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METROPOLIS | Strangio spiega il "sistema Calabria"

REGGIO CALABRIA “Sistema Calabria”: così Fausto Ottavio Strangio, uno dei prestanome del clan Morabito, che insieme agli Aquino ha costruito la galassia di società che ha cementificato la costa jon…

Pubblicato il: 05/03/2013 – 18:06
METROPOLIS | Strangio spiega il "sistema Calabria"

REGGIO CALABRIA “Sistema Calabria”: così Fausto Ottavio Strangio, uno dei prestanome del clan Morabito, che insieme agli Aquino ha costruito la galassia di società che ha cementificato la costa jonica, definiva quel metodo che ha permesso alle ndrine di riciclare fiumi di denaro nel settore dell’edilizia turistico-residenziale.
Un sistema basato su una galassia di strutture societarie estere e italiane, necessarie per occultare le famiglie dell’elite della ndrangheta del mandamento jonico, vere beneficiarie dell’operazione –  e su una struttura internazionale di collocazione degli immobili, ma soprattutto – scrive il gip Massimo Minniti – «sulla disponibilità  delle organizzazioni criminali operanti sul territorio, le quali, non solo favoriscono tali investimenti immobiliari, ma, come è stato accertato in diversi casi, partecipano attivamente alla loro realizzazione anche attraverso l’interposizione fittizia di altri soggetti».
E la partecipazione dei clan alla realizzazione di un progetto ha un significato chiaro anche per gli investitori stranieri che della ndrangheta hanno – nella migliore delle ipotesi – solo sentito parlare: garanzia di ingenti ritorni economici  uniti ad una «facilità d’azione per la concretizzazione dei fini, attesa la capacità dell’organizzazione criminale del luogo di accomodare e risolvere qualsiasi tipo di ‘problema’, non ultimo – si legge nelle carte – quello costituito da limiti legali connessi al regime di edificabilità dei suoli ed ostacoli burocratici».
Con le ndrine come socie e alleate, non c’è vincolo paesaggistico che tenga, destinazione d’uso che non possa essere aggirata, normativa che non possa essere demolita. Era questo  – di fatto – il ruolo di Francesco Sculli, papà del fino ad oggi ben più noto attaccante dell’under 21, oggi finito al Pescara, Giuseppe. Era lui, in qualità di responsabile dell’Ufficio Tecnico di Bruzzano Zeffirio ad addomesticare le pratiche necessarie per rendere edificabile tutto quello che il boss Morabito desiderasse.
Del resto, Sculli era uno di famiglia. Sposato a Caterina, figlia del Tiradritto e cognato di Rocco, vero regista dell’operazione,  per gli inquirenti, Francesco Sculli è sempre stato un uomo a disposizione del clan. È stato lui a coinvolgere la sorella Maria Rosa nell’operazione di vendita dei terreni su cui la Metropolis 2007 – una delle aziende della galassia Morabito – Aquino – avrebbe in seguito costruito i complessi immobiliari. Ma soprattutto è stato lui a far sì che l’operazione avvenisse senza alcun intoppo, quanto meno dal punto di vista legale. Non a caso, tutte le richieste di permesso di costruire presentate dalla Metropolis 2007 passavano dal suo ufficio.
Istruttorie lampo, risolte in pochissimi, se non in un unico giorno. È quello che succede nel dicembre 2007 per i due permessi rilasciati per la costruzione di 58 unità abitative a Bruzzano Zeffirio (Rc), località Marinella, destinate alla realizzazione del complesso Palm View. Nel primo caso, l’autorizzazione alla costruzione di 48 unità abitative, su terreni originariamente destinati a uso seminativo o a pascolo, arriva in poco meno di ventiquattr’ore. Qualche giorno dopo,  il 17 dicembre 2007, una seconda autorizzazione alla  costruzione di 16 unità abitative, viene concessa in meno di cinque giorni. Con due timbri e qualche firma terreni agricoli – ufficialmente di proprietà di un congiunto del funzionario che firma quelle pratiche –  diventano edificabili e in riva al mare è possibile una nuova colata di cemento, decisa con un’istruttoria lampo.
