Catanzaro diventerà la città più sicura d`Europa, ma a che prezzo? È questa la domanda che in molti iniziano a farsi dopo la delibera di giunta che ha approvato il progetto “Safe City” della società israeliana Bunkersec. Settecento telecamere vigileranno giorno e notte sulla sicurezza dei catanzaresi, i tre colli insomma rischiano di trasformarsi in una sorta di “grande fratello” all`aperto.
IL PRIMO ATTO Lo scorso agosto era passata quasi sotto silenzio la notizia dell`atto di indirizzo firmato dalla giunta di Sergio Abramo. L`esecutivo, considerando che «negli ultimi periodi la città di Catanzaro ha registrato diversi episodi di criminalità, con furti presso banche e in alcuni esercizi commerciali, nonché furti d’auto e danneggiamenti del patrimonio pubblico», ha ritenuto necessario «rafforzare i sistemi di sicurezza per meglio tutelare i cittadini, elevando notevolmente la qualità della vita». Proprio in quei giorni a Palazzo de Nobili era giunta la richiesta di affidamento di un incarico gratuito per lo studio e la realizzazione del progetto “Safe City” presentato dalla società Bunkersec, con sede a Tel Aviv. Nel provvedimento firmato dalla giunta Abramo ad agosto si sottolineava come il progetto “Safe City” «ha ricevuto adesioni in diversi Paesi del mondo quali, primo per tutti, Israele stato ad alto rischio terrorismo, Messico, Asia, Africa ecc.». Nonostante la confusione tra Stati e continenti e la difficoltà di paragonare la realtà israeliana alla situazione di una piccola città calabrese, il sindaco Abramo non aveva avuto dubbi nell`«indirizzare il comandante della Polizia municipale di Catanzaro, Giuseppe Antonio Salerno, affinché venga attuato tra la società Bunkersec, con sede in Weizman Center Tower, 14 Weizman St., Tel-Aviv 64239, Israele e l’amministrazione comunale di Catanzaro, l`accordo per l`incarico di redigere, a titolo gratuito, il progetto “Safe City” unitamente al programma “Traffic control center”». Quel provvedimento passa quasi sotto silenzio, offuscato dallo scandalo dei presunti brogli elettorali. Sette mesi dopo lo studio però è completato.
SOTTO CONTROLLO L`8 marzo la giunta catanzarese torna a riunirsi. All`ordine del giorno c`è la delibera “Approvazione dello studio iniziale e offerta di bilancio del progetto Safe city”. All`unanimità la giunta approva. Gli elaborati presentati dagli israeliani – si legge nella delibera -«per i quali è stata opportunamente investita la Prefettura di Catanzaro considerato che il sistema confluirà con le procedure informatiche in uso alle forze dell’ordine, sono meritevoli di approvazione in quanto corrsipondono alle esigenze rappresentate dall’amministrazione comunale poiché la realizzazione dell’intervento costituirà indubbiamente un rilevante aspetto positivo per il vivere sociale dell’intera comunità in termini di una migliore e puntuale gestione della pubblica sicurezza nell’importante fase della prevenzione della macro e micro criminalità nonché di una mirata repressione del crimine». Secondo la giunta si otterranno «sicuri benefici sia in relazione all’accetamento delle infrazioni al codice della Strada stante l’immediata ed automatica rilevazione, sia alla verifica sulla veridicità delle dichiarazioni rese in occasione di incidenti stradali, stimati in circa due milioni di euro annui». Con lo stesso provvedimento l`esecutivo catanzarese si impegna ad «attivare presso i competenti uffici regionali le procedure per il concreto finanziamento che possa consentire la realizzazione dell’intervento». La cifra necessaria è di 23.180.000 euro. Il progetto prevede la realizzazione di un centro di comando e controllo equipaggiato con 15 workstation, videowall, server, strumenti; call center con 4 postazioni per la ricezione delle chiamate; rete privata e dedicata con 25 hub di comunicazione; 700 telecamere, 200 addizionali fittizie; 35 sistemi di riconoscimento delle targhe automobilistiche a due carreggiate e 10 a una carreggiata; 10 vetture della polizia con sistemi di sorveglianza mobile; 46 piattaforme per il comando computerizzato mobile.
