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Ricorso al Tar del Lazio contro la centrale di Saline Joniche

ROMA Un investimento «inutile», in «contrasto con la volontà popolare» delle comunità locali e della «Regione Calabria», che «a pieno regime potrebbe causare la morte prematura di 44 persone all`an…

Pubblicato il: 27/11/2012 – 15:10
Ricorso al Tar del Lazio contro la centrale di Saline Joniche

ROMA Un investimento «inutile», in «contrasto con la volontà popolare» delle comunità locali e della «Regione Calabria», che «a pieno regime potrebbe causare la morte prematura di 44 persone all`anno». È quanto hanno detto, in sintesi, le tesi delle maggiori associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf Italia, Greenpeace e Lipu) nel corso della presentazione questa mattina a Palazzo Madama del ricorso al Tar del Lazio, fatto all`inizio di novembre, contro la costruzione della centrale a carbone di Saline Joniche (Rc) da parte del consorzio Sei capeggiato dalla società svizzera Repower, in opposizione «all`autorizzazione della presidenza del Consiglio dei ministri». La richiesta delle sigle ambientaliste non si ferma soltanto a questa centrale, ma è una vera e propria lotta al carbone rilanciata in occasione della Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici in corso a Doha in Qatar: «Lo stop al carbone in Italia cominci da Saline Joniche insieme con l`assunzione di una seria politica per tagliare le emissioni in grado di rispondere all`emergenza climatica; in Italia si fermino le lobby del carbone, a partire da Saline Joniche fino Porto Tolle e Vado Ligure, e si elimini la quota del 13% di carbone dalla Strategia energetica nazionale».  
Per Francesco Ferrante, senatore del Pd, la quota di carbone presente nella Strategia energetica nazionale è «un errore grave da correggere. Il futuro di questo Paese è nelle rinnovabili e nell`efficienza energetica, non certo nel carbone». Nuccio Barillà di Legambiente mette in evidenza il contrasto delle autorità locali, a cominciare dal «comune di Montebello Jonico, che ha presentato ricorso ed affianca quello della Regione». Secondo Stefano Leoni, presidente del Wwf, «occorre invertire la rotta: il 13% di carbone, indicato nel Piano, provoca però il 30% delle emissioni di CO2 ed in più genera malattie». Quattro i principali motivi su cui si fonda il ricorso delle associazioni ambientaliste: la «violazione» della direttiva europea `Habitat`; la «mancanza dell`alternativa» dell`opzione “zero” (ovvero una valutazione dell`effettiva utilità dell`opera); la presentazione di «un progetto con troppe carenze»; la «mancata presa in considerazione dei vincoli» paesaggistici. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, sottolinea che sono «molto elevati» gli impatti di una centrale di questo tipo, con «emissioni pari a circa 7,6 milioni di tonnellate di CO2 all`anno per un`esposizione di 30-40 anni; cosa che potrebbe causare la morte prematura di 44 persone ogni anno in base ad un algoritmo dell`Agenzia europea per l`ambiente, e 101 milioni di costi sanitari; e poi anche se “pulito”, il carbone è 6 volte più pericoloso per la salute umana del gas». E Fulvio Mamone Capria della Lipu ricorda infine che «il governo non poteva chiudere un accordo senza la volontà delle comunità locali».

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