«Per uscire dalla crisi che in Calabria si sente tutta, proprio tutta occorre “un centravanti di sfondamento”. A me può toccare il ruolo di mediano che fatica, ma la regia dev’essere in mano alla Regione». Il presidente di Confindustria Calabria, Giuseppe Speziali, fa ricorso alla metafora calcistica per cercare di “fare squadra” con chi ha, o dovrebbe avere, l’arduo compito di pensare alla salvezza, per «preparare un domani – ha sottolineato – non da scudetto, ma almeno, decoubertianamente, per partecipare al massimo alla Champions League». E così ha invitato gli esponenti della Regione, in questo periodo di festività, ad andare in ritiro spirituale. Fa bene alla mente e alla gente! Dopo un salutare “Te deum laudamus” di sapore natalizio, la realizzazione di un Patto per la Calabria – l’ennesimo – dovrebbe far da cornice concreta alla meditazione. Un patto che, secondo il presidente degli industriali calabresi, sia un «fatto discriminante per misurare il grado di sensibilità della società dei decisori». E’ scontato che al ritiro debba partecipare, con la Regione, chi ha a cuore le sorti dei calabresi, presenti e future. E che comporti una presa di coscienza collettiva, nella quale le componenti socio-economiche sappiano «riconoscere la presente emergenza che prolungherà i suoi tentacoli fino al 2014».
In un momento in cui il Censis, nel suo ultimo rapporto, ci svela che nel Paese c’è rabbia e paura, che le famiglie sono alla sopravvivenza ed alcune con l’orto sul terrazzo, con la ripresa del pane fatto in casa, con la mamma che ricicla in cucina, il suggerimento di Speziali cade proprio a pennello. Occorre mettere a fattor comune, ha rilevato, un impegno straordinario di solidarietà, realizzando – quasi un ritorno all’antico – un tavolo straordinario di consultazione tra istituzioni, politica e parti sociali. Naturalmente gli industriali devono giocare la loro parte. Non possono non farlo, e Speziali non si tira indietro, sottolineando, ancora una volta, al pari di esponenti sindacali il suo «basta con gli annunci». E se qualcuno, in Regione, potrebbe seguirlo, altri, invece, continuano imperterriti a far piovere miliardi su miliardi, bandi su bandi,manifesti su manifesti. Questa idea, diversamente dalle altre prese di posizione sempre del vertice degli industriali calabresi, non vuole servire per alimentare conflitti, ma esclusivamente per sollecitare confronti e collaborazioni, come diceva Giovanni ventitreesimo, “ut unum sint”. Il presidente regionale, i cinque presidenti provinciali, il responsabile dei costruttori dell’associazione di Squinzi hanno messo in evidenza come, oltre a parlare di nuovi investimenti, c’è «la linea del Piave che consiste nel difendere e nel consolidare l’esistente, di salvare il salvabile». Ecco perché questo nuovo incalzare la classe politica che, però, in questi momenti appare in tutt’altre faccende affaccendata! C’è la cadrega a cui pensare e se la casa brucia, al massimo c’è il tempo di chiamare i pompieri! “Dum Catanzaro consulitur, Saguntum expugnatur”, direbbero i latini.
Ed intanto, il Censis, per il quale l’attuale crisi è peggiore delle altre, arriva a dire che «si vendono i gioielli e pure la credenza della nonna», proprio per «fotografare» la difficoltà del momento. E lancia le «tre R della famiglia:risparmio,rinuncia, rinvio». In Calabria tutto questo accade già da tempo. Molte le rinunce, si rinviano spese anche di prima necessità, si risparmia ben poco, anzi si dà fondo a quanto si era riusciti a mettere da parte!
Una prova della crisi calabrese viene anche dal fallimento delle aziende: sono cifre da paura quelle fornite da Confindustria. Solo quest’anno sono andate in “default” ben 200 imprese. Il settore edile è quello maggiormente colpito: falliscono due imprese a settimana! Il tasso di occupazione è del 42 per cento, il quindici per cento in meno della media nazionale. Per i giovani va ancora peggio: in Italia il tasso di disoccupazione è al 29%, mentre in Calabria si supera il 40. Dopo aver sparato sulla Croce Rossa «c’è l’eterna palla al piede della burocrazia» (Speziali è arrivato a parlare di situazione kafkiana) gli industriali di casa nostra hanno espresso critiche per «l’eccesso di enfasi e di annunci che hanno caratterizzato il lancio di interventi riguardanti il Por Calabria ( ma come mai anni addietro se ne parlava con maggiore frequenza?)cui, purtroppo, non è seguita un’adeguata attenzione nella fase di attuazione degli interventi comunitari». Ed anche qui, il vertice confindustriale, ha riparlato di eccesso di burocratizzazione, facendo tesoro dell’impegno dell’oggi super corteggiato presidente Monti. Ecco perché hanno chiesto di semplificare norme e procedure per consentire la massima partecipazione ai potenziali beneficiari. Dovrebbe far riflettere tutti – politici ed amministratori in particolare – che i tempi medi di un bando vanno dai 18 ai 24 mesi. Sembrano tempi di cause civili! Il presidente dell’associazione costruttori Francesco Cava ha aggiunto, fra le altre doglianze, che «i ritardi della nostra regione sono da attribuire – giusto il rilievo – ad anni ed anni di cattiva amministrazione. E questo comporta – ha lamentato Cava – il licenziamento di ingegneri, geometri, ragionieri:un patrimonio di conoscenze che si disperde». Insomma, un quadro desolante, anche secondo l’Adiconsum di Ronaldo Piscioneri.
Ecco perché il “Patto per la Calabria” rilanciato da Speziali e colleghi. Per essere in linea col presidente del Censis, Giuseppe De Rita, che nel recente rapporto ha ancora una volta sostenuto come occorra colmare la distanza tra amministratori ed amministrati. «Non bisogna pensare male» però. Si fa peccato. E’ vero presidente Andreotti?
* Giornalista
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