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Una donna sola con le sue dipendenze

RENDE Una mamma, una amante, un pugile persino e un animale che striscia, una figura anti-mitologica, in ogni caso sola coi suoi vestiti e le sue “scimmie”. È una donna archetipica dalla fisicità r…

Pubblicato il: 21/11/2012 – 14:56
Una donna sola con le sue dipendenze

RENDE Una mamma, una amante, un pugile persino e un animale che striscia, una figura anti-mitologica, in ogni caso sola coi suoi vestiti e le sue “scimmie”. È una donna archetipica dalla fisicità reattiva ma dolente Maria Marino, che ieri sera al Piccolo teatro Unical ha raccolto lunghi applausi debuttando nella nuova pièce di Ernesto Orrico “#neoeroina” (produzione Zahir), il 23 a Crotone (teatro della Maruca) e il 1° e 2 dicembre a Reggio (SpazioTeatro). Scena scarna per un testo d`impatto in cui anche il più burlesco dei calembour viene piegato a un retrogusto amarognolo e strappa persino qualche risata nella platea attenta che preferisce alla serata di Champions la rassegna “Il piacere della democrazia” a cura del direttore artistico Lindo Nudo (Rossosimona) nella residenza teatrale di Arcavacata. L`eroina del titolo – sbarrata dietro un cancelletto che rimanda alla comunicazione flash dei social network – si presta a due tipi di interpretazione, uno per ogni forma di dipendenza: quella dalla sostanza e quella dal maschio. Forme diverse di una stessa violenza – nel primo caso auto-inflitta – che porta all`annichilimento.
Al netto di qualche forzatura “pop” nel ricorso – seppur ridotto al minimo – al dialetto e nei rimandi alla mitologia classica, fedele agli stilemi della produzione di Emma Dante, Orrico (con la collaborazione di Vincenza Costantino e Manolo Muoio) ha aggiornato l`armamentario linguistico-musicale già apprezzato qualche anno fa in “Hamlet Cuts”: sottofondi con campionamenti elettronici in cui sono incastonati notiziari di «femminicidi» e pezzi di puro rock, per arrivare a un finale liberatorio e balsamico firmato De Andrè. Il formulario insulso della cronaca da tg (e da talk pomeridiano) si mescola a rumori, scratches e sferragliate: nel mezzo la Marino come guardandosi allo specchio espone i suoi “quadretti” che da una vita serena stile Mulino Bianco finiscono quasi sempre per scolorire in tragedie che sanno di sangue e pareti grigie, tra infanticidi e partner o amici da torturare. Con fisicità prorompente, l`eroina Maria si muove in una scatola nera al cui interno bastano un secchio con cui incappucciarsi, uno sgabello su cui crollare quando la forza di liberarsi dalle due dipendenze è finita e un appendiabiti che dà sicurezza sotto forma di maschere, abiti e parrucche ma che a fine monologo non può non franare come le residue certezze della protagonista. Lo scheletro di ferro le farà da supporto per un frame immaginifico a metà tra la cartolina dell`innamorata sulla punta del Titanic e la madonna pagana che si lancia nel suo ultimo volo.

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