A quasi una settimana dal voto, è importante provare a fare un’analisi il più possibile asettica e lucida di quanto accaduto in Italia e in particolare nella nostra città. Le urne ci consegnano una geografia politica del Paese molto complessa che sancisce la crisi, forse irreversibile, dei partiti così come tradizionalmente intesi.
In questo quadro istituzionale, ancora molto complesso, l’unico vero vincitore è senza dubbio Il Movimento 5 Stelle. Il consenso del movimento può sorprendere, forse, nelle proporzioni ma non può continuare a essere etichettato soltanto come un voto di “protesta”. Non possiamo più permettercelo, salvo osservare che, se di protesta si tratta, è una protesta nei confronti di un sistema partitico evidentemente lontano anni luce dalla realtà, con una scarsa conoscenza dei problemi della società e della gente. Adesso il M5S, è una realtà non solo popolare ma anche istituzionale. Differenza non da poco. Sta ai neoparlamentari dimostrare la capacità di essere forza di governo e non solo di protesta e rottura con il recente passato.
Il mio partito, il Partito democratico, non vince. Se è vero, infatti, che in Calabria la forbice di distacco col Pdl si riduce, bisogna avere l’onestà intellettuale di aggiungere che ciò accade per il semplice fatto che il centrodestra perde più voti del centrosinistra. I numeri sono freddi e dicono che entrambi partiti arretrano, parecchio. Adesso il Pd deve avere coraggio. Il coraggio di cambiare rotta e avviare quel concreto percorso di rinnovamento e innovazione che parte, inevitabilmente, dai congressi. Queste elezioni insegnano, qualora ce ne fosse stato bisogno, che il territorio è fondamentale. Se pensiamo che sia soltanto una parola da tirar fuori nelle occasioni che lo richiedono, continueremo a perdere. Il territorio è fatto di persone che hanno bisogno di essere ascoltate, stimolate, scosse, entusiasmate se si vuole meritarne la fiducia. Per il PD è l’ultima chiamata.
Se Atene piange, Sparta non ride. O meglio, non dovrebbe ridere. Fatico a comprendere i festeggiamenti del Pdl nel momento in cui Scopelliti e soci perdono più del 50% dei consensi rispetto alle precedenti elezioni. Se il Pdl calabrese non avesse perso in totale oltre 215 mila voti, il centrodestra avrebbe vinto le elezioni. Anche in questo caso i numeri sono freddi e non lasciano spazio ad altre interpretazioni. Ma soprattutto non capisco le ragioni che portano a stappare bottiglie di champagne in una città in ginocchio, sommersa dai debiti che stanno pagando i cittadini, con un’economia ferma, un terzo settore paralizzato; una città senza servizi, con l’incognita legata alle società miste, le scuole elementari che chiudono e gli asili nido che non aprono.
Io non festeggio se il futuro della mia città è a serio rischio.
Bisogna ripartire, all’indomani del voto, dall’analisi di questi problemi. Serve una presa di coscienza popolare e sociale dalla quale scaturisca una proposta concretamente alternativa. Il “domani” di Reggio passa soprattutto da questo.
*Dirigente Pd Reggio Calabria
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