Riceviamo e pubblichiamo la precisazione di Romano Pitaro, capo ufficio stampa del consiglio regionale della Calabria:
Caro Direttore,
le tue osservazioni al “Protocollo” che disciplina l’accesso dei giornalisti a Palazzo Campanella esprimono una preoccupazione che, se offre l’opportunità di spiegare meglio quanto è stato fatto, francamente non ha motivo di esistere. Non si prefigurano limitazioni alla libertà di chi è chiamato ad esercitare il diritto-dovere di informare i calabresi, non si chiudono le porte ai giornalisti, non viene meno la collaborazione con gli organi di stampa e rimane massima la disponibilità di quanti operano nell’istituzione, a cominciare dal presidente del Consiglio Talarico che del rapporto con la stampa ne ha fatto un punto d’impegno fin dall’inizio di questa legislatura. Con il “Protocollo” si è soltanto voluto regolare il rapporto con i giornalisti accreditati in Consiglio regionale, prendendo a modello regolamenti vigenti nelle più alte istituzioni nazionali. In questo senso, la Calabria, tra le regioni italiane, ha voluto muoversi per prima, esclusivamente con lo scopo di ottimizzare il rapporto stampa-istituzione e di dare più rilievo al lavoro giornalistico, tutelandolo anche da possibili abusivismi. Non a caso, nella stesura del “Protocollo”, si è inteso chiedere l’assistenza e il preventivo consenso al Sindacato ed all’Ordine dei giornalisti, i cui rappresentanti hanno controfirmato il documento, presenti esponenti nazionali delle citate rappresentanze. Credo sia giusto rassicurare “Il Corriere della Calabria” e i suoi lettori che non soltanto non ci sono limitazioni nel lavoro che vorranno svolgere i giornalisti a Palazzo Campanella, ma che i rapporti miglioreranno e che sarà possibile avviare una collaborazione più proficua nell’interesse non solo degli organi d’informazione, ma dei calabresi. Spiace che si faccia riferimento al presidente del Consiglio Talarico per innescare una polemica che non può coinvolgerlo, poiché il “Protocollo” nasce da un’esigenza che non è politica, ma solo funzionale e quindi riguarda l’istituzione esclusivamente per le suddette motivazioni. Il presidente Talarico, come ha più volte dimostrato, costituisce un’importante garanzia per il mondo dell’informazione. Non si è mai sottratto a qualsiasi richiesta, come ben sanno anche i giornalisti del “Corriere della Calabria”, benché il tuo giornale non sia mai stato tenero nei confronti del vertice dell’Assemblea legislativa. In futuro e per ogni occasione, tutti i giornalisti accreditati potranno, inoltre, come sempre, far riferimento sull’Ufficio Stampa che continuerà ad essere esclusivamente lo strumento istituzionale di raccordo tra chi fa informazione e tutti i consiglieri regionali. L’intesa tra la Presidenza dell’Assemblea, il Sindacato calabrese e l’ Ordine regionale, è stata definita “il primo laboratorio nel suo genere in Italia” dal presidente della Finsi Giovanni Rossi e in futuro i servizi, proprio in virtù del nuovo regolamento, saranno più efficienti, ad incominciare dalla Sala Stampa (l’impegno è stato assunto direttamente dal presidente Talarico) a riprova che non si chiudono le porte, ma si creano i presupposti per una reciproca collaborazione tra stampa e istituzione, nel rispetto reciproco dei ruoli e nel massimo dell’autonomia. Per quanto concerne i giornalisti con accredito permanente, rilasciato dall’Ufficio Stampa a coloro che ne hanno i requisiti, l’accesso al Consiglio regionale, anche nei giorni di normale attività, avverrà senza difficoltà di sorta, con possibilità di accedere negli stessi luoghi e con le stesse modalità di sempre. Mi rendo conto che possano esserci delle non condivisioni insieme a qualche riserva, ma ci siamo ispirati, col pieno coinvolgimento di Sindacato ed Ordine dei giornalisti, ai regolamenti vigenti nel Parlamento italiano. Credo, caro direttore, che alla luce di quanto fin qui esposto non ci siano ragioni per “interrompere” i rapporti tra il tuo giornale e l’Assemblea regionale. La Presidenza del Consiglio e l’Ufficio Stampa, ovviamente, ritenendo che ogni cosa sia perfettibile, rimangono a disposizione di tutti i colleghi, perché nell’ambito delle regole che ci siamo dati, ogni suggerimento volto a semplificare l’attività dei giornalisti, possa rivelarsi utile. Non ci sono intenti nascosti nell’idea del “Protocollo”, tantomeno intendimenti limitativi che siano nati dalla volontà e dall’autonomia dell’istituzione.
