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Tutti i Lo Giudice nei faldoni del caso Rappoccio

REGGIO CALABRIA L`inchiesta sul consigliere regionale del Pri Antonio Rappoccio non risparmia sorprese. I fascicoli dei diversi tronconi dell`indagine, infatti, contengono tutta una serie di docume…

Pubblicato il: 20/02/2013 – 16:14
Tutti i Lo Giudice nei faldoni del caso Rappoccio

REGGIO CALABRIA L`inchiesta sul consigliere regionale del Pri Antonio Rappoccio non risparmia sorprese. I fascicoli dei diversi tronconi dell`indagine, infatti, contengono tutta una serie di documenti, verbali e trascrizioni che consentono di comprendere meglio il sistema messo in piedi da quella che gli inquirenti definiscono la “cricca Rappoccio”.
Ma andiamo con ordine. Innanzitutto occorre rispolverare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice che, seppur ritenute attendibili per altre indagini, non sono mai confluite nel fascicolo di Rappoccio.
«Circa due anni fa – aveva dichiarato il pentito Nino il “Nano” il 14 gennaio 2011– si presentò da me un parente di Rappoccio… un repubblicano e liberale… Si chiama Rappoccio che è salito alle elezioni circa un anno fa. Io sono stato, diciamo, impegnato a raccogliere voti per lui».
Alle richiesta dell`allora procuratore Giuseppe Pignatone di spiegare il motivo del sostegno elettorale a Rappoccio, nel verbale composto da 86 pagine, il collaboratore Lo Giudice spiegava: «Perché un suo zio abita sopra di me, essendo vicino mi ha interpellato se potevo farlo aiutare per farlo salire!».
Una giustificazione evidentemente ritenuta plausibile dagli inquirenti i quali, dopo aver accertato che l`allora presunto boss della `ndrangheta, avrebbe appoggiato il politico indagato «solo per amicizia», non hanno inteso approfondire l`argomento.
D`altronde nelle schede che Rappoccio avrebbe fatto compilare con la lista dei voti che gli erano stati promessi prima delle elezioni, compare anche una famiglia Lo Giudice. In particolare risulta un Luciano Lo Giudice. Le dichiarazioni del “Nano” potrebbero far pensare allora che si tratti di suo fratello Luciano, il presunto boss-imprenditore accusato di essere il mandante delle bombe alla Procura generale e al magistrato Di Landro e del bazooka indirizzato a Pignatone.
Il condizionale è d`obbligo perché negli atti del processo spunta una lettera arrivata sulla scrivania del sostituto procuratore della Dda Antonio De Bernardo e, da questi, trasmessa al procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza.
La lettera, datata 11 giugno 2012, è stata scritta da tale Luciano Lo Giudice. Non il presunto boss ma un poliziotto, omonimo dell`imprenditore finito in manette, il quale ha affermato di essere lui quel Luciano Lo Giudice che compare nelle schede sequestrate a Rappoccio.
«Nel 2010, prima delle elezioni regionali, – è scritto nella lettera – casualmente incontravo un mio conoscente, tale Santo Mandalari il quale approfittando dell`occasione mi chiedeva, qualora non fossi impegnato con altre persone, il voto elettorale per Rappoccio Antonio, non ricordo per quale lista. Non essendomi impegnato con nessuno ed essendo di carattere apolitico, sia io che i miei familiari, considerata la vecchia amicizia con il Mandalari, diedi la mia disponibilità… Successivamente al predetto incontro, il Mandalari mi recapitava personalmente un foglio ove apporre i nominativi dei votanti da me interessati con il relativo numero di seggio e sezione. Io, pur non apprezzando le modalità di quanto richiesto, aderii a quanto sopra in considerazione che non vi era nulla da nascondere considerato che non ho mai avuto bisogno di chiedere favori a nessuno e in particolare non aspiravo a nessun tipo di favore personale».
Quando le schede compilate sono comparse sui giornali, il poliziotto ha riconosciuto i nomi che lui aveva segnalato a Mandalari. «Ribadisco – ha aggiunto – con insistenza che sia io che la mia famiglia non abbiamo nessun tipo di legame (parentale, amicizia, conoscenza o altro) con la cosca Lo Giudice di Reggio. Essendo appartenente alle forze dell`ordine conosco la cosca Lo Giudice solo per i fatti noti alla cronaca reggina».
Ritornando alla “cricca Rappoccio” e ai concorsi fantasma organizzati da alcune cooperative che, in cambio dei voti al consigliere del Pri, avrebbero promesso posti di lavoro inesistenti, il politico arrestato si è detto sempre estraneo al presunto sistema. Nel corso dell`interrogatorio di garanzia, infatti, aveva preso le distanze dalle cooperative coinvolte nell`inchiesta: Alicante, Sud Energia e Iride Solare. Eppure nel fascicolo del processo c`è un verbale del notaio Salvatore Federico, sentito a sommarie informazioni, che aveva redatto l`atto di costituzione della società Iride Solare. «A tutta questa vicenda – ha dichiarato il notaio alla sezione di pg della guardia di finanza – appariva molto interessato il consigliere Rappoccio, poiché è stato lui il tramite. La sua era una situazione di presenza, poiché presente durante la stipula dell`atto costitutivo, ed in tale occasione mi presentò l compagine societaria della Iride. Allo stesso chiedevo, per pura curiosità, il progetto imprenditoriale di tale società, al quale rieriva che si trattava di uno stabilimento nel settore fotovoltaico, con la possibilità dell`assunzione di numerose persone. L`ultima occasione ufficiale nel quale ho incontrato Rappoccio fu quando alla fine del 2010, inizio 2011, si rivolse allo studio per una compravendita di un mutuo, poi stipulate il 3 febbraio 2011. Non escludo che il consigliere si sia presentato in data antecedente alla stipula dell`atto costitutivo».

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