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Se il cosentino medio fa cultura

COSENZA C`è una Cultura istituzionale, che si esprime in inglese e chiama il grande nome, e un`altra che preferisce il dialetto e fa parlare la gente comune: le 800 presenze di ieri sera all`audito…

Pubblicato il: 16/11/2012 – 11:55
Se il cosentino medio fa cultura

COSENZA C`è una Cultura istituzionale, che si esprime in inglese e chiama il grande nome, e un`altra che preferisce il dialetto e fa parlare la gente comune: le 800 presenze di ieri sera all`auditorium del liceo classico “Telesio” per «Maniàmuni in scena» (la «replica riveduta e scorretta» della lettura collettiva delle poesie dialettali di Sergio Crocco) sono la prova lampante che a Cosenza il disimpegno e il riflusso forse sono un luogo comune. Senza fare sociologia, basta appunto partire dai numeri. Presenze che nemmeno il più navigato degli attori cosentini – qualcuno ieri sera era sul palco – sognerebbe nella più ottimistica previsione.  
La risposta all`esterofilia – che poi è il massimo del provincialismo – è il trionfo del dialetto, elevato ad arte anche da chi non lo sa parlare: è appartenenza, e nella città dei Bruzi sta diventando un vero caso dopo il boom che hanno registrato nelle ultime settimane la prima replica di Maniàmuni, lo spettacolo  di Nunzio Scalercio all`Acquario e il Giangurgolo di Max Mazzotta e quello a cui forse si preparano le favole calabresi di Lindo Nudo, che hanno debuttato domenica scorsa al Piccolo teatro Unical. È vero che, come ha notato qualcuno, nella società della condivisione da social network il pubblico vuole vedersi riflesso: ma nelle due repliche di “Maniàmuni” – che entro Natale potrebbero avere una terza puntata: “Ara `mmersa” – c`è qualcosa, anzi molto di più del narcisismo. Anzitutto la finalità della serata: attraverso il ricordo di Piero Romeo, amatissimo come uomo prima che rispettato come pioniere della curva rossoblu, rendere palpabile il sostegno ai più deboli, un`operazione inversa alla solidarietà da passerella che non lascia traccia concreta ma ottiene passaggi tv e paginate di giornale. Con “La terra di Piero: pozzo farcela!” si è già portata l`acqua in un villaggio dell`Africa e i risultati sono tangibili  – oltre che “verificabili” sul web. Adesso altri pozzi si aggiungeranno ai due già costruiti.  
Ma anche il migliore dei messaggi ha bisogno della potenza dell`arte per essere veicolato. E allora, se non si rischiasse di apparire empi, si direbbe che l`operazione di “Canaletta & Friends” è dantesca: rendere letteratura Pilerio Petramala come nella Divina Commedia trovavamo i peccatori fiorentini nell`Inferno e non solo l`aura celeste dei “piani alti”.
Nel giorno in cui il Rendano presenta la stagione che avrà le sezioni Young, Noel e Off e, fra gli altri, l`immarcescibile Albertazzi sulle tavole; nei tempi in cui i famosi “consumi culturali” segnano flessioni e disinteresse crescente nonostante i nuovi teatri (avveniristici ma semivuoti) e con cartelloni sempre più “mini” causa tagli ma anche e soprattutto causa gestione politica della cultura, Crocco chiama a raccolta la città e la mette davanti al proprio genio. La voce di Nicholas Cage che legge in video una delle poesie di “Canaletta” e dà appuntamento «alla prossima, dal vivo» (lui è il numero uno dei doppiatori italiani, Pasquale Anselmo, e soprattutto è «cresciuto nelle palazzine») mostra la Cosenza dei talenti – ma davvero, non quelli di cui si riempie la bocca la politica – come Dario Brunori in uno spassosissimo quartetto di “Guardia `82”.
Sono più commoventi quei tre bimbi che hanno imparato le poesie a memoria o i disabili che gridano la loro «normalità» – ammesso che sia un valore – e il sogno di Natale in cui i “pazzi” si prendono la città? In due ore e mezza di show – unica pecca forse la eccessiva dilatazione dei tempi e qualche siparietto che ha rallentato il ritmo – ancora lampi di pura filosofia della strada nelle liriche dedicate alla morte e alla nascita, con in mezzo le tappe di un`esistenza scandite da calembour e rime a volte geniali, incastrate in una metrica tecnicamente perfetta. Il pubblico ha capito lo spirito visto che commenta «ara cusentina», in tempo reale nel bene e nel male senza peli sulla lingua, come se fosse nel cortile delle case popolari. La poesia con le “jestìgne” è un esercizio geniale sospeso tra il gramelot di Dario Fo e il divertissement futurista, ma il talento di Crocco prende forma anche nei componimenti “seriosi” come quello sulla Cosenza solidale, sulla città che 10 anni fa accolse con le lenzuola bianche dai balconi i 60mila dopo l`operazione No-global, sugli affetti e su un toccante Infinito leopardiano rivisto in vernacolo e con doppio finale – alto e basso, in linea con lo spirito della serata. Con gli occhi lucidi per Piero.

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