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La fine di Lea e la sconfitta dello Stato

COSENZA Per misurare quanto coraggio ci vuole per dire no alla ’ndrangheta, è necessario affrontare le circa duecento pagine del libro di Paolo De Chiara che racconta la storia di Lea Garofalo, che…

Pubblicato il: 14/12/2012 – 21:59
La fine di Lea e la sconfitta dello Stato

COSENZA Per misurare quanto coraggio ci vuole per dire no alla ’ndrangheta, è necessario affrontare le circa duecento pagine del libro di Paolo De Chiara che racconta la storia di Lea Garofalo, che vissuta interamente immersa dentro una cultura violenta, trovò la forza di separarsene denunciando una lunga serie di omicidi. Eppure Lea Garofalo fu gradatamente abbandonata da uno Stato distratto, fino a essere rapita e uccisa dai suoi carnefici. “Il coraggio di dire no”, edito da Falco editore, è la minuziosa narrazione della storia di una donna che ha raccontato quell’universo del male dal di dentro, lanciando così una sfida oltraggiosa alla cultura mafiosa. Un dettaglio che Angela Napoli, membro della commissione parlamentare antimafia, non ha mancato di cogliere durante la presentazione del libro a Cosenza, assieme al direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, al giornalista Emanuele Giacoia, all’editore Michele Falco e all’autore Paolo De Chiara. Intanto la storia tragica e coraggiosa di Lea merita uno sforzo di chiarezza, perché le parole hanno un senso importante. “Lea Garofalo non era un collaboratore di giustizia, ma un testimone di giustizia”, ha voluto precisare Angela Napoli, spiegando che la donna non aveva commesso alcun reato, il suo aiuto allo Stato non era motivato dal raggiungimento di qualche beneficio, come invece evidentemente accade per i collaboratori. E con la consueta dura franchezza, la parlamentare non ha esitato a parlare di “responsabilità della zona grigia, dello Stato e delle istituzioni nel destino che è toccato a Lea”. Le parole di Angela Napoli servono per spiegare quali condizioni durissime attendono le persone che intendono schierasi con lo Stato. Queste condizioni risultarono insopportabili a Lea, che rinunciò alla tutela dello Stato, che invece “avrebbe dovuto verificare bene il grado di pericolo che la donna correva”. Di qui la necessità sottolineata dalla Napoli “che lo Stato protegga i testimoni di giustizia per tutta la vita”. La cifra di questa vicenda la indica Paolo Pollichieni, quando denuncia che questa è la storia di una sconfitta, “perché Lea perde la vita, ma lo Stato perde la faccia e noi tutti la speranza”. Lo Stato perde perché si mostra incapace di capire la forza e la determinazione di una donna calabrese che aveva portato lo schiaffo più forte alla ’ndrangheta e non la difende, con il pubblico ministero di Milano che dichiara “è stato un errore”, con i legali che stanno attorno alla giovane donna che l’assistono colpevolmente male. Pollichieni non svela i nomi che pure ci sono dentro le pagine del libro, quasi volesse proteggerne la trama letteraria, ma quello dell’avvocato Vincenzo Minasi, “trait d’union con le cosche calabresi”, esce per forza. Il direttore del Corriere della Calabria non esita a indicare nello Stato, “burocratico e autoreferenziale”, le responsabilità di una vicenda gestita male, che avrebbe richiesto maggiore attenzione e sensibilità politica. Per questo, guardando la Napoli verso la quale non ha mai taciuto la sua stima, Pollichieni si augura che lei trovi ancora un ruolo dentro il nuovo parlamento che andrà a formarsi dopo le ormai prossime elezioni. A Paolo De Chiara tocca poi raccontare le fatiche di una ricerca non facile, la ricostruzione degli ultimi difficili anni di Lea Garofalo e della ancor giovanissima figlia Denise, delle persecuzioni del convivente Carlo Cosco, del rapimento e della sua morte. Ma pure della lettera che la giovane donna inviò inutilmente al Presidente della Repubblica, delle anomalie inquietanti che si annidano dentro questa vicenda. Fino alla condanna dei carnefici della coraggiosa donna. A chiudere la serata le emozionate parole del giovane nipote di Lea, la conferma dell’impegno civile dell’editore Falco nel dare vita a libri come quello di De Chiara e la ballata per Lea cantata da Francesca Presta.

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