TORINO È cominciata tenendo d`occhio una lavanderia a Siderno (Reggio Calabria), nel maggio del 2009, l`inchiesta contro la presenza della `ndrangheta in Piemonte sfociata nel maxiprocesso “Minotauro”: lo ha spiegato oggi Luigi Silipo, attuale capo della squadra mobile della polizia a Torino e, all`epoca, dirigente del commissariato della cittadina calabrese. La gestione della lavanderia era riconducibile alla famiglia Commisso, una delle più potenti della `ndrangheta, la cui influenza – ha detto Silipo – «si registra in Lombardia, Liguria, Piemonte e anche in Australia e Canada». Attraverso le intercettazioni si sono scoperti «i collegamenti fra Torino, dove ci sono nove “locali”, e il “Crimine” (struttura della `ndrangheta di importanza superiore, ndr) di Reggio Calabria».
Al processo “Minotauro” sono imputate 73 persone. Un`altra sessantina è stata già condannata con rito abbreviato. Il dottor Silipo ha spiegato che gli esponenti delle bande torinesi facevano riferimento ai boss di Siderno. Il presunto capo del “locale” di Torino, Giuseppe Catalano, chiese per esempio ai calabresi se era possibile formare nel capoluogo piemontese la cosiddetta “camera di controllo“, un organismo sovraterritoriale dell`organizzazione, già presente in Lombardia, per dirimere una controversia sorta a proposito di chi doveva comandare il locale di Rivoli. Prima di Silipo ha testimoniato un maresciallo dei carabinieri che, concentrandosi sulle cosche attive di Volpiano e dintorni, ha affermato, tra l`altro, che i proventi del racket dei videopoker e delle bische venivano impiegati per aiutare i detenuti.
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