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Processo Epilogo: i detenuti digiunano, protestano e leggono i giornali

REGGIO CALABRIA «Io, presidente, ho dovuto abbandonare la protesta, perché fisicamente non ce la facevo. Anche gli altri hanno rinunciato, ma Maurizio Cortese sta continuando e sta male». Tocca a G…

Pubblicato il: 08/04/2013 – 15:43
Processo Epilogo: i detenuti digiunano, protestano e leggono i giornali

REGGIO CALABRIA «Io, presidente, ho dovuto abbandonare la protesta, perché fisicamente non ce la facevo. Anche gli altri hanno rinunciato, ma Maurizio Cortese sta continuando e sta male». Tocca a Giovanni Siclari portare di fronte al Tribunale la voce della protesta dei detenuti nel processo Epilogo, che qualche settimana fa avevano iniziato uno sciopero della fame per contestare la decisione del Tribunale di non concedere l’integrazione istruttoria, chiesta dalle difese per approfondire il presunto depistaggio di cui i loro assistiti sarebbero stati vittima.
Per i legali, è necessario scoprire quali siano state quelle «voci confidenziali», riferite da più di un testimone, che avrebbero portato gli inquirenti a puntare gli attuali imputati – rinviati poi  a giudizio per altra causa – per la stagione delle bombe che nel 2010 hanno terrorizzato Reggio. Approfondimenti che il Tribunale non ha ritenuto rilevanti in sede processuale, ma il pm Giuseppe Lombardo ha deciso di prendere seriamente in considerazione, raccogliendo la denuncia dei legali e aprendo un relativo fascicolo. Una mossa che non sembra essere piaciuta né agli imputati, né alle difese.
Con tanto di benedizione dell’anziano boss, Demetrio Serraino, che ha rotto il rigoroso silenzio in cui ha assistito all’intero processo per dirsi «solidale con i ragazzi», qualche settimana fa, Maurizio Cortese e compagni hanno iniziato uno sciopero della fame, che oggi sarebbe solo Cortese – debilitato dal prolungato digiuno, dicono i suoi compagni di cella – a continuare.  Una protesta di cui avrebbe spiegato le ragioni anche al pm Lombardo, in una serie di lettere – di cui oggi il sostituto ha chiesto e ottenuto l’acquisizione – con cui chiede al magistrato ulteriori approfondimenti sulla vicenda. Lettere cui è allegato – curiosamente in copia a colori e con stampa di alta qualità – un articolo pubblicato sul sito web del Corriere della Calabria, a firma del direttore, Paolo Pollichieni, in cui si dava conto dell’allarme suscitato dalla protesta in ambienti di intelligence.
Non è dato sapere come Cortese abbia avuto accesso all’articolo – e sulla questione è probabile che si siano approfondimenti in futuro – ma di certo, l’attuale imputato sembra confidare nelle capacità di indagine del pm Lombardo, già impegnato nei dovuti approfondimenti – ad altra sede deputati – sulla questione. Non dello stesso avviso sembrano essere però i suoi legali, che pretendono che l’indagine – ancora tutta da costruire – sul presunto depistaggio denunciato, entri nell’istruttoria del processo Epilogo.
Nonostante il Tribunale abbia progressivamente cassato le richieste di nuove audizioni, ritenendole «non pertinenti», gli avvocati Giacomo Iaria e Luca Cianferoni, perseverano nel chiedere a un’ormai spazientita presidente Silvana Grasso che nuovi testimoni vengano chiamati a riferire sul presunto depistaggio. Dopo aver invocato – invano –la convocazione di un esercito di testimoni “eccellenti” –  dal presidente della commissione parlamentare Antimafia nella passata legislatura Beppe Pisanu, a quello del Copasir, Massimo D’Alema; dal maggiore dei carabinieri, Gianluca Vitagliano all’ex capo della Mobile, oggi trasferito a Roma, Renato Cortese; dal procuratore Salvatore Di Landro fino all’ex talpa dei Servizi, Giovanni Zumbo, condannato a 17 anni per concorso esterno in associazione mafiosa – oggi l’avvocato Iaria, ha chiesto che di fronte al Tribunale, sia chiamato a deporre il direttore di Corriere della Calabria, Pollichieni, in merito all’articolo che Cortese ha allegato alle sue missive. Un’istanza divenuta motivo di un durissimo confronto fra il legale e il pm, che per l’ennesima volta ha sottolineato come tali approfondimenti, se necessari, sono deputati ad altra sede. E dello stesso avviso sembra essere il Tribunale che – con un’ordinanza articolata e dettagliata – sottolinea non solo che «non si rilevano evidenze specifiche a conoscenza del giornalista in merito a fatti concreti oggetto di accertamento in questo procedimento», ma anche che «la fonte iniziale dell’articolo, di tipo strettamente giornalistico, non presenta elementi di necessario accertamento da parte del Tribunale».
Un pronunciamento che non è piaciuto alle difese, ma poco spazio lascia a interpretazioni: se approfondimenti ulteriori sono necessari – sembra voler dire la presidente Grasso – non è in sede processuale che devono essere fatti.
Un procedimento che, del resto, oramai è agli sgoccioli: oggi di fronte ai giudici del tribunale collegiale hanno sfilati due degli ultimi testimoni: il perito di parte, Vincenzo Cobelli, e il capitano Piccioni. Nominato dalle difese dell’imputato, Antonino Alati, Cobelli è stato chiamato a reinterpretare una conversazione – pronunciata tutta in dialetto – durante la quale l’imputato avrebbe parlato – afferma la polizia giudiziaria – di «trentamila voti con settemila  euro». Interpretazione contestata dal perito, secondo il quale la frase sarebbe da intendersi piuttosto come «sono andato trentamila volte per settemila euro».
Adesso toccherà al Tribunale, in fase di decisione, valutare il peso e il significato di quell’acquisizione, così come sarà chiamato a tenere in considerazione  anche i risultati dell’indagine integrativa sul Top Club, affidata al capitano Piccioni.
È proprio del parcheggio della discoteca che – secondo l’ipotesi accusatoria – si sarebbero occupati i ragazzi del “banco nuovo” del clan Serraino oggi a processo, a testimonianza del controllo del clan sulle attività economiche della zona.
Una circostanza che i diretti interessati hanno sempre smentito, ma sembra trovare conferma nelle risultanze investigative esposte da Piccioni, secondo il quale, in seguito a una telefonata intercettata – durante la quale gli investigatori hanno ascoltato Cortese chiedere a Barbaro di «dare un’occhiata ai parcheggi» – gli agenti hanno effettivamente riscontrato la presenza di Fabio Giardiniere, Antonio Barbaro, Giovanni e Gioacchino Siclari all’esterno del Top Club. Tutte circostanze che a breve il Tribunale sarà chiamato a valutare.
L’esercito di testimoni del procedimento è ormai agli sgoccioli e a breve potrebbe arrivare il momento della sentenza. (0010)

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