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E Vinicio stupisce con l`inedito sulla Calabria

COSENZA Suggestioni mediterranee, ritmi gitani e quel particolare blues ellenico che è rebetiko. E poi ancora sussulti politici fino a una conclusione di travolgente rock che esce dal “Ballo di San…

Pubblicato il: 18/12/2012 – 11:42
E Vinicio stupisce con l`inedito sulla Calabria

COSENZA Suggestioni mediterranee, ritmi gitani e quel particolare blues ellenico che è rebetiko. E poi ancora sussulti politici fino a una conclusione di travolgente rock che esce dal “Ballo di San Vito”, cantata con una maschera animalesca sul viso. Vinicio Capossela riempie il Rendano fino all’ultimo posto disponibile, e lo riempie di un pubblico preparato, esigente, che sa e si aspetta esattamente quel che il cantautore gli darà nel corso del concerto, non solo con la sua musica, ma pure con il corpo, l’ironia, i messaggi anarchici che gli fanno dire, tra una canzone e l’altra che a Taranto ancora si cerca il ricatto tra salute e lavoro e che quindi a «Marchionne, Riva e Berlusconi non lui non vuole dare un cazzo» e gli fanno cantare, su una musica nuova, le parole della canzone di De Andrè, “Quello che non ho”. E le persone applaudono, consapevoli, convinte.
Quel che invece il pubblico non si aspettava era il pezzo musicale costruito sul “Te Deum de’ Calabresi”, un testo giacobino risalente al 1799, in dialetto calabrese, pregno di feroce e cupo sarcasmo, in cui si faceva la parodia della preghiera, che diventava invece una antipreghiera contro il potere, i potenti, la Chiesa. Una scelta propriamente politica che Capossela regala al pubblico cosentino, che apprezza e aggiunge informazioni, quando dal palco l’artista spiega l’origine del canto rivoluzionario e i cosentini da sotto suggeriscono dettagli al significato del canto stesso, mostrando quindi conoscenza e appartenenza a un brandello nobile e spesso ignorato della nostra storia.
Il resto è un concerto di virtuosismo, di una band che sembra uscita da una pagina di cronaca gitana, oppure appena giunta dal Peleponneso, Non mancano i classici, la malinconia di “Che coss’è l’amor”, di “Scivola vai via”, fino a “Santo Nicola”, che portava i regali, «ma ora si è seccato, perché i desideri sono spesso troppo mutevoli», spiega Capossela, che in conclusione avvisa di stare attenti e parecchio ai nostri desideri, «perché alla fine potrebbero avverarsi». Ed è quasi una minaccia.

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