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I conti di Reggio, Consiglio: dal 2002 al 2010 crollo verticale

REGGIO CALABRIA Sotto il sole di mezzogiorno, sull’erba sintetica di Piazza Italia, sono rimasti solo i cartelli dei lavoratori della Reges in mobilitazione, in rete circolano già i comunicati invi…

Pubblicato il: 07/03/2013 – 16:38
I conti di Reggio, Consiglio: dal 2002 al 2010 crollo verticale

REGGIO CALABRIA Sotto il sole di mezzogiorno, sull’erba sintetica di Piazza Italia, sono rimasti solo i cartelli dei lavoratori della Reges in mobilitazione, in rete circolano già i comunicati inviperiti di Confcommercio per l’aumento delle imposte, mentre i lavoratori di Multiservizi si preparano all’ennesimo incontro, fissato per domani, con la triade commissariale. Ma Vincenzo Panico, Giuseppe Castaldo e Dante Piazza, i tre commissari che dal giorno dello scioglimento per contiguità mafiosa del Comune di Reggio Calabria guidano Palazzo San Giorgio, l’unica risposta che hanno da dare è quella contenuta nel piano di rientro presentato qualche giorno fa e oggi al vaglio di ministero dell’Interno e Corte dei Conti.
Un piano decennale, inevitabilmente promessa di lacrime e sangue per gli anni a venire. Il disavanzo da ripianare, calcolato dai commissari è di 110.918.040,99 € (al netto del risultato positivo della gestione di competenza anno 2012), in più ci sono 11, 3 milioni di  debiti fuori bilancio, circa 800mila euro di passività pregresse e più di un milione di debiti relativi agli interventi finanziati con il cosiddetto decreto Reggio, per un totale lordo di 124.144.849,41 euro.
Un conto salato, cui i commissari sono pervenuti in seguito all’analisi rigorosa degli ultimi dieci anni di gestione, spulciando punto per punto i bilanci presentati nel corso del tempo. E se formalmente – come già l’inchiesta della Procura reggina aveva messo in luce – i risultati di amministrazione dal 2002 al 2009 non presentano segnali di squilibrio, è nel bienni 2010-2011 che il banco comincia a saltare. «Il problema strutturale dell’Ente – afferma il dottor Consiglio, il tecnico che supporta la triade commissariale nell’analisi tecnica dei conti di Palazzo San Giorgio – è lo squilibrio di cassa che ha avuto un andamento decrescente: fatta eccezione per il 2005, quando c’è stata un’operazione di swap che ha fatto salire gli indici – dal 2002 al 2010 c’è un crollo verticale». Anticipazioni, quelle chieste alla tesoreria, per nulla gratuite – sono costate al Comune più di 330mila euro di interessi passivi – e che avrebbero dovuto essere messe in bilancio l’anno successivo, cosa non sempre accaduta e che gravano sui conti in rosso di Palazzo s. Giorgio. Non peserebbe invece sui bilanci il debito di 80 milioni di euro, da più parti segnalato, che l’Ente avrebbe con la Regione. «Una relazione redatta da una parte terza, la Sorical, attesta al contrario che è il Comune ad avere 11 milioni di crediti – ormai prescritti – con la Regione», ha detto Consiglio.
Una buona notizia per la città che deve fare i conti con un bilancio in profondo rosso su cui hanno pesato – snocciola la triade – la scarsa capacità di riscossione delle entrate proprie, la non ricostituzione dei fondi a specifica destinazione, gli elevati costi di gestione dei servizi erogati attraverso le società partecipate e le numerose pratiche di contenzioso, così come  lo squilibrio della gestione dei residui. Proprio su quest’ultimo punto gli uomini mandati dal Viminale a gestire il commissariamento di Reggio si sarebbero concentrati, stornando 69 milioni di euro di crediti inesigibili messi a bilancio.
Brutte notizie potrebbero arrivare invece dai fondi del Decreto Reggio. Lo sblocco delle erogazioni previste dal provvedimento che, dall’89 ad oggi, ha garantito finanziamenti extra alla città dello Stretto è stato immaginato dai commissari come misura per addolcire le misure imposte da una manovra draconiana e in tal senso sono state già avviate trattative con il Ministero competente perché già a partire dal 2013 – a severissime condizioni che impongano il rispetto di tempi e procedure di collaudo delle opere – tornino a essere erogate le somme previste, discorso a parte va fatto per i finanziamenti che in teoria sarebbero già arrivati a Reggio. “Somme significative, si parla di 36 milioni di euro – ha ammesso Piazza – sui quali c’è il ragionevole dubbio che siano stati utilizzati per altre cose”. Ma soprattutto fondi che sono confluiti nella contabilità stessa dell’Ente, alterandola ulteriormente. Un’ipotesi che potrebbe far crescere ancora il disavanzo certificato e che i commissari stanno cercando di approfondire.  
