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Processo Epilogo, gli imputati annunciano lo sciopero della fame

REGGIO CALABRIA Sfilano ad uno ad uno sul banco dei testimoni – chi più battagliero e spedito, chi litigando con parole mandate a mente e che stentano a uscire – ma tutti affermano la medesima cosa…

Pubblicato il: 18/03/2013 – 17:02
Processo Epilogo, gli imputati annunciano lo sciopero della fame

REGGIO CALABRIA Sfilano ad uno ad uno sul banco dei testimoni – chi più battagliero e spedito, chi litigando con parole mandate a mente e che stentano a uscire – ma tutti affermano la medesima cosa: «Abbiamo deciso di iniziare lo sciopero della fame per protestare contro la decisione del Tribunale di non citare i testimoni della presunta operazione di depistaggio» che avrebbe coinvolto quelli che la Procura considera uomini del clan Serraino.
«Non mi sento sereno perchè non sono stati accettati i testimoni da noi proposti, quindi non ci è garantito pienamente il diritto alla difesa», afferma – incespicando nelle parole – Francesco Tomasello, il primo a manifestare le motivazioni della protesta di fronte a un`allibita presidente del Tribunale, Silvana Grasso. Le medesime parole ripeterà poco dopo Giovanni Siclari, ancora più asciutto di lui, ma conforme nel messaggio Fabio Giardiniere, che si limiterà a comunicare la sua adesione allo sciopero della fame, anticipato dai suoi coimputati. Chiede e ottiene di fare dichiarazioni spontanee anche l`anziano Demetrio Serraino, che pur non potendo aderire alla protesta «per ragioni di salute», si dichiara solidale con «i ragazzi» perchè – afferma – «a me interessa la verità, se la famiglia Serraino in passato ha sbagliato, ha sempre pagato. Non capiamo perchè non sono stati accettati i testi che avrebbero provato il depistaggio nei nostri confronti».
Agli imputati del processo Epilogo non è andata giù la decisione del Tribunale collegiale di cassare le richieste di integrazione testimoniale presentate dal collegio difensivo dell`imputato Maurizio Cortese, che in aula avrebbe voluto chiamare dal presidente della commissione parlamentare Antimafia nel 2010, Beppe Pisanu, a quello del Copasir, Massimo D’Alema, dal maggiore dei carabinieri, Gianluca Vitagliano all’ex capo della Mobile, oggi trasferito a Roma, Renato Cortese, dal procuratore Salvatore Di Landro fino all’ex talpa dei Servizi – sul cui capo pende una richiesta di condanna a 17 anni per concorso esterno in associazione mafiosa – Giovanni Zumbo, così come l’appuntato Roccella, che delle soffiate della talpa è stato in alcuni casi il destinatario. Tutti, per i legali Giacomo Iaria e Luca Cianferoni, che in tal senso avevano nelle scorse udienze sollecitato il collegio, avrebbero dovuto portare il loro sassolino di verità per svelare “il depistaggio” che avrebbe portato gli inquirenti a indagare su Cortese.
Una richiesta che il Tribunale – accogliendo le tesi del pubblico ministero Giuseppe Lombardo – ha rigettato non ritenendola pertinente con il processo, ma è stata presa molto sul serio dal magistrato inquirente tanto da annunciare l`apertura di un fascicolo per fare luce sulle presunte manovre che avrebbero portato a puntare sui Serraino, come responsabili della stagione delle bombe a Reggio Calabria.
Ma questo non basta agli imputati del processo Epilogo, che lasciano a Maurizio Cortese l`onere di spiegare termini e motivi della loro protesta. «Non vogliamo forzare la mano ai giudici, ma per noi è importante chiarire perché siamo stati accusati, chi ha deciso di puntare su di noi», afferma Cortese, che di rado ha fatto passare un`udienza senza interloquire direttamente con il Tribunale. «Ho letto personalmente, per sette ore al giorno, le carte del processo di Catanzaro e quello che ho letto non mi fa sentire sereno. Quelli sono i veri mafiosi. Quelle fonti confidenziali che ci hanno fatto arrestare», dice Cortese che ci tiene a chiarire di non aver formalizzato alcuna denuncia, ma al pari dei suoi coimputati annuncia di aver chiesto di essere sentito dal procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Lombardo nell`ambito dell`indagine catanzarese sulle bombe. «Dopo, io mi rendo disponibile anche a farmi sentire dal pm Giuseppe Lombardo che ci sta facendo il processo qua a Reggio, ma per noi è importante capire chi ha puntato su di noi, se effettivamente c`è stato un depistaggio».
Una perorazione appassionata quanto surreale, già messa nero su bianco in una missiva che Cortese ha fatto avere al pm Lombardo, chiedendo che fosse messa agli atti, ma che lascia a dir poco perplessa – se non irritata – la presidente del Tribunale, Silvana Grasso, che non può far altro che dirsi «certa che l`amministrazione carceraria farà di tutto per evitare che la salute degli imputati risulti pregiudicata da questa singolare forma di protesta, ma – sottolinea – non può essere questo uno strumento per imporre attività processuali che non sono pertinenti con questo processo. Vogliamo garantire a tutti – taglia corto la presidente – la massima libertà di difesa, la nostra disponibilità è massima, ma solo qualora l`integrazione dibattimentale risulti utile a questo procedimento». (0090)

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