Un calabrese tra i giornalisti fermati in Siria

«Dai Amedeo, poi ci racconti…porca miseria! ». Quando la notizia della probabile presenza di Amedeo Ricucci, calabrese, tra i 4 rapiti (ma alcune fonti preferiscono dire “trattenuti”) in Siria inizia a circolare in rete, il collega della Rai, Pino Scaccia, storico inviato come lui, gli fa sentire la propria vicinanza tramite facebook. Scaccia non è il solo a temere per la sorte di Ricucci, che secondo il sito di Repubblica – ma in tarda serata l’apertura allarmata del sito è condivisa con il Corriere della Sera, La Stampa e le più importanti testate italiane – sarebbe nel gruppo di quattro giornalisti italiani bloccati nel nord della Siria: si tratterebbe del reporter della Rai e di tre freelance.
I quattro sarebbero nelle mani di un gruppo ribelle. Fonti siriane dicono che non si tratta di rapimento, ma di semplice fermo.
La Farnesina ha confermato la notizia precisando di seguire «sin dai primi momenti la vicenda. L`unità di crisi si è immediatamente attivata» ed è «in contatto con i familiari. Occorre mantenere il massimo riserbo», precisa sottolineando che «l`incolumità dei connazionali resta la priorità assoluta».
A bloccare gli italiani – si legge sul sito del quotidiano diretto da Ezio Mauro – sarebbero stati gruppi ribelli mentre i giornalisti stavano facendo riprese video. Da subito si sono fatti con insistenza i nomi di Amedeo Ricucci, originario della provincia di Cosenza, inviato della Rai (per la quale si occupa di programmi di approfondimento come Mixer, Professione Reporter, La Storia siamo noi e Tg1), di Elio Colavolpe e Andrea Vignali (freelance) e di una giornalista italo-siriana, Susan Dabbous, che collaborerebbe con il Foglio. In un blog oltre che nei tanti videoreportage, Ricucci sta raccontando l`inferno siriano, da Aleppo ai centri minori dove si consuma da oltre un anno la guerra civile tra i ribelli e il regime di Damasco: migliaia di morti, città distrutte, la comunità internazionale che si mobilita e la repressione che va avanti. (0070)