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Il rito "perduto" della Pasqua bizantina

REGGIO CALABRIA È tra le liturgie che si vanno perdendo eppure era proprio nei monasteri calabresi che i riti della “Pasqua bizantina” conoscevano il loro trionfo. Oggi è possibile riviverla unicam…

Pubblicato il: 01/04/2013 – 15:15
Il rito "perduto" della Pasqua bizantina

REGGIO CALABRIA È tra le liturgie che si vanno perdendo eppure era proprio nei monasteri calabresi che i riti della “Pasqua bizantina” conoscevano il loro trionfo. Oggi è possibile riviverla unicamente nel monastero di San Giovanni Therestis, unico in Italia, fondato ed abitato da monaci aghioriti del Monte Athos, in Grecia, sola Repubblica Monastica al mondo.
Per capire bene il significato della Pasqua bizantina, dobbiamo premettere che essa rappresenta il momento più importante di tutto l’anno liturgico. È considerata infatti, una festa diversa dalle altre, la vera festa, madre di tutte le feste proprio perché tutto l’anno liturgico bizantino è finalizzato alla Pasqua e nella Pasqua trova l’inizio. Infatti anche la disposizione liturgica è diversa, possiamo dire che le settimane del tempo quaresimale iniziano il lunedì e terminano la domenica, mentre dal giorno di Pasqua hanno inizio dalla domenica stessa insieme al ciclo degli otto toni e delle letture bibliche. La vittoria di Cristo sulla morte è vero motivo di gioia per i cristiani ortodossi.
Questa gioia è manifestata attraverso diverse particolarità. Ad esempio dall’icona che resterà esposta per quaranta giorni, che rappresenta il Cristo vittorioso con la croce in mano che riaccoglie Adamo alla felicità, mentre Eva resta in attesa di essere chiamata. Dietro di loro sono inoltre raffigurati, divisi in due gruppi, i giusti dell’antico testamento. La processione ha inizio a mezzanotte, e mentre i fedeli fanno il giro esterno della chiesa, ognuno tenendo una candela accesa, un incaricato all’interno accende tutte le luci e fa bruciare l’incenso. I testi della liturgia pasquale sono sempre cantati e tutto si fa con una grande gioia, considerando anche la lunga e sofferta preparazione. Il saluto pasquale che comunica che il Cristo è risorto, si ripete spesso non solo all’interno della chiesa, ma anche come semplice saluto tra i fedeli. Anche Maria è protagonista di questa gioia alla quale si fa riferimento nella Nona Ode dove si evince che Lei e’ la Madre di Dio, mentre alle Lodi si chiede al Cristo che ha vinto la morte di farci degni di lodarlo e glorificarlo.
La risurrezione di Gesù sta alla base della fede e per questo viene espressa con gioia anche attraverso gli Stichirà, un testo poetico liturgico che risale al VI-VII secolo, in cui la felicità per la risurrezione viene espressa in modo simile alle omelie pasquali di Giovanni Crisostomo, Basilio Magno, e Gregorio di Nazianzo e dove la potenza della risurrezione ci unisce nel perdono e ci rende veri fratelli. A questo segue la celebrazione eucaristica con proprie antifone, e il Vangelo viene letto in più lingue proprio per significare e spiegare che la risurrezione deve essere una gioia universale. Possiamo notare anche altri particolari che manifestano questo sentimento di gioia. Ad esempio le tre porte dell’iconostasi, cioè la divisione tra la parte dell’altare e la parte dove stanno i fedeli, rimangono aperte fino al sabato successivo. Molto importante è anche la catechesi di San Giovanni Crisostomo letta dal sacerdote, che anche se viene ripetuta ogni anno è molto attesa dai fedeli. In questa si evince la Misericordia del Signore ad accogliere l’ultimo come il primo in un banchetto di fede dove non manca il vitello grasso. Da oggi la morte non deve essere temuta. Cristo l’ha vinta. (0090)

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