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Il Pdl reggino tra pensiero unico e dissidenti

REGGIO CALABRIA Ha fatto in fretta il coordinatore provinciale del Pdl Roy Biasi a dimenticare le preoccupazioni che solo cinque giorni fa denunciava a mezzo stampa, lamentando – risentito – che «c…

Pubblicato il: 03/02/2013 – 18:00
Il Pdl reggino tra pensiero unico e dissidenti

REGGIO CALABRIA Ha fatto in fretta il coordinatore provinciale del Pdl Roy Biasi a dimenticare le preoccupazioni che solo cinque giorni fa denunciava a mezzo stampa, lamentando – risentito – che «come coordinamento provinciale ci saremmo aspettati quantomeno di essere debitamente coinvolti, prima nella formazione delle liste e successivamente nella costituzione dei comitati elettorali. Evidentemente non c`è necessità del nostro apporto». Chiamato a fare da anfitrione nel giorno della presentazione dei candidati “reggini” al Senato e alla Camera, inghiotte mal di pancia e malumori, si rimangia le parole al vetriolo che aveva dedicato agli alfieri reggini della battaglia per i Palazzi romani, e giura e spergiura il suo impegno – «mai messo in discussione» a favore di un Pdl in cui albergherebbero «diverse sensibilità che si ritrovano in un gruppo compatto». Un gruppo in cui però – segnalano gli addetti ai lavori – brilla per assenza il vicepresidente Alessandro Nicolò, grande escluso dalle liste, come dal tavolo degli oratori il giorno della presentazione dei candidati nel “suo” consiglio regionale. Presente ma condannato a una silente e compunta presenza nella retroguardia, Niccolò paga i malumori con un posto da spettatore. Problemi che – allo stato – non sembrano riguardare invece il coordinatore provinciale Biasi, ridotto a più miti consigli e a fare gli onori di casa. Ed è lecito pensare che il governatore abbia trovato la “bella pezza” – e saremmo curiosi di conoscere quale – auspicata a mezzo stampa da Biasi, per convincerlo a presentare come «il fratello siciliano che ha permesso che il governo non passasse manu militari alla sinistra», l’agopuntore messinese Domenico Scilipoti.

IL NOVELLO SARAGAT E IL CAMBIO DI RESIDENZA Numero sei nella lista per il Senato, terzo fra i candidati in quota Reggio, l’ex Idv, fondatore di quel Mir che toglierà le castagne dal fuoco al governo Berlusconi il 14 dicembre 2010, ha trovato casa e posto sicuro nelle liste del Pdl. E non certo – asserisce – per compensare una provvidenziale fulminazione sulla via di Damasco del voto parlamentare. Una scelta fatta – a suo dire – «per tutelare gli interessi degli italiani e contro le crudeli lobby francesi e tedesche». Per Scilipoti «essendo in guerra con Francia e Germania dovevamo essere compatti», dunque sarebbe stato solo «per difendere la patria, schierandomi contro gli interessi del mio partito e al fianco del popolo e della nazione» che lui e Razzi avrebbero prolungato l’agonia del governo Berlusconi. «Nessuno ricorda che la scelta di Scilipoti è la stessa di un signore che si chiama Saragat», afferma convinto l’agopuntore messinese, che al pari del fondatore del Psdi iscrive la sua candidatura nel solco della «lotta ai comunisti». Una battaglia cui si può sacrificare non solo il 40% dello stipendio che in caso di elezione verrà destinato alla Calabria, ma anche la residenza se è vero che – come annunciato – Scilipoti ha intenzione di diventare calabrese anche sui documenti ufficiali.

