Ultimo aggiornamento alle 9:20
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

"Bellu lavuru 2", assolto il "Tiradritto"

Se non dovesse ancora scontare una lunga pena detentiva rimediata in altri procedimenti, si aprirebbero le porte del carcere per il boss Giuseppe Morabito, detto il Tiradritto, assolto insieme al c…

Pubblicato il: 09/04/2013 – 14:14
"Bellu lavuru 2", assolto il "Tiradritto"

Se non dovesse ancora scontare una lunga pena detentiva rimediata in altri procedimenti, si aprirebbero le porte del carcere per il boss Giuseppe Morabito, detto il Tiradritto, assolto insieme al caposquadra di Condotte d`Acqua, Geremia Maviglia, nell`ambito del procedimento che si svolge con rito abbreviato, scaturito dall`operazione Bellu Lavuru 2. Il gup ha invece condannato a 8 anni di reclusione, quattro in meno di quanto chiesto dal pm Giuseppe Lombardo, Giuseppe Fortugno, cugino dell`ex presidente del consiglio regionale Franco Fortugno e considerato un esponente di spicco della cosca Talia del ‘’locale’’ di Bova, all`interno della quale – prima che per lui scattassero le manette – stava facendo una rapida carriera. Nel colloquio, i boss «commentavano, ancora, la successiva decisione di elevare alla “maggiore” lo stesso Fortugno, a dimostrazione di come questi, dunque, esercitasse un ruolo attivo in seno alla `ndrangheta», si leggeva nell`ordinanza di custodia cautelare che all`epoca ne ha disposto l`arresto.
Per tutti gli imputati il pm aveva invocato pene severe perché ritenuti a vario titolo espressione della struttura mafiosa formata da esponenti di primo piano delle cosche Morabito, Maisano, Rodà-Talia e Vadalà – “la base” – cui i manager di Condotte avrebbero spalancato le porte dei propri cantieri sulla statale 106, assicurando ai clan un subappalto da 7 milioni e 400mila euro. Un atteggiamento costato caro a pezzi da novanta dell`impresa impegnata come general contractor di grandi opere in tutta Italia, che vede quattro dei suoi alti papaveri affrontare il processo con rito ordinario.
Secondo l`ipotesi investigativa, i  clan e le grandi imprese si sarebbero spartiti gli appalti pubblici nella zona jonica, lasciando pagare alla comunità il prezzo dei loro traffici. Secondo la tesi della Direzione distrettuale antimafia, infatti, i lavori concessi alle ndrine – tra cui lotti della Statale Jonica 106 e la costruzione di una scuola – venivano eseguiti con materiali scadenti e del tutto inadeguati al progetto, tanto da provocare il crollo di una galleria in corso di ultimazione.
Circostanze che avevano portato il gip a sottolineare in un passaggio dell`ordinanza di custodia cautelare: «Le grandi imprese nazionali che operano in Calabria hanno perfetta consapevolezza di lavorare in condizioni “anomale” per la presenza della ‘ndrangheta e mettono in conto di andare incontro a vari rischi: subire la violenza mafiosa verso le cose o le persone oppure esporre i loro uomini alle conseguenze dell’azione di contrasto della magistratura. Scopo primario che esse hanno è quello di realizzare i lavori guadagnando quanto più possibile e sovente capita che, a fronte dell’esigenza di perseguire la massimizzazione del profitto, la realizzazione di buone infrastrutture, con materiali idonei e seguendo le procedure indicate nel capitolato, non siano loro obiettivi prioritari, preferendo, piuttosto, istituire un rapporto di scambio con i gruppi criminali che controllano il mercato locale delle forniture e della manodopera».

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x