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METROPOLIS | Joint venture tra `ndrine e imprenditori spagnoli

REGGIO CALABRIA Da Catanzaro Lido a Reggio Calabria, tutti i villaggi turistici, i complessi residenziali estivi, gli appartamenti erano in mano ai clan: l’indagine “Metropolis”, coordinata dal pro…

Pubblicato il: 05/03/2013 – 13:44
METROPOLIS | Joint venture tra `ndrine e imprenditori spagnoli

REGGIO CALABRIA Da Catanzaro Lido a Reggio Calabria, tutti i villaggi turistici, i complessi residenziali estivi, gli appartamenti erano in mano ai clan: l’indagine “Metropolis”, coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, assieme ai sostituti Rossana Miranda, oggi trasferita a Napoli, e Paolo Sirleo, ha svelato come le cosche Morabito e Aquino – due famiglie dell’elite della `ndrangheta del mandamento jonico – dal 2005 ad oggi si siano assicurate la gestione, il controllo e la realizzazione di decine di importanti e noti complessi immobiliari turistico-residenziali, ubicati nelle più belle aree balneari della Regione Calabria.
Un’area distrutta da una cementificazione selvaggia che – in barba a norme urbanistiche e di tutela ambientale, aggirate grazie a tecnici comunali compiacenti come Francesco Sculli, padre dell’ex under 21 Giuseppe e genero del boss Peppe “Tiradritto” oggi in manette – ha coperto di case, ville e piscine l’intera costa jonica. «Nel corso delle indagini ci siamo resi conto che esisteva una vera e propria spartizione geografica: da Reggio a Siderno comandavano i Morabito, da lì fino a Catanzaro, era tutto in mano agli Aquino», ha detto il procuratore aggiunto Nicola Gratteri. Una spartizione chiaramente evidenziata anche dalla divisione delle quote della società “BellaCalabria”, uno dei terminali economici e finanziari utilizzato dai clan, finite per il 50% in mano a un prestanome degli Aquino e per il 50% a una testa di legno dei Morabito. «Una sintesi perfetta e palese dell’affare fra le due famiglie», per il tenente colonnello Domenico Napolitano, comandante del Nucleo tributario della guardia di finanza.
E sono numeri da capogiro quelli del business messo in piedi dai due clan: 17 villaggi turistici, 1343 unità immobiliari, 12 società, tutti beni di un valore pari a 450 milioni di euro oggi finiti sotto sequestro. Un affare dai volumi impensabili se paragonato alla miseria imperante nell’area jonica – precipitata in fondo a tutte le classifiche di vivibilità e reddito – ma che le cosche non gestivano da sole.
Soci in affari di Rocco Morabito, figlio del boss “Tiradritto” (finito in manette nel blitz di oggi) e Rocco Aquino, rispettivamente al vertice dell’omonimo clan, erano infatti non solo una pletora di imprenditori spagnoli che nel corso delle conversazioni intercettate – ha riferito oggi il maggiore Ferdinando Mazzacuva – «definivano la Calabria il nuovo Eldorado», in cui investire senza avere problemi, ma anche un oscuro personaggio gravitante attorno all’Ira e al partito del Sinn Fein, Henry James Fitzsimons, attualmente latitante.
Già condannato a 8 anni per un attentato dinamitardo, Fitzsimons ha detto il procuratore aggiunto Gratteri: «È l’uomo delegato dall’Ira a reinvestire i proventi dell’attività criminosa e di autofinanziamento dell’Ira. Lo avevano fatto già in Portogallo e in Spagna, quindi hanno iniziato a farlo in Italia».
A mettere in contatto l’ex terrorista con gli `ndranghetisti del mandamento jonico sarebbe stato un noto imprenditore campano, Antonio Velardo, a differenza del socio finito in manette. Insieme sarebbero quindi entrati in quella che – a detta degli inquirenti – si configura come una vera e propria joint venture internazionale tra uomini delle `ndrine e imprenditori spagnoli, che ha dato vita a un articolato intreccio di società, italiane e straniere, finalizzato alla realizzazione di complessi immobiliari destinati al settore turistico-residenziale.
