L`interrogatorio di Furchì: «Accusate un innocente»

TORINO Secondo i magistrati la sua camminata claudicante lo incastra. Ma Francesco Furchì – il ragioniere originario di Ricadi accusato di aver sparato ad Alberto Musy – insiste: «Sono innocente, non sono io l`uomo del video». Questo il fulcro della sua difesa davanti al gip di Torino durante l`udienza di convalida del fermo. Ora, al giudice, toccherà valutare se il quadro accusatorio sia consistente.

L`INTERROGATORIO
Furchì ha detto al magistrato di non sapere neppure dove abitasse Musy. E di trovarsi nei pressi della casa del consigliere comunale solo perché impegnato nel trasloco dell`associazione che presiedeva. Un banale appuntamento con gli operai che, secondo la Procura di Torino, sarebbe un alibi costruito apposta per non essere sospettato. Il 50enne ha cercato di dimostrare che non aveva alcun motivo di risentimento nei riguardi di Musy. Uno dei passaggi affrontati nell`interrogatorio riguarda una raccomandazione chiesta proprio alla vittima dell`aggressione, che oggi La Stampa ricostruisce: «Per quanto riguarda la vicenda di Andò (l`ex ministro Salvo, il cui figlio Biagio aveva bisogno di una raccomandazione, ndr) dopo la mancata nomina di Andò io vidi Musy al bar Lavazza, quello rosso, e Musy mi disse soltanto che Andò era un ragazzo giovane che non aveva ancora esperienza e avrebbe avuto tutto il tempo per fare la sua carriera». Furchì parla anche del suo interessamento per Arenaways («mi sono interessato solo perché intendevo estendere i collegamenti ferroviari al Meridione»), fatto che avrebbe un precedente legato ai collegamenti aerei: «Avevo curato la raccolta di 12mila firme per un volo diretto Torino-Lamezia, sono andato da Toto, ad di Airone, per fare questo volo nel 2002… Non volevo royalties, ma ho sempre agito per la mia terra».

NEL PASSATO DI FURCHÌ
Intanto, si scava nel passato di Furchì a Torino: un passato ancora da scrivere per intero. I frammenti della sua biografia raccontano un uomo che viveva (o, quantomeno, ambiva a vivere) al di sopra delle proprie possibilità. Millantava amicizie importanti, si descriveva come il protagonista di delicatissime trattative economiche. Il suo pallino erano le relazioni, e in questo la politica aveva un ruolo centrale. Anche il rapporto con Musy, di cui aveva sostenuto la candidatura a sindaco, aveva come sbocco (auspicato) l`inserimento in ambienti prestigiosi, nei quali intessere rapporti. Voleva cambiare vita, Francesco Furchì: passare da questa situazione ibrida, nella quale – pur riuscendo a mantenersi – non ha neppure un lavoro preciso, a una condizione più agiate. E i contatti, le relazioni, sono l`unica strada che intravede per riuscire nel suo intento.
Le sue millanterie, però, lasciano il tempo che trovano. Musy, che in un primo momento lo accoglie, si accorge presto del bluff e lo allontana.
Furchì prova a far pesare nel suo inconsistente curriculum politico la presidenza dell`associazione “Magna Graecia Millennium”.

IL PROFESSORE NON DISSE NULLA
C`è anche una storia nella storia, quella del professor Pier Giuseppe Monateri, uno dei massimi esperti italiani di Diritto comparato, finito nei brogliacci della Procura di Torino (e anche vicino ad essere accusato di favoreggiamento). Il docente viene intercettato mentre confessa – guardando il video dell`aggressore, ancora anonimo, girato subito dopo l`agguato – i suoi dubbi a un`amica: «Potrebbe essere Furchì». Ma Monateri, quando viene convocato perché aiuti le indagini, non dice nulla. Fino a quando non viene messo alle strette: «Sì, ho pensato che fosse Furchì, ma era solo un sospetto, nulla di più… Per questo non l`ho riferito prima».