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"Bellu lavuru 2", Lombardo chiede sei anni per Giuseppe Morabito

Sei anni di carcere per Giuseppe Morabito: è questa la richiesta avanzata dal pm Giuseppe Lombardo per il boss meglio conosciuto come Tiradritto, imputato nel filone che si svolge in abbreviato del…

Pubblicato il: 19/03/2013 – 14:53
"Bellu lavuru 2", Lombardo chiede sei anni per Giuseppe Morabito

Sei anni di carcere per Giuseppe Morabito: è questa la richiesta avanzata dal pm Giuseppe Lombardo per il boss meglio conosciuto come Tiradritto, imputato nel filone che si svolge in abbreviato del processo Bellu Lavuru 2, scaturito dall`inchiesta che ha permesso di smascherare l`infiltrazione delle cosche Morabito, Maisano Rodà, Talia e Vadalà nei cantieri della statale 106 . Per gli inquirenti il Tiradritto è a capo della struttura mafiosa formata da esponenti di primo piano delle cosche Morabito, Maisano, Rodà-Talia e Vadalà – “la base” – cui i manager di Condotte avrebbero spalancato le porte dei propri cantieri sulla statale 106, assicurando ai clan un subappalto da 7 milioni e 400mila euro. Un atteggiamento costato caro a pezzi da novanta dell`impresa impegnata come general contractor di grandi opere in tutta Italia, che nelle prossime settimane vedrà quattro dei suoi alti papaveri affrontare il processo con rito ordinario.
Hanno scelto invece il rito abbreviato Giuseppe Fortugno, cugino dell`ex presidente del consiglio regionale Franco Fortugno e considerato un esponente di spicco del ‘’locale’’ di Bova, così come per il caposquadra della ditta Condotte d`Acqua, Geremia Maviglia. Per loro è arrivata oggi una dura richiesta di condanna a dodici anni di reclusione ciascuno. Fortugno è ritenuto dagli inquirenti un elemento di spicco della cosca Talia, all`interno della quale – prima che per lui scattassero le manette – stava facendo una rapida carriera. Nel colloquio, i boss «commentavano, ancora, la successiva decisione di elevare alla `maggiore` lo stesso Fortugno, a dimostrazione di come questi, dunque, esercitasse un ruolo attivo in seno alla `ndrangheta», si leggeva nell`ordinanza di custodia cautelare che all`epoca ne ha disposto l`arresto.
Insieme a Maviglia, sarebbe stato uno degli ingranaggi essenziali di quel meccanismo che ha visto consapevolmente i clan e le grandi imprese spartirsi gli appalti pubblici nella zona jonica, lasciando pagare alla comunità il prezzo dei loro traffici. Secondo la tesi della Direzione distrettuale antimafia infatti, i lavori concessi alle ndrine – tra cui lotti della Statale Jonica 106 e la costruzione di una scuola – venivano eseguiti con materiali scadenti e del tutto inadeguati al progetto, tanto da provocare il crollo di una galleria in corso di ultimazione.
Circostanze che hanno portato il gip a sottolineare in un passaggio dell`ordinanza di custodia cautelare: «Le grandi imprese nazionali che operano in Calabria hanno perfetta consapevolezza di lavorare in condizioni “anomale” per la presenza della ‘ndrangheta e mettono in conto di andare incontro a vari rischi: subire la violenza mafiosa verso le cose o le persone oppure esporre i loro uomini alle conseguenze dell’azione di contrasto della magistratura. Scopo primario che esse hanno è quello di realizzare i lavori guadagnando quanto più possibile e sovente capita che, a fronte dell’esigenza di perseguire la massimizzazione del profitto, la realizzazione di buone infrastrutture, con materiali idonei e seguendo le procedure indicate nel capitolato, non siano loro obiettivi prioritari, preferendo, piuttosto, istituire un rapporto di scambio con i gruppi criminali che controllano il mercato locale delle forniture e della manodopera».
Una situazione che aveva portato anche il gip Santoro – che all`epoca ha accolto la richiesta di custodia cautelare avanzata dal pm Lombardo – ad annotare che i protagonisti della vicenda hanno portato avanti per lungo tempo le proprie condotte criminali «con buona pace dello Stato che assiste all’ennesima occasione in cui opere destinate a migliorare le condizioni di vita della comunità calabrese e la stessa economia di una terra sfigurata dalla pervasiva presenza della criminalità organizzata sono da quest’ultima utilizzate per ingrassare le sue già traboccanti casse».

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