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Gli uffici della Dda e le strane manomissioni

La recente intrusione dei soliti ignoti negli archivi della Dda di Reggio Calabria fa seguito alle intimidazioni di cui sono stati oggetto i magistrati Lombardo, Di Bernardo e Mollace, i primi due …

Pubblicato il: 29/03/2013 – 19:54
Gli uffici della Dda e le strane manomissioni

La recente intrusione dei soliti ignoti negli archivi della Dda di Reggio Calabria fa seguito alle intimidazioni di cui sono stati oggetto i magistrati Lombardo, Di Bernardo e Mollace, i primi due sostituti della Dda, il terzo sostituto procuratore generale. Se si tratti di una casualità ovvero di un unico disegno criminoso non è facile dire, ma certo si è in presenza di episodi inquietanti, ai quali occorre riservare massima attenzione, quale che sia il loro significato. Si tratta probabilmente, a prescindere dalla loro provenienza, di segnali espliciti ed eloquenti rivolti ad  uffici giudiziari da anni tormentati da vicende di analogo tenore, per nulla chiarite dalle indagini, dal momento che queste ultime hanno in più occasione contribuito ad accrescere dubbi e misteri piuttosto che risolverli.
E’ inevitabile a questo punto accostare la sequenza di episodi certamente non eguali, ma simili per tempi e circostanze, che segnarono la primavera del 2008, anch’essa contrassegnata dal cambio della guida della Procura reggina. Quella volta però era da poco avvenuta la cattura del più noto e pericoloso latitante della ‘ndrangheta, Pasquale Condello e non è possibile dimenticare le parole che egli pronunciò al momento dell’arresto, a metà strada tra la premonizione e la minaccia, parole (“vi pentirete di questo” o qualcosa di simile) che hanno trovato un inquietante seguito nei mesi e negli anni successivi. E’ forse un caso, ma tutti coloro, magistrati e ufficiali di polizia giudiziaria che si occuparono della sua cattura non ebbero, per usare un eufemismo, vita facile. In genere, alle grandi catture seguono brillanti carriere (in Sicilia questa è la regola); non fu così per i magistrati Boemi, Mollace, Cisterna, per il colonnello Giardina, e l’elenco è solo esemplificativo. Quelle vicende, se chiarite, avrebbero potuto spiegare tante cose, anche alla luce delle indagini che allora lambivano personaggi politici di rilevo, verso i quali si misero in atto iniziative “a tutela” che non vanno anch’esse dimenticate e che si ricollegano strettamente al nostro discorso. Torniamo al tema delle intrusioni misteriose del 2008. Avvenne che l’arrivo del nuovo procuratore coincise con la porta del suo ufficio trovata misteriosamente aperta e con la successiva scoperta di una microspia (o forse due?) sistemate negli uffici di un sostituto (o due?). Anche in quel caso non si trattò certamente di intrusioni esterne e mafiose, ma di intelligenti manine, che si muovevano con sicurezza e abilità all’interno del palazzo per creare, ad arte, un clima di sospetti, diffidenze e veleni, all’epoca inconsueti per gli uffici reggini, ma dei quali in seguito fu necessario farvi l’abitudine. Di quelle intrusioni non furono mai trovati i responsabili, né furono chiariti i motivi che le determinarono; rimane il fatto che la microspia, in un primo tempo definita rudimentale e inefficiente, si rivelò in seguito di fabbricazione straniera, molto potente ed altrettanto efficiente, sicuramente in dotazione ad uffici dotati di mezzi e professionalità per collocarla al punto giusto. Oggi quei fatti si ripetono e, come avviene a livello politico generale, gli avvicendamenti tanto più sono caratterizzati da lentezze e contrasti, quanto più favoriscono il verificarsi di interventi esterni di vario genere.
Oggi si assiste all’intrusione dentro gli archivi della Dda. Dalle poche notizie pubblicate, parrebbe trattarsi di fascicoli relativi ad atti archiviati perché non contenenti notizie di reato. Per il grosso pubblico potrebbe significare che si tratta di carte prive di rilevanza. Al contrario, quegli atti possono costituire fonte di informazioni preziose sia in ordine a contatti tra esponenti criminali e soggetti politici e istituzionali, privi, forse, di rilevanza penale ma assai significativi sotto altri profili, sia  perché relative ad altre, meno note, attività, altrettanto ricche di interesse. Le indagini chiariranno se le ipotesi sinora fatte sono attendibili o meno; in fondo potrebbe anche trattarsi di una iniziativa puramente dimostrativa circa la possibilità di penetrare nei sancta sanctorum di uffici che dovrebbero essere, in teoria  almeno, impenetrabili. Intimidazioni e intrusioni non aiutano certa a rasserenare un clima già di per sé assai turbato come sarebbe dimostrato dal fatto che si vedono persone parlare tra loro, nei corridoi del palazzo, tenendo la mano davanti alla bocca, per precauzione s’intende. Sono molti ad essere consapevoli che le più recenti indagini potrebbero portare a nuovi e imprevedibili risultati, che molti santuari rischiano di perdere l’impenetrabilità, che l’area grigia potrebbe essere illuminata da fari più potenti che per il passato. Si cerca di capire che cosa potrà accadere a breve e intanto…si lanciano segnali, di presenza o di avvertimento. Un aiuto non da poco a tale tipo di manovre viene dal silenzio, riservato, da mesi, dai mezzi di informazione alla ‘ndrangheta.
L’attenzione, positiva, ma insolita degli ultimi anni sembra essersi spenta. Nessuno ne parla più, gli inviati dei maggiori quotidiani non frequentano più la città. La ‘ndrangheta ed i suoi ampi dintorni si avvolgono di nuovo di mistero. Ricordando Jacques Prévert, quei fiammiferi accesi nella notte si sono spenti, la loro funzione è terminata, si può tornare nell’oscurità. (0010)

*Magistrato

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