I DUBBI Nella mente di molti cittadini inizia ad affacciarsi l`interrogativo su un sistema che potrebbe rilevarsi troppo “invadente”. Preoccupa che una tecnologia militare venga trasferita nell`uso civile, ma anche che l`enorme quantità di dati raccolti da queste apparecchiature sia gestita da una società privata. Non rassicura che a gestire l`azienda sia Meir Dagan capo, fino al 2010, del Mossad il servizio segreto israeliano. Personaggio discusso, sicuramente più “falco” che “colomba”, Dagan ha stroncato la prima Intifada a Gaza nel 1991 e nel 2002 Ariel Sharon lo scelse come capo del Mossad per la sua audacia durante la guerra dello Yom Kippur del 1973, quando fu il primo ufficiale a varcare il Canale di Suez. Si dice che Dagan abbia guidato le operazioni israeliane clandestine dentro l’Iraq prima della caduta di Saddam Hussein. Dopo aver lasciato i servizi segreti è stato assunto a Zurigo dalla Arcanum Global, colosso multinazionale specializzato in informazioni nel campo della difesa e dell’energia. Anche l`opposizione di centrosinistra inizia a sollevare interrogativi sulla decisione assunta dalla giunta Abramo. «I punti critici che poniamo all’attenzione – scrivo in una nota congiunta il consigliere del Pd Vincenzo Capellupo e l`esponente di Sel Antonio Giglio – riguardano in primo luogo gli aspetti della privacy. Si sbandiera con agghiacciante superficialità l’applicazione di “tecnologie militari in campo civile”, ma nel progetto ci si limita alla più che generica enunciazione “dell’importanza del diritto del pubblico alla privacy”. Senza scomodare Orwell e il Grande Fratello, ma ci pare che si sottovaluti colpevolmente l’invasività di un tale impianto. Ancora – proseguono i due consiglieri – se si guarda agli obbiettivi, a parte quelli relativi alla lotta a macro e microcriminalità, grande attenzione è data agli scopi di “supervisionare efficacemente il flusso cittadino del traffico, comprese le infrazioni relative ai parcheggi”; “accertamento infrazioni al Codice della Strada, verifica veridicità delle dichiarazioni rese in occasione di incidenti stradali”. È necessario – si domandano Giglio e Capellupo – spendere 23 milioni e applicare tecnologie militari, per raggiungere obbiettivi minimi di qualsiasi corpo di polizia municipale di qualsiasi città civile? E proprio sul profilo economico, ci chiediamo, con quali risorse si avrebbe intenzione di tenere in piedi questo mastodontico apparato di gestione? Nel progetto nulla è detto riguardo ai costi annuali e ad un ipotetico progetto di spesa. Come potrebbe Catanzaro, che fino all’anno scorso non poteva garantire il servizio di mensa scolastica, che tuttora non può ristrutturare le scuole e riparare le strade, che è in assoluta emergenza infrastrutturale, sociale ed economica, permettersi fantasmagorici costi di gestione? Invitiamo con allarme e preoccupazione la maggioranza di centrodestra a bloccare l’iter e a portare immediatamente la discussione in Consiglio comunale. Abbiamo la sensazione – concludono i due esponenti del centrosinistra – che si stia trattando con imperdonabile leggerezza questa vicenda, quando siamo invece convinti che per la lotta alla criminalità, ancora di più alle infrazioni al Codice della strada, i mezzi siano ben altri che non un colossale e costosissimo progetto che fa sorgere la ragionevole domanda: ci sono interessi dietro?». L`associazione “Il Pungolo” ha chiesto formalmente al sindaco Abramo di revocare «in via di autotutela, quell`atto deliberativo, che è illegittimo e che viola la città e la comunità, e se davvero vuole affrontare il problema della sicurezza lo affronti con logicità ed equilibrio limitando l`applicazione delle telecamere solo ai luoghi in cui vi siano effettivamente problemi di sicurezza. La città non può essere ridotta ad un film, controllata, per il tramite di strumenti m
ilitari, da occhi israeliani». (0080)
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