Operazioni contabili complesse, necessarie per arrivare a quei 123 milioni di disavanzo che per la triade sono l’obiettivo da raggiungere per rimettere in piedi il Comune.  Una cifra enorme che adesso – stando al piano di rientro presentato dai commissari –  toccherà alla comunità ripagare. «Si tratta di un piano impegnativo, basato  che però con l’impegno continuato nel tempo può portare ai risultati. Si basa sul fondo di rotazione – 40 milioni di euro che arriveranno in prestito e andranno restituiti – ma anche di un piano programmato di interventi». In sintesi, o ci si rimbocca le maniche o Reggio va a fondo.  Anche perché – e su questo i commissari sono stati più che chiari – è inutile sperare in interventi dall’alto. «Non siamo il Comune di Catania, che ha avuto ripianato tutto, né avremo i fondi che ha ricevuto Napoli, non ci sono più le condizioni per questo tipo di interventi. Reggio Calabria è in una posizione ottima per andare avanti con risorse proprie», ha voluto sottolineare Piazza.
Eppure le misure previste dal Piano di riequilibrio non fanno sorridere una città già piegata da mille emergenze. Nonostante i commissari abbiano detto che si farà di tutto per ridurre tariffe e aliquote schizzate al massimo per ogni settore, il malumore della gente cresce. E questo non è che l’antipasto di un piano di tagli durissimo. Se è vero che l’obiettivo numero uno sarà abbattere l’evasione fiscale, ampliando così la base contributiva, risultati ben più immediati ci si attende dalla riduzione della spesa di parte corrente. Traduzione, a pagare saranno i dipendenti pubblici, attraverso l’eliminazione dei fondi di finanziamento della retribuzione accessoria del personale dirigente e quello del comparto. Un settore che a breve sarà anche riorganizzato all’insegna dell’efficacia e dell’efficienza, con l’eliminazione di 8 dei 19 strutture e la contestuale istituzioni delle posizioni “organizzative” tra il personale, per «evitare la parcellizzazione inutile delle attività in tanti settori», ha detto Castaldo.
All’insegna della riduzione dei costi di gestione, novità dovrebbero arrivare anche sul fronte delle partecipate. Se per Leonia – dopo lo scioglimento di fatto, previsto a seguito di interdittiva antimafia – si apre il fronte della costituzione di una nuova società, per Multiservizi, dopo il fallimento del piano proposto dalla triade, la partita è ancora aperta. «Ci sono dei passaggi obbligati, previsti dalla legge, che passano o dall’alienazione delle quote o dalla liquidazione. Stiamo chiedendo alla Consip (ndr. Autorità di garanzia nelle pubbliche forniture) assistenza sugli appalti da assegnare in futuro, ma in ogni caso per noi rimane come requisito essenziale il mantenimento dei livelli occupazionali». Rassicurazioni che non sembrano confortare i lavoratori della Reges, della Multiservizi e delle altre società miste, da tempo in mobilitazione. Tanto meno, con i conti in rosso e un piano di rientro ancora al vaglio delle autorità di controllo, Palazzo San Giorgio sembra in grado di dare concrete certezze al riguardo, eppure, ribadisce Castaldo, invitando a non generare allarme sociale, «per noi la salvaguardia dei posti di lavoro è una priorità».
Particolare attenzione è prevista infine sul fronte della riduzione dell’indebitamento: «Il 50% dei debiti – spiegano i commissari – sono riconducibili ai “grandi debitori”, che hanno concesso al Comune una rateizzazione per l`appianamento delle somme in dieci o quindici anni, dei quali il primo sarà finanziato con parte del piano di reintegro. I debiti minori, pari a 120 milioni da versare a piccoli creditori, saranno ripianati nel giro di cinque anni».
Nel frat
tempo, si cerca di tamponare l’emergenza: oggi è stato effettuato l’ultimo pagamento necessario perché la Bentini, titolare dell’appalto per il nuovo Palazzo di Giustizia, riprenda i lavori e a fine marzo potrebbe ripartire il tapis roulant. Ma il 2023 è lontano, mentre i commissari andranno via fra meno di un anno. Nell’ipotesi che venga approvato dal Ministero e dalla Corte dei conti, toccherà alla classe dirigente cittadina portare a compimento un progetto  che sulla carta dovrebbe riportare i pari i dissestati conti di palazzo San Giorgio, ma promette di colpire nella carne viva l’intera città.

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