BANDO ALLE POLEMICHE E SCORDIAMOCI IL PASSATO Saranno stati i sondaggi non felici per il Pdl calabrese o tir di Maalox, fatto sta che il centrodestra calabrese – che più di una volta ha strizzato l’occhio a quelle curve in cui la dirimpettaia Messina è come un drappo rosso di fronte a un toro – serra i ranghi e chiama il suo popolo ad andare «casa per casa» per vincere la battaglia elettorale, dimenticando polemiche e malumori. Fatta eccezione per Nino Foti – che non nasconde «di non essere felicissimo della posizione in lista» ma a cambio di un arduo bis alla Camera promette, «contrariamente a quanto successo durante l’ultimo governo Berlusconi, quando siamo stati costretti a votare la fiducia, di non appoggiare più provvedimenti dannosi per la Calabria» – dai candidati arriva un appello all’unità. Incluso dall’ignaro ex sindaco Demi Arena, che per sua stessa ammissione fa «le battaglie elettorali in maniera inconsapevole da quando avevo dieci anni e mi portavano sotto il palco di Tripodi e Valensise con in mano il tricolore». Una battaglia che per l’ex primo cittadino di Reggio, mandato a casa in anticipo dal Viminale con lo scioglimento per contiguità mafiose del consiglio comunale, equivale a una lotta per la democrazia «perché in Italia c’è un regime autoritario cui hanno contribuito parte della politica e parte della magistratura». Un regime responsabile – a detta di Arena – anche del triste naufragio dell’amministrazione comunale reggina perché «quando hanno avuto la percezione che avevamo trovato il modo di uscire da una situazione complicatissima, hanno agito manu militari e ci hanno condannati». E strappa applausi Arena quando si scaglia contro «quei due balordi che hanno portato in giro le telecamere di Rai3» per mostrare il peggio della città – un riferimento neanche poi troppo velato agli ex consiglieri comunali Massimo Canale e Demetrio Naccari Carlizzi – promettendo al contrario di difendere Reggio dai comodi scranni del Senato.
Una promessa che – a meno di clamorosi ribaltoni delle previsioni di voto – difficilmente Arena, relegato al posto numero sette nelle liste per la Camera alta, riuscirà a mantenere, nonostante si sprechi nell’appassionata difesa di Silvio Berlusconi «interlocutore più credibile nello scenario politico» proprio nel giorno in cui il Cavaliere condanna la gestione della sanità calabrese, da anni saldamente in mano al suo proconsole Scopelliti. Ben più agevole corsa toccherà invece all’assessore Caridi e al fido legale del governatore, Nico D’Ascola, che dopo una dotta dissertazione sulle «gravissime insipienze tecniche legislative» del governo Monti, si riscopre economista, scagliandosi contro la stretta creditizia e la riforma del mercato del lavoro tra gli sguardi perplessi dei relatori.

LA REGGINITA` DI ROSANNA E I PRONOSTICI DI PEPPE Altrettanto perplessi sembrano gli sguardi dei relatori quando a prendere la parola è Rosanna Scopelliti, stellina dell’antimafia passata armi e bagagli al centrodestra bisognoso di alibi – dicono le malelingue. Ed è a soli due posti di distanza da quel coordinatore provinciale che non più tardi di qualche giorno fa si chiedeva il perché della collocazione blindata in lista di «una giovanissima donna nata e cresciuta a Roma, intelligente e preparata, che già si dichiara “indipendente” del Pdl, quale autentica icona antimafia, sicuramente utile per sdoganare e sconfiggere il preconcetto “storico” che la militanza antimafia appartenga solo ai partiti di sinistra», che Rosanna Scopelliti spende buona parte del suo intervento per asserire la sua calabresità, legata ai tempi in cui «ho imparato ad andare in bicicletta senza le rotelle proprio in questi vicoli». Un legame reciso – sostiene la Scopelliti – a causa del barbaro omicidio del padre che l’ha costretta per «importanti motivi di sicurezza» a stare lontana dalla Calabria per anni, ma che proprio in seguito a un altro barbaro omicidio – quello dell’onorevole Fortugno – si sarebbe rinsaldato in nome di un riscoperto impegno. Un lavoro che adesso la Scopelliti è pronta a mettere al servizio del centrodestra che, dice il governatore intervenendo poco dopo di lei, «in questi anni ti ha permesso di lavorare mentre la sinistra ti chiudeva le porte in faccia». Una candidatura a destra che, secondo Peppe Scopelliti, sarebbe all’origine «dell’aggressione vergognosa di cui sei vittima», facendo eco alle parole al vetriolo che la “sua” giovane promessa aveva dedicato ai «preti senza tonaca che infangano il nome di mio padre» (il riferimento potrebbe essere a padre La Diana di “Reggio non tace”).
Aggressioni che a detta del governatore – che annuncia querele nei confronti della candidata di Sel Ida Dominijanni – sarebbero una costante nei confronti del centrodestra da parte di chi non comprende che «quando colpiscono Scopelliti, colpiscono quel 70% di cittadini
calabresi che mi ha dato il consenso». Un consenso che il governatore – a dispetto di sondaggi non proprio felici – crede immutato, tanto da annunciare che «Reggio Calabria corre il rischio di avere tre senatori, D’Ascola, Caridi e Arena e questo sarebbe un atto di giustizia verso questa città». È certo del successo il governatore che smentendo qualsiasi intervento di Verdini e Berlusconi, orgoglioso dichiara «abbiamo deciso di mettere in campo i calabresi per i calabresi». Scilipoti incluso?

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