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In manette tre imprenditori vibonesi

VIBO VALENTIA Tre imprenditori di Vibo Valentia, i fratelli Ivano, Emiliana e Giuseppe Ceravolo, e un commercialista, Sergio Scalise, di Lamezia Terme, sono stati arrestati per bancarotta fraudolen…

Pubblicato il: 14/02/2013 – 9:11
In manette tre imprenditori vibonesi

VIBO VALENTIA Tre imprenditori di Vibo Valentia, i fratelli Ivano, Emiliana e Giuseppe Ceravolo, e un commercialista, Sergio Scalise, di Lamezia Terme, sono stati arrestati per bancarotta fraudolenta dalla guardia di finanza di Vibo che ha sequestrato due società di distribuzione di prodotti ittici surgelati, la Certesca e la Certesca Ceravolo, per un valore di un milione. Secondo l`accusa, gli imprenditori avrebbero distratto beni della società fallita Food Service per creare le nuove.
Dalle indagini condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Vibo Valentia sarebbe emerso che i fratelli Ceravolo, avrebbero spogliato la società Food service di macchinari e di altri beni, avviandola poi al fallimento, decretato nell`aprile 2011. I beni sarebbero stati poi trasferiti a una nuova società, la Cerpesca. In tal modo gli imprenditori sarebbero riusciti a sottrarli ai creditori della Food service avviando una nuova attività. Le due società sequestrate, la Cerpesca e la Cerpesca Ceravolo, sono state realizzate nella zona industriale di Maierato, nel Vibonese. Il valore stimato delle aziende sottoposte a sequestro è di circa un milione di euro.
Le indagini, concentrata sull’ipotesi di distrazione di beni dalla procedura di fallimento – come segnalato dalla sezione fallimentare del Tribunale di Vibo Valentia – hanno permesso di appurare che gli arrestati, attraverso vari artifici economico-contabili e la costituzione di altre società alter ego della fallita, avevano distratto dal patrimonio aziendale beni societari e risorse finanziarie per centinaia di migliaia di euro. Le nuove attività continuavano a operare nello stesso settore e con la medesima struttura aziendale della Food service, la quale “sulla carta” era stata trasferita nell’arco di pochi mesi a due soggetti residenti in Piemonte, ma di fatto continuava a lavorare nel Vibonese con un’altra ragione sociale, al fine di sottrarre disponibilità finanziarie e altre utilità all’apprensione degli organi concorsuali, i quali oltretutto non hanno rinvenuto alcun documento contabile per la ricostruzione del volume d’affari e degli altri fatti societari. Tutti gli escamotage – secondo gli inquirenti – sono stati possibili anche grazie al professionista che ha consentito il fittizio trasferimento di quote societarie.

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