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CASO RENDE |La politica sfila davanti ai magistrati

«I criteri di selezione del personale della cooperativa, così come quelli del successivo passaggio nella Rende Servizi non erano stati chiari né conosciuti». Il primo politico a sfilare davanti agl…

Pubblicato il: 15/11/2012 – 15:59
CASO RENDE |La politica sfila davanti ai magistrati

«I criteri di selezione del personale della cooperativa, così come quelli del successivo passaggio nella Rende Servizi non erano stati chiari né conosciuti». Il primo politico a sfilare davanti agli investigatori che indagano sul “modello Rende” è Rocco Infusino. Come tanti, nel feudo elettorale della famiglia Principe, ha oscillato tra maggioranza e opposizione. È un uomo di fiducia del consigliere regionale Rosario Mirabelli (eletto in Autonomia e diritti, poi passato all’Api di Rutelli e infine approdato nel gruppo consiliare Progetto democratico). Infusino spiega che l’idea di costituire la società in house è vecchia, «ma concretamente attuata solo con l’amministrazione Bernaudo». E ricorda che i problemi principali erano incentrati sul significativo aumento del personale dipendente. Il suo secondo appuntamento con gli inquirenti, il 21 marzo 2012, si colora di un particolare: l’ex consigliere comunale ricorda «di aver notato dipendenti della Rende Servizi affiggere manifesti elettorali di Bernaudo e Ruffolo». In realtà, anche Infusino è stato intercettato al telefono con l’anima nera della Rende Servizi, Michele Di Puppo. L’uomo, ritenuto un affiliato di primo piano al clan Lanzino, si spendeva per l’elezione di Bernaudo e Ruffolo (al quale dirà: «L’importante è che vinciamo, se no facciamo una figura di merda… e io figure di merda non ne ho mai fatte», ricevendo un «grazie assai di tutto» come risposta) e, dunque, si vede costretto a rifiutare la richiesta di aiuto che arriva proprio da Infusino, assicurandogli però ugualmente «un sostegno, benché celato».
Di politica si tinge anche l’interrogatorio di Francesco D’Ambrosio, eletto nella maggioranza di centrosinistra. Anche D’Ambrosio ha oscillato nel consenso alla linea dei socialisti rendesi, e riferisce «che la trasformazione della società da cooperativa a in house avvenne per volontà di Sandro Principe (attuale capogruppo del Pd in consiglio regionale, ndr), allora sindaco» e conferma «che all’interno della Rende 2000 e poi della Rende Servizi vi era un gruppo di persone “attivo” politicamente, ossia dedito a sostenere il gruppo politico di Sandro Principe, Bernaudo e Ruffolo». Anche in queste due testimonianze torna il refrain dell’accusa: la coop era una inefficiente macchina economica che, invece, funzionava benissimo sotto il profilo della costruzione del consenso.
Conferme arrivano anche da Domenico Ziccarelli, consigliere di maggioranza all’epoca di fatti. Anche lui ribadisce «che alcuni dipendenti venivano impiegati durante la campagna elettorale in favore del Partito democratico, sia in orario lavorativo diurno che notturno». Spartaco Pupo, il più fervido oppositore (dai banchi della minoranza) della nascita della coop rendese, contribuisce alle dichiarazioni dei suoi “colleghi”, denunciando «le inefficienze e la scarsa chiarezza dell’attività della Rende servizi, evidenziando la contiguità politica al gruppo di Sandro Principe di tutti i dipendenti e indicando tra questi i soggetti impegnati a svolgere attività propagandistica in favore di Bernaudo e Ruffolo». I verbali trovano riscontri nelle intercettazioni disposte dai magistrati. Ce n’è una, in particolare (quella tra Michele Di Puppo e Giacomo Vercillo, uno dei dipendenti della cooperative) che si riferisce «il coinvolgimento di Di Puppo nelle elezioni del gruppo elettorale contiguo all’onorevole Sandro Principe». Per il gip, «i suoi (di Di Puppo, ndr) rapporti con tale gruppo sono senz’altro confermati». Ancora un colloquio intercettato, quello del 16 maggio 2009 tra il solito Di Puppo e un altro dipendente, «conferma l’amicizia di Di Puppo con l’onorevole Principe, circostanza apertamente palesata da Di Puppo al suo interlocutore, avendogli offerto la disponibilità di intercedere presso il politico se ne avesse avuto bisogno». Si tratta di semplici millanterie o c`è qualcosa in più?
Il “modello Rende”, investito dall’inchiesta della Dda di Catanzaro, deve rispondere anche di un’accusa politica. È quella che si riferisce alla «gestione clientelare della cooperativa Rende 2000 e poi Rende Servizi, riconducibile all’area politica di Bernaudo e Ruffolo (legati, a loro volta, all’onorevole Sandro Principe, non indagato)». Appena nata era già destinata a fallire. Per i magistrati dell’antimafia il pessimo investimento era legato al mantenimento del consenso per i due consiglieri provinciali arrestati e per la loro area politica. Un consenso costato alla collettività otto milioni di euro. Anche questo si dovrà spiegare ai cittadini.

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