Tempi più che svizzeri e assolutamente inverosimili – e non solo in Calabria, divenuta monumento all’inefficienza amministrativa – che lo stesso gip Minniti sottolinea nell’ordinanza di custodia cautelare con cui ha spedito il novello tycoon Rocco Morabito e i suoi sodali italiani e stranieri dietro le sbarre.  Per il magistrato, le richieste sono infatti  «caratterizzate da un’istruttoria carente, se non meramente apparente e quindi di fatto inesistente». Un’affermazione che si sostiene su un dato che lo stesso gip cita: «Sculli ha confezionato note del tutto stringate ed ictu oculi evasive ed elusive dell’obbligo di motivazione, peraltro redatte, a conferma di quanto testè detto, lo stesso giorno della presentazione delle domande. A conferma di quanto sopra, muove anche la circostanza per cui è oggettivamente non plausibile che – in appena un sol giorno – un progetto così complesso possa essere stato compiutamente esaminato e valutato, atteso che, proprio la vastità dell’intervento avrebbe preteso ed implicato uno studio ed una verifica accurati quanto, per esempio, al rispetto delle destinazioni d’uso, al calcolo degli indici di fabbricabilità (gli interventi riguardavano rispettivamente 42 e 16 unità abitative)».
Una celerità che per gli inquirenti è possibile spiegare solo in un senso: nonostante la Metropolis 2007, titolare dei permessi a costruire del complesso immobiliare Palm View, fosse formalmente intestata a Sebastiano Vottari e Fausto Sisto Strangio e la Cagimm, impresa incaricata della costruzione, fosse sulla carta di Giuseppe Carrozza e Daniele Scipione, si tratta di realtà imprenditoriali tutte riconducibili a Rocco Morabito. E Sculli – che di Morabito è cognato – non ha fatto altro che tutelare gli interessi di famiglia. E non solo dalle stanze dell’ufficio tecnico comunale.
In barba alla sua funzione pubblica, il direttore dell’Ufficio tecnico si è anche interessato direttamente della costruzione del complesso Palm View e di risolvere in prima persona i problemi che questo potesse causare. È infatti in veste di “rappresentante” della Metropolis 2007 e7o della Cagimm, che si presenta ad un incontro chiarificatore con i condomini di contrada “Marinella”, quando il crollo di un muro di contenimento fa insorgere i futuri vicini del complesso residenziale extralusso, che il clan Morabito  vorrebbe costruire. Alla successiva riunione “chiarificatrice” fra la ditta e il vicinato,  è Sculli a rappresentare la “ditta”- sottolinea il gip  – «venendo meno al dovere di imparzialità che il proprio ruolo di dipendente pubblico gli avrebbe necessariamente imposto». Una presenza  almeno formalmente  inspiegabile – si legge nelle carte –  perché  «non risulta aver rivestito, alcuna carica sociale, né aver detenuto partecipazioni, in seno alla Metropolis 2007  né nella Cagimm».
E al Comune di Bruzzano Zeffirio, Sculli non è il solo a lavorare alla riuscita dell’investimento. A disposizione dei clan c’è anche Angelo Giannotta, messo comunale e genero di Sculli. Sarà lui ad avvertire dell’interessamento dell’Anas per il cantiere della Palm View, Daniele Scipione  che formalmente non riveste alcuna carica sociale né tanto meno detiene partecipazioni nella Metropolis, ma  risulta essere solo titolare di una quota nella società  incaricata di effettuare i lavori. Agitatissimo, Giannotta chiama Scipione comunicandogli l’arrivo in Comune di una missiva con cui la società responsabile di strade e autostrade italiane chiede lumi e documentazione – licenza edilizia, autorizzazione, etc –   sul complesso immobiliare in costruzione.
Ma nonostante l’avvertimento, il controllo avrà esito infausto per i Morabito, perché porterà al blocco del cantiere a causa dell’eccessiva vicinanza dei futuri appartamenti alla strada. Una doppia grana per Scipione, che parlando con un non meglio identificato Ciccio, spiegherà di aver dovuto non solo affrontare le ire di don Rocco Morabito, ma anche di essere obbligato a «risolvere il problema». In proposito «tale geometra Fiorenza» (allo stato n.m.i.) – si legge nelle carte –  si sarebbe proposto, per sbloccare i lavori, dietro elargizione di somme». Una nuova elargizione – si lamenta Scipione che intercettato si lagna di essere «costretto a pagare a tutti, … Finanza e Carabinieri».

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