Una galassia con un chiaro centro decisionale, ubicato nel mandamento jonico e riferibile alle famiglie d’elite della ndrangheta della zona – i Morabito e gli Aquino – ma che si avvaleva dell’insostituibile contributo dello studio legale Giambrone e Law – con sede a Palermo e Londra, in queste ore passato al setaccio dagli uomini della Finanza – per movimentare quelli che gli stessi Velardo e Fitzsimons definiscono nel corso di una conversazione intercettata «movimenti psicopatici di denaro», ha sottolineato il procuratore capo facente funzioni Ottavio Sferlazza. Un flusso infinito di capitali che triangolavano fra il Nord Europa, la Spagna e la Calabria e solo grazie ad un errore tecnico che ha portato al fallimento della società schermo italiana è stato possibile ricostruire.
Un’indagine finanziaria che gli uomini del Gico e del Nucleo di polizia tributaria di Reggio Calabria, assieme a quelli del Gruppo di Locri della guardia di finanza, hanno ricostruito passo passo anche grazie al supporto del nucleo investigativo d’elite delle fiamme gialle, lo Scico, il cui vicecomandante Giuseppe Pisano – presente oggi a Reggio Calabria – ha affermato «quest’indagine conferma la strategia che il Comando generale persegue da tempo: l’aggressione ai patrimoni mafiosi è l’unico mezzo per disarticolare i clan e garantire la democrazia. In un periodo di profonda crisi economica e difficoltà di accesso al credito, l’ingresso dell’impresa mafiosa con la sua enorme liquidità è infatti destabilizzante per l’economia».
Ma soprattutto – ha affermato Gratteri – l’operazione Metropolis «è la dimostrazione di quello che per anni abbiamo detto sottovoce, perché non avevamo le prove per dimostrarlo: i proventi del traffico di cocaina sono andati a finire nei centri turistici che per anni sono sorti come funghi sulla costa jonica».
A mettere gli inquirenti sulle tracce del business milionario che le famiglie Aquino e Morabito avevano messo in piedi per ripulire gli enormi flussi di denaro proveniente dal traffico di “bianca”, è stato un controllo occasionale su un’auto proveniente dall’Albania effettuato da due finanzieri di Bari. A bordo non solo c’erano quattro soggetti di San Luca, già noti alle forze dell’ordine, ma soprattutto le planimetrie del complesso turistico-alberghiero “Gioiello del mare”, riconducibile alla Metropolis 2007 srl, una delle società oggi sequestrate.
Un particolare che ha acceso l’interesse investigativo degli inquirenti che per anni hanno battuto la pista dell’edilizia turistica e residenziale fino a scoprire la rete tessuta attorno a sé da Rocco Morabito, figlio del boss Peppe Tiradritto. «Un personaggio che ci ha stupito, perché ne conoscevamo solo l’aspetto meramente criminale e invece si è dimostrato una testa pensante, l’astro nascente della famiglia, in possesso di un’enorme padronanza dei meccanismi economici e finanziari che regolano il mercato».
Un tycoon criminale, capace di tessere attorno a una fitta rete di interessi, operazioni e affari che garantivano ai clan il mantenimento del consenso, grazie all’utilizzo di manodopera locale per le costruzioni, ma soprattutto lauti guadagni grazie ai compratori stranieri di ville e appartamenti con cui è stata distrutta la costa jonica.
Una figura che probabilmente sintetizza al meglio il significato di questa indagine, prova evidente di una `ndrangheta non solo capace di proiettarsi sul piano internazionale, ma in grado di evolvere e  giocare un ruolo sempre diverso e al passo con i tempi e con i mercati. E per questo sempre più pericolosa.

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