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Silenzio in Procura dopo la violazione dell`archivio della Dda

REGGIO CALABRIA Non ci sono né carabinieri, né vigilantes a presidiare oggi l’androne d’accesso al quinto piano, ma l’aria nella torre del Cedir che ospita la Procura è tesa. La violazione dell’arc…

Pubblicato il: 26/03/2013 – 7:03
Silenzio in Procura dopo la violazione dell`archivio della Dda

REGGIO CALABRIA Non ci sono né carabinieri, né vigilantes a presidiare oggi l’androne d’accesso al quinto piano, ma l’aria nella torre del Cedir che ospita la Procura è tesa. La violazione dell’archivio atti relativi, scoperta martedì scorso e divenuta pubblica solo sabato, è il principale argomento di conversazione. Nei capannelli attorno ai distributori automatici. Nei corridoi. Al bar. Negli uffici. Ma, da parte della Procura, dichiarazioni ufficiali non ce ne sono. Dopo aver annunciato di aver avviato un’indagine che seguirà personalmente, il procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza si è trincerato nel silenzio. Un silenzio che – a quanto pare – riguarda anche i magistrati della Procura, nessuno dei quali ha ricevuto comunicazione ufficiale su quanto successo. Eppure nessuno più di loro sarebbe in grado di comprendere immediatamente – se interpellato – se un fascicolo è stato violato, sottratto o ancora peggio alterato. Questioni di cui dovrebbero essere investiti soprattutto i magistrati che si occupano delle indagini della città.
Quella stanza riservata, di cui qualcuno ha forzato la porta pur di accedere, cercare e forse trovare atti e fascicoli bollenti, per poi andare andare via senza curarsi di coprire le proprie tracce, è quella in cui è custodito l’archivio dell’ex procuratore capo, Giuseppe Pignatone.
Per lungo tempo coordinatore delle indagini sulla città, l’ex capo della Procura reggina ha visto passare sotto le sue mani accertamenti, intercettazioni preventive, informative riservate, acquisizioni preliminari ma ugualmente importanti, che sotto forma degli ormai noti “modelli 45” – i fascicoli riservati ai fatti non contenenti notizie di reato ovvero non ascrivibili a “noti”-  sono in parte diventate la pietra angolare di inchieste imponenti. Le restanti, sono finite in archivio, in attesa di futuri riscontri che diano loro gambe o di nuovi occhi che le valorizzino. Ed è forse proprio questa l`ipotesi – che potrebbe divenire realtà con l’arrivo del nuovo procuratore – la prospettiva che più spaventa chi si è dovuto spingere a violare una delle stanze più delicate della torre 4 del Cedir.
Un atto di una gravità inaudita che nessuno si è curato – forse appositamente – di celare, perché se c’è un filo nero che lega tutte le intimidazioni che nel giro di due settimane hanno colpito la Procura – dalla polvere da sparo recapitata al pm Lombardo, al proiettile di kalashnikov fatto pervenire ai magistrati De Bernardo e Mollace, passando per le inquietanti dichiarazioni del boss Demetrio Serraino al processo Epilogo – è un messaggio semplice, ma devastante: chi sta agendo contro la Procura è (o ha la possibilità di essere) molto vicino. Ed è alla luce di questa consapevolezza che prende corpo l’ipotesi più inquietante: la violazione dell’archivio forse non è stata fatta per sottrarre carte. Ma per adulterarne il contenuto, sostituendo pagine protocollate, con copie identiche e archiviate con i medesimi numeri, ma addolcite, mutilate, omissate. Un’alterazione difficilissima da scoprire. Ma che solo chi sapeva dove mettere le mani, cosa cercare e dove trovarlo, potrebbe essere stato in grado di fare.
Contro tale ipotesi, però si muovono altre considerazioni. Non si comprende, ad esempio, perché chi ha fatto irruzione negli archivi non si è curato minimamente di evitare di lasciar traccia del suo passaggio. Il che apre ad altra non meno inquietante ipotesi: aver una copertura qualora in futuro si dovesse accertare che qualche fascicolo è scomparso o qualche documento è stato fatto sparire.
In ogni caso l`episodio rende ancora più urgente l`insediamento del nuovo procuratore capo. (0030)

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