Romano Pitaro
Caro Romano,
Ci conosciamo (e, ritengo, ci stimiamo) da troppo lungo tempo perché eviti di risponderti usando anche io un tono confidenziale.
Aggiungo una premessa, mi sarebbe difficile, anzi impossibile, polemizzare con te. So bene che, a differenza di tanti hai una sensibilità istituzionale di antico spessore. Il punto è che oggi rappresentiamo esigenze ed approcci professionali diversi. E questo ci porta, stavo per scrivere ci costringe, a vedere le cose da angolazioni diverse e quindi in maniera diversa.
Il testo dell’accordo è lì e parla chiaro, abbiamo scelto di pubblicarlo integralmente proprio per consentire a chiunque di trarne un autonomo giudizio.
Non ho nessuna difficoltà a rendere servizio alla verità confermando che i cronisti del Corriere della Calabria hanno sempre potuto svolgere il loro lavoro a Palazzo Campanella senza alcun condizionamento e senza incontrare alcuna difficoltà, anzi potendo contare sulla collaborazione dei colleghi di quell’Ufficio stampa. Il discorso cambia, però, quando si allarga il rapporto ad altri soggetti, anche con ruoli direttivi apicali, che omaggiati dall’appartenenza politica con incarichi generosi, non fanno mistero di servire non l’Istituzione bensì il “referente”.
E’ qui sta il punto vero, dare in mano ad ambienti così poco affidabili uno strumento che consenta loro in qualsiasi momento di insolentire il cronista colto in flagranza “fuori dal recinto” è già un sufficiente motivo di apprensione.
Ricordo inoltre che fare ricorso ad esempi istituzionali come il regolamento in uso al Parlamento, è spericolato: intanto perché nessun ambito è precluso ai cronisti parlamentari accreditati e poi perché sia i lavori dell’Aula che quelli delle Commissioni sono sempre trasmessi in diretta a circuito chiuso. Non ci pare che eguali strumenti siano oggi a disposizione dei giornalisti accreditati presso il Consiglio regionale della Calabria.
Infine una annotazione, come è agevolmente desumibile dalla lettura del mio editoriale, non esprimiamo alcun commento o giudizio sulle regole scelte per la concessione degli accrediti, quello è giustamente compito del Consiglio e non dobbiamo che rispettarlo. Restano fortissime, invece, le nostre riserve sul come viene regolata, o meglio supervisionata, l’azione dei giornalisti accreditati.
L’agibilità democratica di una sede istituzionale non è solo sostanza, è anche e soprattutto forma.
Abbiamo capito male la ratio del protocollo d’intesa? E’ tutto un grande equivoco? Bene, allora si provveda a riformulare il testo eliminando quelle parti che delimitano lo spazio fisico entro il quale il giornalista dovrebbe operare e rimuoviamo il riferimento ad ogni filtro dell’ufficio stampa tra il giornalista che vuole intervistare ed il politico oggetto della richiesta.
Perché, caro Romano, sai bene che un conto è la correttezza personale e professionale che tu garantisci, altro conto è l’adozione di un regolamento scritto che, finendo nelle disponibilità sbagliate, può dare origine ad incidenti e strumentalizzazioni. Anche gravi!
Paolo Pollichieni
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