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I documenti su Cisterna nel processo alla cosca Lo Giudice

REGGIO CALABRIA Un processo in contumacia all`ex viceprocuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna. È questa la sensazione che si è avuta nel corso dell`udienza del processo alla cosca Lo Giudic…

Pubblicato il: 12/03/2013 – 19:22
I documenti su Cisterna nel processo alla cosca Lo Giudice

REGGIO CALABRIA Un processo in contumacia all`ex viceprocuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna. È questa la sensazione che si è avuta nel corso dell`udienza del processo alla cosca Lo Giudice che si è celebrata oggi nell`aula bunker di Reggio Calabria.
L`anomalia, però, è che Alberto Cisterna non è imputato nel processo. Eppure, delle oltre sei ore di interrogatorio dell`ispettore Luigi Bottari, almeno 5 ore e mezzo sono state dedicate ai presunti rapporti tra Luciano Lo Giudice e il magistrato reggino per il quale nei mesi scorsi è stata archiviata l`inchiesta della Direzione distrettuale antimafia.
In particolare, il testimone dell`accusa ha riferito circa il contenuto della famosa informativa del 25 luglio 2011 oggetto, tra l`altro, di un`altra indagine nata in seguito a un esposto di Cisterna che aveva denunciato alcune omissioni da parte della squadra mobile.
Ma andiamo con ordine. Rispondendo alle domande del pubblico ministero Beatrice Ronchi (da tempo trasferita a Bologna ma applicata da quasi un anno alla procura di Reggio per seguire i processi sulla cosca Lo Giudice), l`ispettore Bottari ha riferito in aula in merito alle rubriche telefoniche e alle agendine cartacee trovate nell`abitazione e nella cella di Luciano Lo Giudice il quale, stando alla ricostruzione del testimone, avrebbe avuto rapporti con Cisterna e con il colonnello Michele Ferlito, in passato in servizio al Sismi.
«A entrambi – ha affermato il testimone – Luciano Lo Giudice aveva dato il nomignolo di “avvocato di Roma”. Bisogna però fare una distinzione, perché prima dell`arresto il nomignolo era stato affibbiato a Ferlito e dopo l`arresto il riferimento è al dottore Cisterna».
Nel corso della deposizione, il teste ha spiegato i riferimenti, fatti dagli imputati nel corso delle intercettazioni e dei colloqui in carcere, al libro del consulente Gioacchino Genchi dal quale sono state estrapolate alcune pagine che il pm Ronchi ha fatto inserire nel fascicolo del processo.
«La Procura di Reggio – ha raccontato l`ispettore – aveva chiesto alla Procura di Catanzaro le consulenze di Genchi sul dottore Alberto Cisterna. In seguito Genchi ha consegnato alla Procura di Reggio i tabulati telefonici che stavano nel procedimento 12017/05».
Il teste, inoltre, ha ribadito tutti i contatti telefonici tra il magistrato, l`imputato e il colonnello Ferlito finalizzati all`arresto del boss Pasquale Condello detto il “Supremo”: «L`attività di confidente di Lo Giudice per la cattura di Condello non ha portato a nessun risultato».
A proposito, a riscontro delle dichiarazioni del collaboratore Nino Lo Giudice circa i rapporti tra suo fratello e Cisterna, la squadra mobile avrebbe verificato che, all`epoca delle confidenze, erano state eseguite effettivamente delle perquisizioni in città.
Poco importa, però, se quelle perquisizioni erano supportate da decreti emessi nell`ambito delle indagini per la cattura di altri latitanti di allora come Michele Labate e Carmelo Barbaro.
Il Tribunale ha accolto la richiesta del pm Ronchi di sospendere i termini di custodia cautelare in carcere (che sarebbero scaduti tra pochi mesi) e ha disposto la deposizione del perito Daniele Maesano che dovrà riferire sulla trascrizione di un`intercettazione in carcere in cui Lo Giudice aveva dato indicazioni ai familiari di avvicinare il magistrato. Tra la trascrizione effettuata dalla Mobile e quella del perito nominato dal Tribunale, infatti, ci sarebbero delle divergenze che stravolgerebbero il senso delle frasi pronunciate dal presunto boss.
Su richiesta del pubblico ministero, il Tribunale ha acquisito i tabulati telefonici di Lo Giudice e Cisterna. La vita del magistrato, in questi anni, è stata passata al setaccio. Ecco quindi che il pm Ronchi ha depositato anche la lista degli imbarchi negli aeroporti effettuati dall`ex vice procuratore della Dna. Tutti atti che non sono stati sufficienti a processare il numero due della Dna ma che, evidentemente, il pm ritiene utile rendere pubblici depositandoli nel fascicolo del procedimento penale.
L`udienza si è chiusa con le dichiarazioni spontanee di Luciano Lo Giudice. «I miei rapporti con il dottore Cisterna sono stati sempre leciti, telefonate di auguri, cose così – ha affermato l`imputato –. Non ho fatto qualcosa di sbagliato e non mi pento di nulla, di avere avuto a che fare con lui. Per quanto riguarda l`intercettazione in cui dico “è colpa sua”, non è cosi. È colpa sua nel senso che se io non accusavo Cisterna a me non mi facevano uscire. E infatti dopo 3 anni e mezzo ancora sono arrestato perché non ho accusato il dottore Cisterna. Questo è il fatto. Il collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice dice cose che non sa. Dei miei rapporti con il dottore Cisterna lui non sa niente. Accusa il dottore Cisterna di cose che non esistono. Io non so come fa questo a sapere cose che, a parte me e il dottore Cisterna, nessuno sa. Il dottore Cisterna è stato indagato per reati che non ha fatto. Non penso di avere commesso un reato se mi sono rivolto al dottore Cisterna per far guarire mio fratello Maurizio che era collaboratore. Ci sono tante cose che Nino Lo Giudice non poteva sapere. Cose che poteva sapere solo chi mi intercettava. Ci sono tanti misteri che mi riservo di fare sapere al Tribunale. Il 22 novembre, come ha fatto Cortese, l`ex capo della squadra Mobile, a venire a Rebbibia a dirmi che mi ammazzano, che i miei amici mi hanno abbandonato, di accusare i dottori Cisterna, Mollace e Macrì, di cambiare vita, che io avevo fatto un patto per fare arrestare Condello. Tutte queste cose, signor presidente, le ha ricordate il collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice, ma dopo il 22 novembre. Io già il 22 novembre ero a conoscenza di tutte queste cose e gli avevo detto al dottore Cortese che qualsiasi cosa voleva sapere di recarsi alla Direzione nazionale antimafia, che da me non avrebbe avuto nemmeno una parola perché io non accuso i magistrati che non hanno fatto niente di male».

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