciali del 2009.
In mezzo a queste due certezze, c’è lo spazio per una diversa valutazione, quella offerta dalla Procura e dal giudice per le indagini preliminari, sulla contestazione ai due dell’aggravante mafiosa. Per il procuratore capo, Vincenzo Lombardo e per l’aggiunto Giuseppe Borrelli «siamo davanti a un caso di scuola di concorso esterno in associazione mafiosa», per il giudice no. Perché – è Borrelli a spiegare la scelta del gip – nella riassunzione di tutti i lavoratori della Rende 2000 nella Rende Servizi non si sarebbe manifestato alcun vantaggio per la cosca.
A parte le divergenze tecniche, ciò che resta è l’immagine scalfita di un modello caro al centrosinistra. Un modello che, dice Lombardo a margine della conferenza stampa in prefettura, a Cosenza, «si preoccupava di assumere nella cooperativa pensata per il reinserimento sociale non i più deboli, ma quelli con i santi in paradiso». Santi politici e criminali: «Nella Rende Servizi lavorano parenti del latitante Ettore Lanzino (ritenuto il capo della criminalità cosentina, ndr) e molti soggetti legati alla cosca. E lo stesso Lanzino, prima di darsi alla macchia, era tra i dipendenti della Rende 2000». Un quadro fosco, rafforzato dai numeri fallimentari della gestione. La società in house aveva un volume d’affari oscillante tra 1,4 e 2,2 milioni di euro e spese molto superiori a queste cifre. Era destinata al fallimento, ma il Comune si adoperò per salvarla, cedendole un immobile valutato intorno a 8 milioni di euro per permetterle di contrarre dei mutui e pagare gli stipendi. «Un disastro economico – dicono ancora Lombardo e Borrelli –; i servizi offerti dalla società non sarebbero mai bastati a coprire le spese». Le proposte e le delibere, tutte firmate da Ruffolo, servivano a garantire la sopravvivenza del sistema, che – e questo è il passaggio più “politico” – era «impegnato in attività di propaganda elettorale a favore degli indagati». Un rapporto che «procura un vantaggio a chi è stato eletto, ma giova anche alla cosca. È la prova che, a tutti i livelli della società calabrese, è difficile sfuggire a un certo tipo di contiguità. «Tutta l’area criminale – spiega ancora il procuratore – si spende per chi ne ha garantito la sistemazione». Ed è un`area che può contare su 171 persone assunte: le 63, tutte confermate, della Rende 2000, più un centinaio di nuovi arrivati. Tutti ingaggiati direttamente, grazie a un “buco” legislativo. E convocati in un centro sociale rendese per avere conferma dell’ottenimento del posto di lavoro.
Un passaggio anche sulla gestione delle dinamiche lavorative lo fa Borrelli: «Non si basavano su criteri economici. Le controversie eventuali venivano decise facendo ricorso alla forza di intimidazione del clan. Che si trattasse di mancati pagamenti o di valutazioni discordanti sull’orario di lavoro».

«ACCESSO ANTIMAFIA? TROPPO PRESTO PER DIRLO»
L’unica certa conseguenza amministrativa, per il momento, sarà la sospensione di Umberto Bernaudo dal consiglio provinciale (Pietro Ruffolo, invece, che era assessore provinciale al Bilancio si era già autosospeso dopo il suo coinvolgimento nell`inchiesta Cartesio su un giro di ususra nell`alto Tirreno cosentino). Un atto dovuto, secondo quanto ha spiegato il prefetto Raffaele Cannizzaro. Che non è entrato nel merito dell’eventuale proposta (da inoltrare al ministero dell’Interno) di una Commissione d’accesso antimafia per il Comune di Rende. «L’attività di indagine si chiude adesso. E, oltre ai dati e alle osservazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare, bisognerà considerare la parte del lavoro investigativo contenuta nella richiesta (che è molto più corposa, ndr). Si può dire che oggi si chiude un’attività e ne inizia un’altra». Le carte saranno analizzate attentamente, dunque. Ma sullo sfondo ci sono due interrogazioni parlamentari del Pdl  che premono per l’invio dei commissari e hanno preceduto di pochi giorni l’operazione.
Nessuna risposta, invece, da parte degli inquirenti, alla domanda su un’eventuale allargamento delle indagini alla campagna elettorale per le regionali del 2010 e le comunali dell’anno successivo: «Non siamo in grado di rispondere e, anche se lo fossimo, non risponderemmo», ha detto Lombardo.

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