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Al cinema l`Aspromonte da cartolina

REGGIO CALABRIA «È un film che rispecchia l’anima del regista, quello che io avevo scritto aveva un afflato antropologico, altri dialoghi che poi non avrebbero reso a livello cinematografico»: semb…

Pubblicato il: 31/01/2013 – 11:12
Al cinema l`Aspromonte da cartolina

REGGIO CALABRIA «È un film che rispecchia l’anima del regista, quello che io avevo scritto aveva un afflato antropologico, altri dialoghi che poi non avrebbero reso a livello cinematografico»: sembra quasi voler prendere le distanze dalla “sua” creatura, Tonino Perna, intervenuto al termine della prima di “Aspromonte, tutta un’altra storia”, opera prima del regista italo-tunisino Hady Krissane. E a dire il vero, la pellicola poco sembra rispecchiare la finezza delle riflessioni di Perna, intellettuale reggino noto per la profondità delle sue letture del passato e del presente.
Votato al sacro culto della “rottura degli stereotipi sui meridionali”, iscritto nel già abusato filone inaugurato dal film francese “Giù al Nord”, è proprio dagli stereotipi del calabrese-tipo che il film non riesce a smarcarsi, ripercorrendoli pedissequamente ma senza trovare una soluzione. L’industriale brianzolo interpretato da Franco Neri che piomba nel cuore dell’Aspromonte alla ricerca del fratello ribelle e scapestrato (Andrea De Rosa), ma la cui firma è necessaria per chiudere con successo un sontuoso contratto, è il pretesto che serve al regista per una carrellata dei luoghi più affascinanti del reggino.
C’è Pentedattilo con le sue dita contro il cielo, Chianalea con le sue scalette che portano a mare, c’è Polsi con le sue strade impervie e con il suo santuario. Luoghi fotografati in tutta la loro bellezza, con un tocco naif, quasi documentaristico, ma che non perde tutto l’incanto che colori, scorci e prospettive devono aver provocato nella mente del regista e del suo direttore della fotografia. Luoghi muti. Perché né la storia né la trama riescono a restituirne la complessità, la storia, la realtà. Lo spessore è quello di una cartolina.  
Ma la Calabria e i calabresi sono molto di più di quegli uomini fotografati sempre e solo a mangiare o al bar, impegnati in battute a doppio senso in cui la `ndrangheta è lo spauracchio da agitare per far spaventare lo “straniero”, poi confortato dalle rassicurazioni secondo cui «la vera mafia sta al Nord». Sono molto di più dei pastori – coppola, camicia di flanella, dialetto e capre o bestie d’ordinanza – che di tanto in tanto servono da pretesto per uno spunto narrativo che vada al di là della riproduzione macchiettistica del calabrese tipo. La Calabria e i calabresi, soprattutto le donne calabresi sono molto di più di quell’unica figura femminile pronta senza pretesto né ragione narrativa a lanciarsi addosso allo “straniero” di turno, sotto lo sguardo vigile del marito – come di prammatica – geloso. E anche l’Aspromonte grida vendetta per la sua storia e la sua complessità ignorata, relegata alle sporadiche irruzioni quasi didascaliche della comparsa di turno intenta a spiegare al protagonista briciole della storia di quei luoghi. È qui che si rintraccia la mano di Perna, soffocata però in una storia che sembra servire solo da pretesto ad una cartolina-spot di luoghi e bellezze della Calabria.
Ma non bastano i riferimenti all’antichità del santuario di Polsi per «mostrare quello che Polsi è e non quello che si dice che sia», come sostiene don Pino Strangio, che nel film interpreta se stesso. Tanto meno basta bandire la parola `ndrangheta, per cancellare decenni in cui il santuario e i giorni della festa per la Madonna della Montagna, sono stati il principale appuntamento per le `ndrine della regione e non solo. Non basta un happy-end per fare pace con la tragica storia dei sequestri che ha insanguinato la regione, che ancora nasconde i corpi di tanti che non hanno fatto mai ritorno a casa. Non basta una catartica riappacificazione fra i due fratelli per smontare il rosario di luoghi comuni sul “calabrese tipo” di cui il film è imbevuto, ma che non riesce a risolvere. Non bastano i panorami, il verde dei boschi, la luce dei tramonti, non basta l’arida bellezza delle vallate della jonica, per dare uno spaccato di quella che oggi è la Calabria.
«L’interpretazione più bella è quella dell’Aspromonte – ha detto soddisfatto l’assessore provinciale alla legalità, Eduardo Lamberti Castronuovo, intervenendo alla conclusione della proiezione –. Voglio fare i miei complimenti al regista perché ha confezionato un bel biglietto da visita da mandare in giro per il mondo. Siamo l’unico posto in cui si può andare dalla montagna al mare e nel film questo è più che evidente». Ma non era necessario un film con l’ambizione di «smontare i pregiudizi sulla Calabria», per confezionare l’ennesima malriuscita pubblicità.

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